[cronache dalla scuola]
Sono lì in terza che sentiamo un webinar su come sia cambiato il ruolo della donna nel corso del novecento, con infinita lentezza, e durante il webinar una storica del'archivio Ansaldo ricorda di come le donne nella prima guerra mondiale fossero entrate per la prima volta in fabbrica
e mentre parla io mi metto lì e con il portatile mi vado a cercare la sbobinatura dell'intervista che avevo fatto a mia nonna quando andavo all'università e al volo copincollo tre parti in cui mia nonna racconta della sua vita in fabbrica negli anni trenta e alla fine del webinar dico ok ragazzi vi leggo una cosa e mi collego a quello che aveva detto la storica e – in pratica – leggo mia nonna in classe
e i ragazzi ascoltano, un po' come al solito fanno un po' di casino, sono gli ultimi minuti dell'ultima ora del venerdì, e io leggo questa parte in cui mia nonna descrive le operaie della fabbrica di sigarette, tutte nella parte alta della stanza, con la testa che tocca il soffitto, i piedi sui travi, uno a destra uno a sinistra, e in mezzo tirano su il tabacco con una corda e – dice mia nonna – lei e le operaie sono tutte nude
hanno solo le mutande, a gambe larghe sui travi, ma per il resto sono nude perché c'è un caldo infernale, il tabacco viene scaldato, essicato, e subito deve essere messo dentro, ancora caldo e mia nonna parla di questa cosa, dice con orgoglio che lei aveva un bel seno e allora da sotto, dalle finestre, sbucano i maschi, a spiare le operaie nude che iniziano a gridare “Va’ via di li’ disgraziet!!” e continuano a lavorare scacciando i maschi che dai vetri arrivano attirati come mosche
e in quel momento, mentre leggo le mie parole di mia nonna che racconta questa cosa, in terza non vola una mosca, un silenzio che penso non si ripeterà mai più nel corso del triennio e questa cosa di prendere materiali da tutto quello che ho fatto nella mia vita e poi andare ancora indietro e far sentire in aula – leggendola – la voce di mia nonna che urla in marchigiano – e far sentire tutto questo come storia, ecco, me lo segno tra le brevissime cose illuminanti, per me, di quello che faccio