La recensione di “A nightmare on Elm Street”

Ripropongo una vecchia recensione fatta per un blog. A quei tempi c'era un video con due ex Take That (“Shame”) che si richiamava a Brokeback Mountain e Twilight coi suoi vampiri scintillanti andava per la maggiore. A quei tempi era solo un post politically uncorrect, oggi potrebbe rivendicarlo l'alt-right o finire sul blog di Maurizio Blondet. Sembrano passati due secoli e le cose sono peggiorate...

Freddy Krueger

“A nightmare on Elm Street” è un videogioco del 1989. “A nightmare on Elm Street” (d'ora in poi ANOES) è inoltre una sottospecie di action-rpg top-down che entra di diritto a far parte delle recensioni mancate di G.... essenzialmente perché nell'anno di pubblicazione G.... ancora non esisteva. Molte cose ancora non esistevano. Ad esempio non c'erano nemmeno i Take That ignorati dagli adolescenti odierni e i cui echi lontani sopravvivono blandi oggigiorno solo nelle persone del noto ufologo Robin Williams e del “cicciobombo dei Take That” Gary Barlow, recentemente insieme in un singolo con annesso video dalle atmosfere tipicamente country-gay. A chi si chieda di cosa tratti il videogioco in questione solletichiamo la fantasia con la seguente domanda: vi dice niente “Nightmare”, la nota serie di film horror che tanto spopolava negli anni 80? A quei tempi (io facevo le elementari) noi bambini pensavamo tutti che il mostro con la faccia brutta e le unghie a lama affilata si chiamasse effettivamente “Nightmare” e desse il suo nome ai titoli della serie. Sebbene ci fosse qualche intellettuale in erba a precisare con la sua aria da saputello che “nightmare” in inglese vuol dire “incubo” con chiaro riferimento ad una trama che vedeva tale Freddy Krueger tornare a vendicarsi nei sogni, molti lo isolavano con crudeltà, forse perché, se gli avessero dato spago, sarebbero stati costretti ad ammettere di non aver mai visto i film ma semplicemente il trailer pubblicitario. Solo così si poteva continuare a raccontare versioni fantastiche delle vicende cinematografiche, versioni in cui il carismatico “Nightmare” faceva cose talmente terribili che persino i veri sceneggiatori sarebbero inorriditi. “A nightmare on Elm Street” (d'ora in poi ANOES, lo prometto) non è solo il titolo del videogioco ma anche del lungometraggio originale, cosa che un bambino italiano vissuto negli anni 80 non avrebbe potuto accettare. Francamente l'unica cosa notevole del videogame è la schermata iniziale dove c'è il fantastico ghigno di Nigh... di Freddy Krueger che agita le unghie nel modo beffardo che l'ha consacrato mito. Roba da far schiattare tutta la classe di invidia di fronte al PC 286. Oggi tuttavia vi consigliamo di non esibire schermate del genere se non ad una fiera del modernariato. Il gioco è molto buffo. C'è un ministage iniziale in cui si corre per una città piena di case molto simili l'una all'altra, accorgimento questo semplice ma geniale per creare una straniante sensazione di claustrofobia e, soprattutto, far risparmiare un sacco di tempo ai grafici. Vagando dunque per le strade deserte con il cattivone alle calcagna (ovviamente l'urbanista locale ha ben pensato di strutturare le vie in forma di labirinto) occorre trovare la casa di Freddy Krueger, compito questo alquanto banale visto che l'abitazione è distinta dalle altre grazie alle finestre lampeggianti. Una volta dentro, una suora (!) ci dirà un paio di parole di circostanza circa la necessità di combattere il male, dando inizio al gioco vero e proprio. L'architetto della casa, che probabilmente è anche l'urbanista della città, ha creato un dedalo inestricabile di stanze e corridoi all'interno dei vari piani, con tanto di leve e muri nascosti, nonché chiavi lasciate in bella mostra e ben distanti dalla serratura di riferimento. Ovviamente si scende sempre più in basso, di piano in piano, accumulando livelli, bevendo tazze di liquidi per recuperare salute, raccogliendo mazze da baseball per picchiare scheletri e fantasmi. Non ho ben capito l'obiettivo finale, comunque credo che si incontri Freddy, anche se non ci sono arrivato. A questo punto potrei dare una lettura psicologica di matrice edipica relativamente all'entrare nella casa per uccidere il mostro, ma preferirei astenermi. Mi piace invece sottolineare che negli anni 80 i cattivi erano veramente cattivi e non c'era spazio per comprensioni o immedesimazioni. “Nightmare” era carismatico finché si voleva ma rappresentava il male e andava combattuto. Noi ragazzi comuni che dovevamo combattere il male, spesso cavandocela (o soccombendo) senza l'aiuto dell'autorità, rappresentavamo indiscutibilmente il Bene, come ben sancisce la figura della suora di “A Nightmare on Elm Street” (purtroppo non me la sento più di promettere che d'ora in poi sarà abbreviato in ANOES). Oggi invece tutti 'sti vampiri di quel Pattinson lì hanno creato confusione, alimentando il cosiddetto “pensiero debole” tipico dei nostri tempi incerti: una volta l'unica forma di interazione consentita con i malvagi succhiasangue e il loro amici lupi mannari, diavoli, abomini a quattro zampe, mostri, fantasmi, assicuratori e extraterrestri era semplicemente la soppressione. Però mi accorgo che sto generalizzando troppo perché negli anni 80 c'era anche roba tipo “E.T.” in cui gli alieni erano buoni. Insomma, forse è tutta colpa di Spielberg. Inclusa la passione per l'ufologia di Robin Williams.

Gippo for Comitato Yamashita