Il mondo non basta, ovvero: un possibile sviluppo del videogame
Oggi vorrei parlare un po' delle tendenze videoludiche e di una possibile innovazione per il mondo del videogioco.
Intendiamoci: qualche post fa avevo dichiarato che il videogioco è bello che defunto o, quantomeno, che è venuta meno la sua funzione come “frontiera dell'innovazione” in ambito tecnologico.
In realtà il videogioco continua ad esistere e proliferare come prodotto, per quanto ci sia un suo eccesso come per tutte le merci.
La mia analisi si dividerà in due: – da un lato parlerà delle tendenze in voga attualmente nel mainstream, cioè dei fenomeni sotto gli occhi di tutti; – dall'altro tenterà di indicare un possibile campo inesplorato, attraverso un'idea personalissima, quindi di nicchia, quindi non generalizzabile, quindi probabilmente campata in aria.
Cosa fa il mainstream: apertura, socializzazione, theorycraft, condivisione (ma solo apparente)
Sono venuto a contatto con un po' di giochi del mondo mobile ma le considerazioni valgono anche per il PC: rispetto all'esperienza chiusa dei tempi passati in cui si faceva uscire il titolo che era bello che 'finito' (tutt'al più si rilasciava qualche patch per i bug più vistosi) oggi il videogioco è aperto.
Aperto al feedback degli utenti, aperto alle modifiche in corsa, aperto a nuovi DLC (contenuti aggiuntivi scaricabili), a nuove espansioni, a nuovi modi di sfruttare il marchio, il logo, le dinamiche ludiche.
Per chi ha studiato marketing, i videogiochi seguono a pieno titolo il ciclo di vita del prodotto fino alla fase finale: diventare la cash cow da sfruttare per far soldi senza introdurre più innovazioni di rilievo, fino all'obsolescenza e al conseguente abbandono finale.
Di enorme importanza c'è la funzione social: i giocatori devono venire in contatto tra loro e tenersi legati all'abitudine ludica l'un l'altro, attraverso clan, gilde, chat ma anche per mezzo di una buona predisposizione del titolo al 'theorycrarft', cioè la possibilità di discutere e ragionare strategicamente delle meccaniche di gioco.
Quest'ultima facoltà concede al creatore di contenuti esterno (youtuber ma anche utente di reddit, social, forum) di ricavare dei follower dalla propria attività creativa ma anche all'utente normale di condividere la propria creazione amatoriale e cercare attraverso di essa il confronto con gli altri e la loro approvazione. Creando un mini 'indotto'.
Ad esempio, parlando di Clash Royale, i giocatori possono condividere i propri deck originali (finché non finiscono le combinazioni significative...). Prendendo Fire Emblem Heroes, si possono postare le proprie build personalizzate dei vari eroi (cioè le combinazioni di abilità e statistiche). Ragionando di sparatutto online si possono condividere tattiche o, alla peggio, le proprie personalizzazioni estetiche del personaggio. A proposito di personaggi in gioco, c'è poi anche la possibilità di emulare qualche accesa discussione 'politica' quando si parla di modifiche di bilanciamento, cioé il periodico aggiustamento delle statistiche delle unità in campo che testimonia, una volta di più, come il videogame non sia più un'entità fissa e immutabile nel tempo ma un argomento in continua evoluzione e un'occasione di spettacolo e discussione.
Come si vede, i titoli multiplayer sono decisamente avvantaggiati in questo habitat videoludico.
Cosa rimane da innovare e implementare: il fattore realtà.
In questo scenario, risulta difficile trovare qualcosa di nuovo con cui rivoluzionare questo mondo per fornire nuove tendenze di successo (qualunque accezione si voglia dare all'idea di successo). Comunque, ci provo. Riassumendo all'osso ho un'unica idea da sviluppare:
Ampliare i confini del videogioco verso la realtà
Sappiamo che la strategia mainstream è stata quella di gamificare i social e socializzare i game. Ciò secondo me produce degli effetti collaterali, delle tossine che sono in grado di erodere lentamente il mondo del videogioco e l'esperienza di intrattenimento. Ultimamente i videogiochi sono quasi tutti gratuiti, tranne quelli delle console: un prezzo più alto li butterebbe fuori dal mercato. D'altro canto esperti psicologi e stregoni della mente umana si devono ingegnare in mille modi per far spendere, creando attraverso un game design ad hoc un mondo solo apparentemente aperto, in realtà terribilmente isolato. Mi spiego: è vero che nel videogame moderno siamo tutti connessi uno all'altro, in contatto e in competizione tra noi... ma lo siamo sempre all'interno del mondo di gioco progettato per noi, con le regole definite e modificabili a piacimento dai programmatori. Non c'è spazio per un crossover con un altro gioco e, tantomento, con la vita reale. Ecco, l'idea, come detto, è che alla fine possa venir fuori una domanda di realtà da parte del giocatore, stanco di finzione, bugie, artifici, limitazioni del claustrofobico mondo videoludico.
Qualche tempo fa (ormai parliamo di anni) ricevetti una mail da Mozilla in cui veniva proposta una jam avente ad oggetto la creazione di giochi che interagissero con le immense informazioni del web. In altre parole, l'inserimento di elementi di gioco 'esterni' al gioco stesso ma essenziali per andare avanti. Trovai l'idea subito interessante ma poi mi dimenticai di quella mail. Ripensando ai giochi in cui mi sono imbattuto successivamente, mi viene in mente solo un survival horror indie in cui per superare una porta era necessario consultare un file di testo che l'eseguibile di gioco aveva creato sul mio computer e un gioco di corse che sfruttava Google Earth. Per il resto... nulla.
Pensate ad un'avventura grafica in cui dovete fornire un parola d'ordine che, vi dice il gioco, potete trovare solo sul muro di una casa in via Mazzini n.8 a Pietrabbondante in provincia di Isernia. Oppure (ipotesi piú probabile) sul terzo scaffale da sinistra di un esercizio commerciale che sponsorizza il gioco. E che, al completamento dell'avventura, riscattando il codice ricevuto, vi regalerà un buono sconto.
Ecco, io credo che una possibile innovazione possa essere quella di espandere le possibilità del gioco anche nella realtà concreta. Una soluzione difficile al momento sia da concepire, sia da implementare, ma con un rischio concreto: creare ancor più confusione tra reale e virtuale, in cui non è chiaro se sarà la realtà a irrompere nel gioco o il gioco a irrompere nella realtà. Per il momento esistono ancora i social e l'economia delle piattaforme a impregnare le nostre interazioni software col gusto dolceamaro della realtà (di mercato). Però non è detto che il contatto più stretto col reale debba essere per forza una dinamica negativa per il videogame. Vedremo... la confusione nei nostri tempi regna sovrana ed è difficile profetizzare qualcosa.
Gippo for Comitato Yamashita