[cronache dalla scuola]
Entro in quinta, dove devo fare Pirandello, guardo fuori dalla finestra il sole che illumina la periferia urbana attorno alla mia scuola e dico, ragazzi, che ne dite se andiamo a fare lezione nel parco giochi che c'è vicino alla biblioteca? Con questo bel sole...
La votazione è netta, si esce. Un quarto d'ora dopo siamo seduti al sole sulle panchine vicino al parco giochi e tutti abbiamo in mano quattro pagine dai Sei personaggi in cerca d'autore. Uno studente inizia a leggere e mi guarda. “Ahia – dice – questa mi sa che dobbiamo recitarla noi”. Rido.
Un quarto d'ora dopo sono seduto per terra che li guardo leggere e recitare Pirandello nel mezzo della strada, ogni tanto un genitore con un bambino passa tra di noi per andare al parco giochi. Ci guardano strano. Loro continuano a leggere, qualcuno prova a recitare qualche battuta mettendoci del suo.
Io ogni tanto li fermo, faccio qualche annotazione. Gli spiego cosa è un copione, la questione del tradimento del testo. Racconto un aneddoto che mi aveva raccontato Buonaccorsi ai tempi dell'università. Loro ascoltano, riprendono, leggono e recitano, ogni tanto scherzano, ma portano il testo fino alla fine.
“Allora, pubblico, – chiedo a chi non ha recitato – che ne pensate?”. Anche loro commentano, danno qualche suggerimento, sfottono.
“Adesso – dico – la rifacciamo. Ma prima prendete le parti che vi hanno creato difficoltà perché erano scritte difficile, con un italiano poco comprensibile, e le attualizzate. A penna riscrivete Pirandello in modo che sia più funzionale alla scena”. E loro lo fanno, si mettono lì e rendono più efficace Pirandello.
La seconda messinscena viene molto meglio della prima. Chiedo di nuovo al pubblico cosa ne pensi e nascono ancora suggerimenti e critiche.
Alla fine, prima di tornare, dico agli attori che sono stati bravi e che per la volta dopo, come compito, dovranno rendere il copione ancora più efficace, eliminando termini desueti, in modo da recitarlo ancora in maniera sempre più sciolta. “E poi – dico alla studentessa che recita la figliastra – qua il padre fa una battuta che oggi potrebbe sembrare sessista”. Gliela indico e lei è d'accordo. “Ecco – le spiego – tu per la prossima volta, aggiungi una contro-battuta al testo. Quando tuo padre dice quella cosa, allora tu lo blocchi e gli dici qualcosa. Fai però sapere al tuo compagno cosa, perché anche lui dovrà aggiustare la battuta successiva per riagganciarsi all'originale”. Lei è d'accordo, inizia a parlare con l'altro studente che fa il padre.
Intanto si avvicina a me uno del pubblico che durante lo spettacolo era sempre stato zitto senza partecipare. “Scusi professore, ma io non sono d'accordo” mi dice a voce bassa. “Uh, su cosa?” chiedo. “La figliastra in quel momento non si metterebbe a litigare con il padre. Non è il momento giusto. Devono convincere il direttore a fare lo spettacolo, non si preoccuperebbe di una battuta sessista del padre”. Non me lo aspettavo.
“Ha senso” gli dico. Lo guardo. Richiamo la studentessa che faceva la figliastra e anche lo studente che faceva l'attrice giovane. “Guardate – dico – in effetti il vostro compagno dice che quella battuta in bocca alla figliastra qua ci starebbe male. Ripensandoci avrebbe più senso se la facesse l'attrice giovane”. I due studenti ne discutono un attimo e poi sono d'accordo con la critica. Sarà lo studente che fa l'attrice giovane a dover scrivere la battuta in più.
Torniamo indietro, è passata ormai un'ora e mezzo e abbiamo letto, per due volte, Pirandello commentandolo, al sole, in un parco giochi. Mentre camminiamo si avvicina la studentessa che fa la figliastra e mi guarda e mi dice: “mi è piaciuto” e poi mi fa un sorriso un po' beffardo un po' no.
Intanto una voce da dietro mi chiede quale è il mio robot giapponese preferito.