[cronache dalla scuola] In pratica ieri e oggi c'erano state tensioni in una quinta, scazzi, studenti che trattavano in maniera tossica altri studenti, esplosioni di nervosismo e alla fine delle mie due ore non me la sono sentita di fare il solito mazzo generale o di andarmene facendo finta di niente con qualche nota disciplinare o andando dalla coordinatrice per dirle “che la classe non va bene”, o – ancora peggio – di parlare con loro in corridoio, tra un'ora e l'altra, in piedi senza nessuna privacy, così ho chiesto alla docente successiva se mi prestava quattro studenti, quelli che avevano avuto i momenti di scontro più forte, e me li sono presi.
Sono andato nella classe dove avrei dovuto far lezione, c'era una docente di sostegno a cui non ho avuto nemmeno il tempo di spiegare niente e ho detto ai ragazzi che avrebbero potuto cazzeggiare con il telefonino finché non tornavo perché dovevo avere un momento con i loro compagni.
Sono andato in una aula vuota, mi sono seduto con i quattro ragazzi che mi guardavano meravigliati e un po' preoccupati e abbiamo parlato per venti minuti. Gli ho detto quello che mi sembrava che non stesse funzionando, le cose di cui ero rimasto deluso e le mie preoccupazioni, e loro mi hanno risposto, mi hanno raccontato il loro punto di vista, alcuni hanno chiesto scusa, altri hanno puntualizzato, altri mi hanno detto cose che non sapevo e che mi saranno utili in futuro per capire meglio. Niente di incredibile, un confronto in cui è emerso qualcosa, anche piccolo, che in classe, nei corridoio, nella fretta non sarebbe uscito.
Torno a casa e vedo che uno dei quattro ragazzi mi ha scritto una mail lunghissima, mi racconta altre cose che dal vivo non era riuscito a dire, ammette alcuni errori, promette alcune cose, ringrazia ma su altre resta sulle sue posizioni e racconta ancora di sé e del rapporto con i compagni.
Ecco, è una cosa che ripeto da tanto tempo: è stato liberatorio. Per venti minuti mi sono sentito di aver fatto il mio lavoro. Oltre a quello che già faccio, in maniera più completa e – per alcuni aspetti – più utile. Poi domani verrò deluso, poi mi ricrederò, poi emergeranno certamente i limiti di questa cosa, ma è chiaro che questo dovrebbe esser lo standard di una docenza.
Non dico il mio “fare qualcosa in più”, dico lo standard: il docente dovrebbe avere in maniera formale ore in cui fare “ricevimento studenti”, in cui potere parlare davvero a gruppi minimi della didattica, dei loro problemi, delle loro prospettive future. Il docente dovrebbe vivere la scuola per fare tante cose di cui una, importante eh, è l'insegnamento. Invece oggi il docente a scuola entra per chiudersi in classe e spiegare, verificare, uscire – esausto, distrutto, spompato – il più velocemente possibile. E quando non fa questo è impelagato in qualche attività burocratica fine a se stessa.
So di essere un illuso ma penso che sia importante continuare a immaginare una scuola impossibile e provare a farne qualche pezzetto, sapendo che tutto, tutto, tutto attorno è costruito perché il sistema di questa scuola continui a sopravvivere con modalità e riti a cui molti intimamente non credono più.