[diario dall'influenza]
Le cose si rompono, passano di stato. Lentamente la tastiera del Macbook sta perdendo sensibilità, dopo un decennio di vita premo le i e le o e non esce niente. La tastiera dell'ebook reader invece è impazzita, premo un tasto ed escono due caratteri, uno coerente con quello che ho scritto e l'altro lontano, tasti in là. Chissà cosa si è rotto. Quale parte infinitesimale dell'elettronica prodotta chissà dove si è fulminata, quale pista scollegata, che tensione. In pratica le macchine che usavo di più per scrivere in mobilità sono andate. Ora sto scrivendo con l'ebook reader e una tastiera meccanica esterna. Non è molto portatile.
D'altronde non ho molto da scrivere perché dopo un po' non riesco a continuare. Ho una febbriciattola costante e quando vado a fare qualcosa di impegnativo mi si tappano le orecchie e inizio ad avere delle vertigini, sudore. Le cose si rompono. Devo fare cose brevi e fare pause. Riposare. Prendere medicinali. Pensare, usare l'immaginazione che – dicevo ieri con qualcuno – è tanto terribile e ci fa soffrire, quanto salvifica. Ci vuole una parte di immaginazione per immaginare il mondo. La nostra piccola traduzione del mondo. Due citazioni, allora, da due libri che sto leggendo.
”(È necessaria) una trasformazione della scienza in generale in senso estetico, imparando a riconoscere una bellezza che è rappresentata dalle forme di interconnessione nell’ecosistema (...). Gli attori del sistema trasportano le informazioni da una parte all’altra della rete, e per farlo traducono. Traducendo abilitano la coesistenza, adattano il messaggio”. La rete quindi, non è neutra, noi non trasmettiamo informazioni con il nostro ripeterle, condividerle, ma attuiamo una traduzione di quello che prendiamo e – traducendo – trasformiamo anche noi stessi. Ora, dall'altro libro:
“Noi non viviamo nella realtà, ma nelle nostre rappresentazioni della realtà. Forse abbiamo il dovere di chiudere gli occhi e occultare certe cose come nascondiamo le funzioni naturali. (...) Un uomo non lo si conosce mai, si conoscono solo le rappresentazioni sue e di altri su di lui, ma, mutando tali rappresentazioni, l’immagine si fa poco nitida e velata”. Sembra un capitolo dello stesso libro, e invece il primo è di pochi anni fa, La Cura, mentre il secondo sono i Libri Blu strindberghiani. Non dicono la stessa cosa, ma parlano dello stesso argomento. In realtà noi variamo continuamente le rappresentazioni di quello che abbiamo attorno. Più variamo più abbiamo possibilità di sopravvivere.
C'era questo test fatto pochi anni fa, ne avevo già scritto, relativo all'amigdala. A un gruppo di bambini insegnano un gioco e a metà del gioco cambiano le regole. Un gruppo si bambini si adatta facilmente alle nuove regole, un altro gruppo no, continua a voler giocare con le regole precedenti. Conservatori e non. Alla fine si scopre che i bambini del primo gruppo hanno l'amigdala di dimensione e consistenza simile, così come il secondo gruppo. Alla fine la morale e l'etica deriva da un pezzo di carne. O viceversa: è come vediamo il mondo che muta la composizione del nostro corpo.
Basta, mi fischiano le orecchie, vado a fare il pane.