Il problema amico è che io non so chi sono e non sto parlando della mia vita, discorsi tipo esistenziale, il mio futuro eccetera, io proprio non so chi sono nel gioco di Cave Story, il gioco inizia che c’è un uomo dai capelli verdi che sta scrivendo a un terminale e cerca Sue, sta cercando Sue e le racconta che è in questa stanza con solo un terminale e che la sta cercando e può solo scrivere a questo terminale e nessuno gli risponde, Sue non c’è e tu questo tipo lo vedi di spalle, non vedi neppure che faccia ha, leggi solo quello che scrive e subito dopo ci sei tu, cioè io, in questa caverna piena di pipistrelli e strani mostri a forma tondica, e io all’inizio pensavo di essere Sue, cioè che la mia missione fosse di riunirmi a quel tipo che stavo cercando e allora giocavo tranquillo e poi trovavo una pistola spaziale e iniziavo a fare una carneficina e poi cambia tutto, la scena si apre in un villaggio di coniglietti antropomorfi, non sono proprio coniglietti, sono cose tipo coniglietti, roba nippo, e tra due coniglietti c’è una storia pesa perché King, che è il coniglietto capo, vuole una chiave che ha un coniglietto tenero tenero che si chiama Totoko, o tonoro una cosa di questo tipo, roba nippo, e Tonoko o Totono o come si chiama non vuole dargliela questa chiave che permetterebbe a King di andare nella casa dove c’è Sue, perché King non ama Sue, dice che non è come loro, Sue è diversa, e in quel momento io, cioè tu, cadi dal cielo e finisci nel mezzo di questi due che fuggono perché credono che tu sia uno mandato dal ‘dottore’, hanno tutti questa para del ‘dottore’ che ogni tanto viene e se ne prende uno e lo ammazza, e – amico – io ti sto scrivendo tutte queste cose perché Elettra ha lasciato le luci della macchina accese e se ne è andata e quindi sono bloccato con l’auto con la batteria scarica di fronte al D'Oria, non posso fare un cazzo, mio figlio numero due sta sfogliando dei cd, probabilmente li sta distruggendo, tanto sono copie e io non posso fare nulla, non posso neppure collegarmi a internet e vedere se quelli di Devonthink mi hanno risposto, o se qualcuno ha commentato da qualche parte le cose che ho scritto, sono fuori dalla rete globale e sono troppo solo per stare nella rete locale, dove per locale intendo il mio stomaco, il pancreas, sai cosa mi ha detto ieri Gregorio, eh mi ha detto che sta aspettando il turno per l’operazione e io gli ho detto che operazione vetz?, e lui mi ha detto che in pratica gli aprono la pancia e gli tolgono un pezzo di intestino o stomaco non ricordo, una parte del corpo lunga che serve a prendere vitamine e energie dagli zuccheri composti e loro gliela tagliano e in pratica gli collegano la bocca più vicina al culo, in modo che quello che mangia, la roba unta e piena di grassi e di zuccheri del cazzo che Gregorio mangia, questa roba non venga assimilata e finisca veloce nella parte di corpo destinata a creare merda, e io l’ho guardato e gli ho detto ma Grega che cazzo stai facendo e lui ha detto, ma scherzi, dopo potrò mangiare quello che cazzo voglio che non ingrasso, e io gli dico sì ma cazzo il corpo non ti assimila più un cazzo e infatti lui si è fatto serio e ha detto eh lo so devo stare attento perché poi rischio di avere danni anche gravi al fisico e io gli ho detto e ci credo cazzo ti fai tagliare via un pezzo di pancia e lui ha riposto, oh, ma guarda che io mica lo faccio per la linea, e io ho detto eh, e lui mi ha detto, eh io lo faccio per il diabete, e io ho detto ma Grega ne vale la pena e lui ha alzato le spalle e non ha detto niente e io ho pensato vabbé sono un po’ cazzi suoi, però in quel momento mi è sembrato anche un po’ più simpatico credo la sofferenza ci renda tutti un po' più simpatici, più vicini e quindi mi metto a scrivere questa cosa, tu sai che io scrivo tutto, se hai in mano questa cosa ch stai leggendo vuol dire che lo sai, io scrivo tutto e lo scrivo per te, pensando a te ma anche a me, per togliemi tutte le cose che ho in testa e penso che se quando vado in giro non pensassi così tanto a io che divento un grande scrittore eccetera, che scrivo cose incomprensibili come il mio Rekiem e poi tra anni la gente lo ipervaluta e dicono che sono un genio, cose così del tutto irrealizzabili e campate in aria, ecco se non pensassi queste cose mentre porto fuori il cane la sera penso che dovrei pensare ad altre cose tipo a io che scopo, un altro pensiero che mi viene spesso infatti è io che scopo e mi chiedo se anche tutti gli altri maschi quando portano fuori il cane pensano a loro stessi che diventano grandi scrittori o che scopano un numero spropositato di donne senza volto costante nelle maniere più strane tipo stasera pensavo a io che mostro gli appartamenti per venderli e viene questa donna che in realtà guarda un po' l'appartamento e poi si mette a guardare il panorama dalla finestra e si piega e io sono dietro e andrei anche avanti ma in fondo è un mio fottuto sogno erotico fatto mentre porto fuori il cane quindi sono un po' cazzi miei, comunque questi miei sogni sono rotti dal fatto che non riesco a togliere dai sogni erotici delle cose di cui parler più tardi, prima di andare avanti volevo scrivere questa altra cosa che mi rompe i coglioni quando porto fuori il cane, io esco con Tobbia, e mi prendo una mela così – mi dico – mentre porto fuori il cane mi mangio una mela, non credo che ci sia niente di male e usciamo e io tiro due morsi alla mela e Tobbia annusa per terra e si ferma e gira vorticosamente e caga, così io guardo la mela morsicata che tengo in mano, poi guardo la cacca di Tobbia che lascia il suo fumo serale e – ora – io non sono il tipo di persona che abbandona le merde del cane in giro, le prendo mettendo la mia mano dentro i sacchettini verdi per la cacca dei cani e poi con la mano prendo la cacca e con un gesto che ormai potrei insegnarlo di fronte ad ampio uditorio, rivolto il sacchetto e lo chiudo e poi tengo la mano sempre come se fosse una cosa morta lontana dal mio corpo perché i sacchetti verdi sono sempre integri però chissà mai che non ci siano dei microfori della plastichetta verde? eh? chi lo sa? e quindi sulla mia mano ci potrebbero essere dei micron di cacca di tobbia e io magari mi passo una mano tra i capelli e i micron di cacca di tobbia restano tra capello e capello e poi vado a dormire e i micron finiscono sul cuscino e poi tutto può succedere, tutto. Ma prima volevo scriverti questa cosa che mi sono preso tutta la serie di “Zaffiro e Acciaio” in dvd e nella terza missione, “Zaffiro e Acciaio” era una serie inglese degli anni '60 o '70 non ricordo, che io quando ero piccolo avevo visto la prima e la seconda missione ero un bambinetto e ero presissimo da questo serie, una paura del cazzo, ero incollato di fronte al tv in bianco e nero a Sant'Olcese e ora l'ho visto da grande, a colori, in dvd e devo dire che con tre soldi e con effetti speciali da niente, tipo un effetto speciale è una luce fatta con la torcia sul muro, davvero, una luce che si muove sul muro, imbarazzante, ma la serie è stupenda e nella terza missione, nella quale peraltro Zaffiro sul tetto è meravigliosa, sembra un video alternativo di una band anni '00, comunque nella terza serie ci sono questi cuscini che si muovono da soli per soffocare le persone e i cuscini si trasformano in cigni, pensa cosa potrebbero fare con i micron di cacca di cane, ho capito perché scrivo certa roba, non è che sono un surrealista è che da piccolo ho visto “Zaffiro e Acciaio”, peraltro da piccolo leggevo anche Poe, Edgar Allan, e dopo averlo letto disegnavo delle cose tipo – parlo della seconda media – cadaveri smembrati e raggi di luce che superando la conoscenza arrivavano da un essere metà demone e metà angelo, il fatto che superasse la conoscenza era graficamente reso dalla scritta CONOSCENZA e da un raggio che partiva dal cadavere smembrato per salire in alto attraversando la scritta CONOSCENZA e le maestre all'epoca chiamarono i miei genitori per chiedermi se facevo parte di qualche setta, e mia madre disse alla maestra di sì, ma solo io, e in effetti avevo creato un club all'epoca il CDA ovvero Club degli aquilotti, giuro, e uno che viveva a Monza e veniva a Sant'Olcese d'estate, lo scopo del CDA era avere una baracca e una gerarchia e un linguaggio segreto, comunque questo ragazzo di Monza voleva entrare nel CDA e noi non lo volevamo allora lui disse che suo padre lavorava nella Fininvest e che la Fininvest avrebbe fatto da sponsor al CDA facendoci avere dei giubbotti con il simbolo di Canale 5 e questo in effetti dava ampie prospettive al CDA, anche se in cambio noi dovevamo cambiare il nome del CDA in CDA5 per motivi di sponsorizzazione, quello di Monza e altri due ragazzini una volta si erano messi in un prato con una ragazzina sdraiata e le dicevano che da quel giorno loro la avrebbero protetta e poi uno a uno salivano sopra la ragazzina e limonavano, a turno, e io guardavo da lontano perché ero escluso, ero anche più grande di loro e facevo il palo perché nessuno li vedesse e ricordo che quello di Monza cercava di alzarle la gonna ma lei la ritirava giù, solo quello di Monza ci aveva provato, gli altri due limonavano soltanto, non avevano grandi pretese, quello di Monza aveva anche la pelle più scura di noi, è venuto per qualche anno poi non l'ho più visto, i giubbotti di canale cinque non si sono mai visti a sant'olcese, ma di questo non parlo più perché l'ho già scritto in un altro mio romanzo chiamato PÈCMÉN, preferisco parlare di adesso, del mio corpo ora e del tuo, amico, dove mi stai leggendo, per strada, sul letto, su una sedia, dove cazzo sei amico, perché io sono qua, sarà che domani mi sposo ma questa sera ero nel letto di figlio numero due con figlio numero uno sulle gambe che faceva le fusa ed è arrivato di corsa figlio numero due con il suo sguardo da iena killer in allenamento e ci ha guardati e poi ha mandato uno dei suoi urli subumani e si è lanciato contro di noi e io mi sono trovato sommerso da queste due bestioline che un po’ somigliano a me e un po’ somigliano a Elettra, e che ridono e che mi cercano e che sono capaci di stare a piangere per ore urlando il mio nome e mi sono visto in questa dimensione dell’infanzia, in questo mondo parallelo di cui mi rimangono impressioni improvvise che non so neppure da che parte sopravvissuta del cervello mi arrivino, un mondo in cui ogni cosa appariva contemporaneamente semplice e complicatissima, una ragnatela di corridoi e di entrate e di passaggi, e io bambino ero in quella stanza a Sant’Olcese assieme a figlio numero uno bambino e figlio numero due bambino e fuori c’erano mostri che combattevano dentro ai muri, scene di combattimento infinito, finestre che non mostravano mondi ma reticoli luminosi che si intersecavano e parole che arrivavano dall’alto e che non avevano nessun significato particolare, è esistito un mondo in cui una casetta dal nastro rallentato mandava dal registratore suoni di voci del pianeta Nettuno, e io stavo ore ad ascoltarla e figlio numero due non esisteva, non era nulla di nulla come figlio numeri uno, figurati figlia numero tre, eppure erano lì vicino a me e io bambino diventavo un adolescente sudato e poi con cambiamenti di capelli e di unghie e cadute di denti e un circolo continuo di questo sangue che tra cuore, arterie, vene e di nuovo cuore e arterie e vene, non vede mai la luce del sole se non per feritoie improvvise e liberatorie, arrivavo a essere questo Fabrizio che sono adesso, questa roba che ti sta scrivendo, un integrato con gli occhi strani e i denti rotti e i miei figli uscivano fuori da quella meraviglia di Elettra e urlavano ciechi e si attaccavano ai capezzoli bevevano come dei matti e poi si giravano verso di me e mi riabbracciavano di nuovo dopo tanto tempo.
[da “19 merged documents”, work in progress]