Il programmatore-criceto (ovvero: istruzioni per cambiare)
Ultimamente mi sembra di vivere una fase dell'esistenza in cui pare diventato urgente cambiare qualcosa, non solo di me stesso ma anche della società in cui vivo. Ho sempre trovato velleitari fenomeni come l'open source, i no-logo (ricordate Naomi Klein?), i commerci etici e solidali, le istanze ecologiste. Mi sono sempre trovato abbastanza d'accordo con psicologi, filosofi e gente che passava di là per dirmi: “Il vero cambiamento possibile è solo quello dentro di te! Tu per primo devi cambiare! (Sempre che ci riesci... eh, eh!)”. Ma adesso non ce la faccio più a pensare ad un cambiamento solo personale e mi vengono in mente tanti altri slogan tipo “Nessuno si salva da solo”. Sì, perché il bello della nostra età liquida e postmoderna è che si può sentire tutto e il contrario di tutto quindi basta avere un'opinione o un'idea, per quanto buffa o estrema o assurdamente convenzionala, che trovi subito frasi, motti, autori, professori di Princeton, scrittori di Baci Perugina che la supportano o l'hanno già supportata decenni fa e ti danno quel minimo di appoggio psicologico necessario per dirti che sei nel giusto. E questo vale anche per il contrario dell'idea originaria. I professori di Princeton stanno lì apposta. Chiudendo questa lunga digressione, mi sono chiesto spesso come cambiare e verso quale direzione andare quando si vuol cambiare. La prima cosa da fare, a mio avviso, è quella di guardare cosa si è stato fino ad un determinato momento e tentare delle strade diverse, anche se non necessariamente opposte.
Questo almeno può darci una prospettiva nuova: quella che esiste la possibilità di poter scegliere.
Il titolo di questo post esprime il concetto, poi non adeguatamente sviluppato e nemmeno accennato, che finora io sia stato un programmatore-criceto e che forse sia giunto il momento di uscire dalla ruota. In realtà il programmatore non è stato il mio mestiere ma l'approccio alla vita e la mentalità sono state decisamente informatiche.
Una mentalità fatta di “pigrizia fisica” che impone un approccio metodico al problema generale prima della soluzione puntuale del problema specifico. In parole povere: prima si fa l'engine per creare la visual novel, poi si scrive il testo della visual novel. Ma spesso, con questo approccio capita che la visual novel non c'hai più voglia mica di scriverla, dopo aver smanettato sul cavolo di engine generico per visual novel che alla fine potresti pure caricarlo su github e chiamarlo “Gippo V.N. star engine”.
Ecco, forse è arrivato il momento di concentrarsi sui contenuti e meno sui contenitori.
Lo scrivo perché ho scoperto, su un vecchio DVD di backup, che avevo fatto anni fa un engine per visual novel in Darkbasic per il quale avevo scritto pure i testi e creato le immagini per la novella visuale. Invece recentemente con Love2d, dopo il codice ben rifinito, non ho nemmeno abbozzato un accidenti di storia. Lo so, è una profonda allegoria, forse un po' forzata. In fondo, potrebbe semplicemente trattarsi di classica crisi di mezza età...
Gippo for Comitato Yamashita