[cronache dalla scuola]
Quando è metà mattinata arrivano tre miei ex studenti del tecnico informatico, mi sorridono, mi avevano avvertito via Instagram che sarebbero passati.
Ci salutiamo, gli stringo la mano, sono gli stessi che avevo portato a teatro di sera, fuori dal mio orario di lavoro, alcuni per la prima volta, gli stessi a cui avevo letto Strindberg e fatto vedere – analizzandolo scena per scena – Othello di Orson Welles in classe.
Scendiamo al bar e mi raccontano di quello che fanno, la scuola di recitazione e doppiaggio, del loro canale Tiktok dove doppiano pezzi, i sogni, i casini, le gratificazioni e le difficoltà, i lavori con cui guadagnano e quelli con cui pensano prima o poi di farlo, chi sul palco chi dietro un microfono.
E io li ascolto e sono contento per loro e anche un po' fiero che alcune cose che ho fatto in classe li stiano accompagnando. Ma so anche che quel sogno è nato prima di me e finirà dopo di me. Che io non c'entro niente. Lo avrebbero seguito anche senza di me.
Però mi sono trovato in mezzo e ho partecipato a un pezzo del loro percorso e ora a sentire che recitano Strindberg e che al loro docente di teatro che gli chiedeva se conoscevano la storia di Otello hanno risposto che – certo – avevano anche visto tutto il film di Welles; e anche quando mi chiedono che ne penso dei loro doppiaggi, ecco
sospiro un po'.