[diario dal tavolinetto di vetro]

Pensavo ieri guardando gli struzzi, le gnu, gli sciacalli che vanno a bere alla pozza e restano lì immobili a guardare la vastità del deserto, abbassano la testa per leccare blocchi salini, si fanno scaldare dal sole, ecco, pensavo che sembravano proprio mob di un videogioco nati per essere uccisi e aumentare skill.

La visione religiosa del mondo creato per l'uomo parte da questa radice predatoria con cui conviviamo e che ci portiamo dentro nella vita di tutti i giorni. I diritti umani non sono un diritto, sono una specie di fragile patto tacito collettivo per mettere sottotraccia questa natura predatoria o almeno organizzarla perché vada a colpire qualcuno di abbastanza diverso o abbastanza lontano. Figuriamoci i diritti animali o ambientali.

Sempre ieri finivo in questo video postato da un profilo dove si vede – ripreso da un drone – un soldato russo in una casa distrutta dai bombardamenti, mentre sta facendo presumibilmente sesso e dal drone viene fatta partire una bomba che lo centra in pieno. I commenti li lascio immaginare. Lo scrivevo qualche giorno fa in un mio scritto in versi:

“cercando in rete video di gente che muore male si trovano — nel digitale tutto non muore mai — “

Ho sempre provato un umano imbarazzo nelle riprese di esseri che muoiono che circolano in rete, animali, bestie, uomini, nemici. Anche qua l'istinto predatorio. Il video della morte di un soldato usato come propaganda bellica e fatto circolare tra i social. L'idea è che il soldato russo, in quanto invasore, perda una parte dei suoi diritti umani.

Mi sono chiesto se gli stessi che condividevano ieri il video avrebbero condiviso con lo stesso umorismo video di italiani ammazzati in Libia o in Somalia. O video di italiani ammazzati in Russia. Cioè, al di là del paradosso: quanta distanza è necessaria perché ci si renda conto di quello che sta succedendo e di quello che si sta facendo.

È facile fare questi ragionamenti a migliaia di chilometri dal deserto del Nabir o dalla linea di guerra dove la gente muore ora. Nel proprio salotto davanti al proprio computer.

Ma è proprio perché c'è questa distanza che è possibile ragionare; come possiamo ragionare sulla nostra storia meglio quando c'è una certa distanza tra quando succede la cosa e quando la andiamo ad analizzare.

Il digitale aumenta questa percezione alterata del reale. Così potente e così disturbante: oggi, alle sei del mattino, guardavo l'alba sorgere nel deserto del Nabir, affascinante, e poi alzavo la testa e mi rendevo conto che avevo le persiane di casa mia ancora chiuse.

Come un insetto davanti alla mia pozza elettrica.