Oggi sono andato a nuotare, ho ripreso a fare del nuoto libero omeopatico, mi butto in acqua e muovo gli arti sfruttando le onde delle donne che fanno ginnastica nella corsia a fianco alla mia. Uso degli occhialini da sole che deve aver comprato Elettra quando nuotava al mare, così che quando me li metto sembra che sia notte.
Oggi ero lì che nuotavo e pensavo a Leopardi, pensavo che secondo me Leopardi non è pessimista per niente. Questa cosa del pessimismo storico e cosmico sono cazzate. Leopardi non era pessimista, era solo realista. La vita è davvero il male. Il fine dell'universo è il male. Ciascuna cosa esistita è il male. Eppure, nonostante questo, vado alla grande, ho fatto anche dieci vasche a stile libero.
ll concetto che mi piace di Leopardi è quello dell'immaginazione. Lui dice che – in pratica – l'uomo non capisce che l'immaginazione è solo immaginazione, ma la confonde con la “facoltà conoscitrice” e quindi considera i sogni dell'immaginazione come cose reali.
E mentre sono lì, in questa notte artificiale che muovo le gambe e le braccia e le sento strapazzate dal cloro, penso che altro che pessimista. Da qui è partito l'uomo: immaginarsi delle cose e crederle reali. E fingendo che fossero reali viverci assieme finché – ad un certo punto – ma questo Leopardi non lo dice è una mia idea eh – finché ad un certo punto queste illusioni le ha raggiunte davvero. E quell'immaginazione è diventata sul serio conoscenza.
Diritti civili, parità, contratto sociale, le mie prossime due vasche a rana. Erano solo una nostra immaginazione ma ci abbiamo creduto così tanto che le abbiamo raggiunte davvero.
Arrivo al bordo vasca e mi aggrappo al cemento, sono sfinito. Faccio per uscire e guardo da quante ore sto nuotando.
Dieci cazzo di minuti. Osservo l'orologio al quarzo rosso che troneggia sopra i nuotatori serali. Sto nuotando da dieci cazzo di minuti, mi sembra di essere entrato sei ore fa. Rinuncio ad uscire. Mica per altro, ho pagato.
Mi sembra una vita che sto nuotando e ogni vasca perdo qualcosa, ieri mentre scrivevo con la penna mi sono reso conto che mi tremavano impercettibilmente le dita. Ogni vasca perdo qualcosa e guadagno qualcosa: ogni tanto vado sott'acqua e guardo i tunnel subacquei che ho scavato con il mio passaggio.
Non v'è altro bene che il non essere, non v'ha altro buono che quel che non è, le cose che non son cose. “E questo sarebbe un pessimista?”, penso. Un pessimista non dice queste cose splendide, un pessimista si lamenta che invecchia, scatarra nella doccia comune, guarda male i ragazzi che scazzano negli spogliatoi. Un pessimista non fa lo splendido con il mondo e i suoi significati.
Esco dall'acqua come Venere durante un'incauta gravidanza. Corro all'accappatoio a passi tardi e lenti, me lo metto addosso, l'accappatoio, per nascondere la pancetta che – potessi aspettare – aspetterei.
Supererò la prova costume, penso tra me e me mentre – negli spogliatoi, indosso la tuta azzurra e rossa, la S gialla, lego bene il mantello dietro e stringo forte l'addome per sentire la mia piccola kriptonite crepitare.