A lezione di vita

Stamattina sono risorto in 30min, dopo una ardua battaglia contro le coperte del mio letto. Ho vinto io, ma le ferite riportate sono numerose e terribile. Niente che un espresso non possa curare, in verità.
Allora mi sono trascinato a stento fuori dal letto, con l'ali che dall'altra stanza mi incoraggiava con lo stesso tono dei bambini. Mi sono chiesto se questa fosse stata la realtà a cui andavo incontro. Se fossi destinato ad avere bisogno pure da adulto, tra le mura di casa mia, comunque, di una figura sovrastante che mi desse la spinta. Però in verità non ero ancora naufragato in cucina, presso la mia tazzina calda di caffè, quindi non ho dato molto peso a questi pensieri.
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La mattina poi è scivolata via velocemente, tra un episodio del capolavoro di serie 'Un Professore' e una puntata alla conad a prendere tre scottone (gusto ricercato) per me, ali e anna.
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La sera prima eravamo noi due, ingarbugliati nel letto, a cercare di rincorrerci l'uno con l'altra e l'altra con l'uno. Ci stringevamo e ci separavamo, tocca e fuga e chiama e rispondi e canti e sussurri. Mi sono sentito giovane. Ma proprio giovane, nel senso di fresco. Hai presente quando ti entra una folata di vento in casa e ti sposta le cose tutte in disordine, magari ti cambia le pagine dei libri che stavi leggendo?
Mi sono sentito come quel vento o quella casa. O magari come quello che è testimone di questa semplice allegoria e non può fare altro che sorridere alla realizzazione che nella vita, alla fine, ciò che conta sono quelle cose semplici che ti entrano in casa e ti spostano le cose.
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Mentre camminavamo per piacenza, mi è caduto l'occhio su un mazzo di carte esposto in una vetrina del centro. Recitava: Club Godo. Ad alta voce, senza paura.
Che poi forse dovrebbe essere così, una cosa normale urlarlo in piazza: Godo!!
Perché se no cosa ci stiamo a fare su questa terra. A calpestare del cemento tutti indaffarati a far girare l'economia? A far piacere agli altri? Preferiamo gridare Godi?? e poi se non ci rispondono ci rimaniamo male...
No, quel mazzo di carte, stupidamente, è stato mio maestro. Con la sua sfacciataggine. E un bel design in copertina.
L'odissea dei festini a casa di amici

La storia è sempre la stessa:
1. Tizia ha offerto la casa
2. Io ho chiesto di portare qualche amico
3. Tizia non era convinta, ha temporeggiato e ha detto di no
4. In due sono rimasti senza festa quindi gli ho detto di aggiungersi comunque
5. Quando l'hanno saputo si sono aggiunti altri
6. È saltato tutto
Con molte variazioni da questo copione, ma alla fine il risultato è lo stesso. Si finisce a fare la solita festa con le solite persone e il buffet con troppo cibo.
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Mi fa un po' ridere questa rincorsa che sento sempre. Questo bisogno di dover festeggiare insieme al mondo, senza chiedermi cosa sto festeggiando o se sono con le persone con cui vorrei davvero essere. Oppure tutto questo pathos e il prendersi davvero tanto sul serio per una tradizione che non si sa bene per cosa sia nata. Sarà per prepararsi al tempo che viene? Sarà per celebrare il tempo passato? Sarà uno strattagemma per individuare un pizzico microscopico di miglioramento nelle nostre vite?
A costo di sembrare antipatico, dirò che mi sono sempre state abbastanza sui nervi queste cose. Lo trovavo ipocrita lo spirito natalizio, la celebrazione del calendario, i regali e i cenoni. Non che non mi piacessero. Però li trovavo superflui.
Perché tutte le persone che inneggiano all'importanza di queste cose sono le stesse che si impongono di celebrarle una volta all'anno e basta, per dimenticarsele completamente per i restanti 364 giorni successivi.
Se sono così importanti, perché limitarli a un giorno? Perché circoscriverli ad una tradizione, invece che modificarli e farli personali? Perché viverseli con ansia di fare e riuscire, quando lo spirito sarebbe quello di festeggiare quello che già si è fatto e già è riuscito?