I metodi A, B, YMCA e il colpo dell'airone nascente
In questo periodo sto leggendo due libri che dicono due cose diverse. Il primo, che chiameremo A, invita ad un estremo pragmatismo eliminando tutto ciò che è inutile e non necessario per andare dritti verso la meta. Il secondo, che chiameremo B, ci ricorda che per ottenere ciò che vogliamo veramente dobbiamo seguire vie oblique e indirette, esortandoci ad avere un approccio solo apparentemente velleitario. Per me ha ragione A. Ma capisco B. Il metodo B è infatti lo stragemma geniale, la soluzione che non appare a prima vista. Se non fosse per l'approccio descritto in B, non avrei mai imparato tante di quelle cose inutili che mi piacciono tanto. Purtroppo spesso mi dimentico di A. Voglio dire, certe volte devi solo infilare quel pallone in rete, non occorre un nuovo passaggio. Quindi bisognerebbe utilizzare di volta in volta i vari approcci.
E' un po' come quella storia di Gigi La Trottola, piccolo eroe cartoon della pallacanestro, in cui i giganti della squadra avversaria lo murano in continuazione. Lui allora usa il metodo B (è tutto un ricorso al metodo B con Gigi La Trottola), cioè salta e rimane sospeso in aria grazie ad una divisa troppo larga che fa da paracadute. Ma quando gli avversari smettono di saltare per non subire la trovata del piccolo Gigi, lui, semplicemente, fa canestro come faceva prima, cioè saltando normalmente. Il metodo A insomma.
Il metodo YMCA
Qualche tempo fa, m'ero messo a comprare i fumetti di Gigi La Trottola e c'era un'altra trovata geniale che mi ha fatto impazzire. Il metodo YMCA. Ecco la situazione. E' assolutamente necessario prender palla alla squadra avversaria al più presto e il piccolo Gigi, con la sua fama di inventore talentuoso di tecniche speciali, invita improvvisamente i suoi compagni a disporsi in formazione con le braccia in posa come le lettere della famosa canzone dei Village People. Gli avversari, sbigottiti, si fermano chiedendosi cosa bolla in pentola e... i secondi del loro possesso palla scadono! Palla all'altra squadra dunque.
Il metodo YMCA mi ha rovinato, letteralmente. Da allora mi chiedo sempre cosa possa trovare di abbastanza assurdo per poter risolvere le situazioni più ingarbugliate. Che, se vogliamo, potremmo definire il tutto molto semplicemente: “pensiero laterale”.
Riguardo al metodo B, non possiamo non citare il maestro Miaghi di Karate Kid (non so se si scrive Miaghi, che in effetti fa più Carate Brianza che Karate Kid). Il suo famoso “dai la cera, togli la cera” è l'apoteosi del metodo B. Tu sei lì che pensi di dare la cera e basta, invece stai imparando a parare e schivare colpi manco fossi Remo Williams. Sì, lo so, oltre che l'apoteosi del metodo B, è anche l'apoteosi degli anni 80. Che poi io ho praticato il karate per almeno tre anni, stile Shotokan. L'ho fatto in “tarda età”, quando Karate Kid era ormai un ricordo abbastanza lontano. Per questo vorrei aprire una breve parentesi.
Quello che Karate Kid non mi aveva rivelato sul karate e che io rivelo a voi
“Il colpo dell'airone nascente”, cioè quel calcio inferto tenendosi in equilibrio su una gamba sola e le braccia a mo' di airone al decollo, è l'esatto contrario delle tecniche del karate, che è un'arte marziale basata su un saldissimo rapporto col terreno, estremamente sobria, devota all'efficacia e al crudo risparmio nell'esecuzione delle mosse. Per una roba del genere dovete cercare dalle parti della arti marziali più tipicamene cinesi, in particolare il Bagua.
Il maestro Miaghi, che mi pareva veramente figo, visto all'opera dopo un paio di lezioni “reali”, sembra un vecchietto patetico e le sue mosse hanno tutto tranne che la violenza esplosiva delle mosse del karate.
Il mio maestro, a differenza del laconico Miaghi, non usava alcuna metafora o allenamento speciale se non il farmi fare ripetizioni e ripetizioni dei soliti gesti tecnici fino allo sfinimento e quando sbagliavo era un gran chiacchierone che continuava a ripetere la storia che il suo maestro giapponese non li richiamava affatto quando cannavano ma li buttava direttamente a tappeto, quindi dovevo essere grato. Però, per quanto la ripetizione dei gesti e delle correzioni tecniche degli stessi fosse un po' noiosa, pure la accoglievo con sollievo poiché il karate è uno sport faticoso che richiede molto fiato, un grande lavoro preliminare sulla “flessibilità” e un importante allenamento fisico, per cui quelle pause logorroiche ci volevano tutte.
Nel karate sembra che non ci sia niente di spirituale. Però attenzione. Ero un pessimo studente quando si trattava di fare le mosse con le braccia e, pur se discreto con le gambe, credo di potermi definire uno studente mediocre, tanto che il mio maestro, o sensei, passava il tempo a riprendermi. Tuttavia un giorno sono andato alla grande e ho ricevuto complimenti. Quel giorno ero molto triste. Questo ci ricorda il duello tra Ken e Raul in Ken il Guerriero (Okuto-no-Ken) in cui dicono a Raul che non potrà mai raggiungere il livello tecnico di Ken perché, essendo egli sempre incazzoso, non riescirà mai a provare il sentimento della tristezza che alberga in Ken Shiro. Ecco, questo ci ricorda anche che il karate è un'arte marziale e che “l'arte non nasce mai dalla felicità”, come scrive saggiamente Chuck Palaniuk in “Soffocare”.
Il karate è metodo A all'ennesima potenza. Credo che non esista arte marziale più brutale e diretta. Però non è un'arte marziale pragmatica come quella israeliana di cui mi sfugge il nome e che pratica Elisabetta Canalis. Ha una sua particolare eleganza che viene espressa nell'esplosività del colpo, effettuata dalla posizione più solida possibile. Questo fa sì che ci sia una sua particolare poetica che la allontana un po' dalla grettezza utilitaristica dell'autodifesa personale. Ecco, c'è un po' di metodo B nel Karate e forse in ogni cosa della vita.
Perché il metodo A e il metodo B possono vivere insieme in armonia perfetta (together in perfect harmony). Come “Ebony and ivory”.
Dagli anni 80 è tutto.
Gippo for Comitato Yamashita