Forse intendevi distretto?

Mi chiamo Trent, o almeno, questo è il soprannome che mi hanno dato i miei amici campagnoli all'epoca in cui ero campagnolo anche io. No, non intendevo “distretto”, intendevo proprio “dispetto”, ma non c'è nulla di maligno in ciò: è semplicemente un ironico gioco di parole per rendere un'idea immediata dello spirito con cui ho deciso di scrivere questo blog.

Sono un #fisioterapista di Cure Primarie che lavora nei servizi domiciliari, e voglio raccontare la mia professione, la #sanità territoriale, la Pubblica Amministrazione ed, eventualmente, attimi di vita in maniera ironica, sempre nel rispetto della privacy, non solo dei pazienti, ma anche dei miei colleghi e dell'amministrazione in cui lavoro. Per questo motivo, qualsiasi persona presente nei miei aneddoti, sarà menzionata sempre con un nome di fantasia; e per quanto riguarda l'ambientazione, vi basti sapere che lavoro nelle zone periferiche di una grande città, e che, spesso e volentieri, le mie mansioni mi portano anche in zone extraurbane. Anche se qualche lettore sarà, probabilmente, sufficientemente attento da individuare indizi incontrovertibili, non fornirò mai espliciti riferimenti.

Voglio raccontare che cosa si cela dietro alla mia proverbiale gentilezza, efficienza, ed esaustività – almeno così dicono di me – perché sì, lavorare a contatto col pubblico, indovinate un po'...?

*rullo di tamburi*

È STRESSANTE!

Quello che ho appena detto è scontatissimo, e l'avrete certamente già sentito dire e ripetere fino alla nausea da baristi, commessi, cassieri, receptionist, addetti alle vendite, addetti al post-vendita, direttori del marketing, direttori delle risorse umane, venditori porta a porta, muratori, idraulici, manutentori, imbianchini, agricoltori... Vabbè dai, lo dicono un po' tutti i lavoratori, ma alla fine non hanno nemmeno torto. Finalmente il mondo si sta rendendo conto che i rapporti umani fanno la differenza, anche se devi sostituire una marmitta, vendere una forma di formaggio, o alzare la cornetta e dire “Buongiorno, sono Riccarda, in cosa posso esserle utile?”. L'unica cosa che mi sento di puntualizzare è che, in sanità, noi professionisti abbiamo a che vedere con un'utenza sofferente, ansiosa, spaesata, e spesso prevenuta, oppure illusa.

Cosa si nasconde dietro alla professionalità con cui io e molti miei colleghi approcciamo all'utenza? Impossibile rispondere con una sola parola o con un solo concetto. A volte dietro ad un comportamento ineccepibile si nasconde compassione, a volte simpatia, a volte imbarazzo, fastidio, distacco, o addirittura rabbia. Avere a che fare con un pubblico sofferente significa avere grandi soddisfazioni, ottenere la stima e la fiducia delle persone che si incontrano, ma, in tanti casi, significa anche internalizzare il malessere altrui, sentirsi impotenti o eccessivamente responsabilizzati. Ho perso il conto delle volte in cui avrei voluto appoggiare la penna, alzare la testa e dire alla persona che avevo davanti frasi del tipo:

“Mi stai prendendo per il culo?”

Oppure:

“Senti, non è colpa mia... Chiamati lo psicologo.”

Raccontare le Cure Primarie, secondo me, significa esaltare quanto di bello si possa trovare in questo mondo, ed esorcizzare tutti quegli aspetti che uno eliminerebbe volentieri.

Ecco, questo secondo punto – ovvero esorcizzare – è, nel mio immaginario, lo scopo dei miei futuri post.