la maturità è anche una maturità per il docente: ho di fronte i ragazzi che parlano di quello che ho fatto con loro nel corso dell'anno e vedo emergere cose che non pensavo, mi rendo conto di errori miei che cascano su di loro, di attività che sono risultate poi velleitarie o superficiali

e di cose che invece hanno funzionato meglio e che i ragazzi – a volte con coraggio a volte con anche un certo affetto – si porteranno dietro.

uno studente che parla davanti a me e altri sconosciuti di Democrazia Cristiana e di arrivo di Berlusconi, di neoavanguardie, gruppo '63, Balestrini, Pagliarani, l'asemic writing e l'uncreative writing di Goldsmith

è lui che parla ma mi sento il peso di avergli dato io quelle cose da dire.

e sentire citare dagli studenti in sede d'esame alcune cose che ho organizzato e che avrei potuto non fare, e che gli studenti raccontano come cose che li hanno interessati: il risiko riscritto alla luce della prima guerra mondiale, lo studio del contratto di affitto o l'attività nella realtà virtuale, ecco

fa capire che sei responsabile tu prima di tutti gli altri di quello che si dice o di quello che si tace