Nostalgia della blogsfera
Quando qualche anno fa venne introdotto internet «di massa» nel nostro bel stivale, cominciarono a prosperare i blog e le cosiddette blogstar. Era abbastanza facile avere un seguito. Io aprii un blog su Splinder nel 2005 e c'era ancora qualche prateria aperta. Non si direbbe, ma mi occupavo di religione e di credenze sciamaniche eschimesi e degli indiani d'America. Poi, pian piano, come in tutti i miei passatempi, sbracai verso l'anarchia. A quel tempo, i blog tematici non è che funzionassero tanto, o meglio, avevano un grandissimo potenziale per funzionare, ma non tutti se ne accorgevano. Andavano molto più di moda i diari personali, gente che ti comunicava di aver mangiato la pastasciutta a pranzo e ti ci costruiva sopra un elaborato castello filosofico.
Venni attratto anche io, con i primi commenti e rapporti tra blogger, dal formato del diario personale. A quel tempo non c'era l'amicizia o il like ma era in voga l'usanza di modificare il template del proprio blog per poter inserire i link ai blog «amici». C'era, ovviamente, anche la voglia di fare conoscenze sentimental-sessuali fra le blogger di sesso opposto e proliferavano corteggiamenti a base di punzecchiature pubbliche e messaggi privati. Esistevano pochi troll e quei pochi si autoisolavano quasi naturalmente. Io, probabilmente, ero un tantinello troll perché mi piaceva già allora prendere un po' in giro bonariamente il prossimo e, come spesso mi capitava quando avevo una tastiera in mano, a volte esageravo.
Ad esempio tra i miei blog amici c'era quello di una giovane professoressa che un giorno fece un post in cui costruiva l'ennesimo elaborato castello filosofico, non già sulla pastasciutta mangiata a pranzo ma su quanto le stessero bene i fuseaux ('humble bragging', direbbero quelli di Albione). Ebbene, me ne uscii col commentare: «Ma allora c'hai un bel culo!». Se la prese a morte. Ci ho messo un po' di anni a capire che, per quanto generalmente bravo e garbato nelle bonarie prese in giro, puoi sempre incontrare delle persone in grado di sentirsi offese da ció che scrivi (e scrivere genera tanti più equivoci che il parlare di persona). Va detto che i nostri gruppi di amici blogger erano abbastanza compatti e che ci si conosceva tutti bene, talvolta meglio delle persone reali viste per strada. Si aveva lo strano impulso di essere sinceri e compassionevoli. Sì perché di tanto in tanto qualcuno confessava che, dopo aver mangiato la pastasciutta, si sentiva un po' giù. E anche fra gli aspiranti futuri troll nessuno si sognava di infierire, tutti a dire «Coraggio» e a trovare parole di conforto per degli sconosciuti. Le immagini non erano più di tanto diffuse e non c'erano manco gli account con otto cifre creati in mezzo secondo per mettere l'emoji della faccina che sghignazza di fianco all'invito a rosicare. Chi scriveva ci investiva tempo e limava con cura il suo template.
Ma c'era un piccolo problema, proprio nel template. I fottuto contatore. E poi Shinystat. Le statistiche. Il maledetto SEO. Le parole chiave. I primi tag. Il numero di commenti. Le visite giornaliere. Le visite mensili. Google Adsense. Non era un paradiso né un luogo virtuale tutto rose e fiori, ma tra i miei amici blogger (che ho perso di vista e di tastiera tutti, irreparabilmente) prendevamo in giro chi veniva lì a dirti: ehy, lo sai che sul blog di Beppe Grillo ho letto che si possono fare le telefonate gratis con Skype?
Ma certo che lo sappiamo! Noi siamo l'elite, sappiamo scrivere, articolare e pubblicare, siamo la minoranza che sta all'avanguardia del Paese! Figurati se abbiamo bisogno di un comico genovese che si ricicla dal carrello dei bolliti per sapere le cose...
Poi, come un meteorite per i dinosauri secondo una teoria ancora in voga, arrivò Facebook.
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