Self promotion (perché non so farla)
Purtroppo non sono mai riuscito ad entrare nell'ottica necessaria a sviluppare oggigiorno un gioco serio e con qualche possibilità riuscita nel mercato. Questo è derivato dalla mancanza di tempo, fede, competenza tecnica (d'altrone è solo un hobby) ma anche dall'incapacità di lavorare e autopromuovermi assieme. A ciò si aggiunga che ho sempre preferito creare da solo.
Lavorare e autopromuoversi vuol dire anche sviluppare un devlog, cioè un blog che parli dello sviluppo del gioco stesso. Forse la mia è superbia o mancanza di realismo ma quando mi metto a creare un videogame spero sempre che sia una cosa innovativa e geniale (anche quando il risultato finale lascerebbe credere il contrario) e, soprattutto, che la release sia basata anche un po' sull'effetto sorpresa.
E' del poeta il fin la maraviglia / chi non sa far stupir vada alla striglia!
Quando sviluppo il gioco, essendo un qualcosa per cui non percepisco (nè veromilmente percepirò) alcun denaro, vorrei anche un po' divertirmi io stesso. Il senso di curiosità che si genera dal non sapere dove il gioco che faccio andrà a parare è per me benzina essenziale nel generare il piacere e il divertimento connesso al gamedev. Sì, lo so, sono un viziato. Sono solo l'utente di un tool di sviluppo e non un creatore. Scelgo di ignorare che tutto quel che nella vita vale la pena fare ha un prezzo e costa sangue, sudore e lacrime.
Avete presente la scena. Una coppia di attori parla sorridente alla TV della commedia che hanno appena girato, di fronte ad un presentatore in brodo di giuggiole. Dopo il trailer accattivante, il presentatore dice: “Accidenti, sembra proprio un film divertente!” “E' vero!” dice l'attore-A “E ti dirò di più: ci siamo divertiti pure a girarlo!” “Già!” conferma con un sorriso a 88 denti l'attrice-B “Che risate sul set!” “Risate sul set?” commenti tu “Allora è senz'altro una stronzata autoreferenziale. L'arte non nasce mai dalla felicità! Guardate Kubrick: ha bullizzato la sua attrice perché recitasse meglio la parte in Shining!” “Sì, ma questa sarebbe una commedia, mica un thriller...” prova timidamente a difendersi l'attore-A. “E' uguale!” sbotti tu “Io pago e voi dovete quantomeno soffrire! O pensavate di non farlo pagare, il prezzo del biglietto?” E mogi mogi i due attori lasciano lo studio.
Per il videogioco, è un po' come per le altre opere dell'ingegno. Quanto più l'autore è in grado di scomparire, tanto più l'opera può dirsi riuscita. Quanto più la sua presenza appare ingombrante, tanto più l'opera sminuisce.
Sviluppare un videogioco bello implicherebbe l'avere un costante feedback con l'utente finale, il giocatore. Ascoltare le sue richieste, coglierne alcune e sì, cassarne altre, ma mai ignorare del tutto i suoi bisogni, i suoi desideri. Non ascoltare letteralmente tutto quello che dice ma sempre sforzarsi di interpretare i suoi intimi aneliti.
Invece io (e molti come me) tendo a diventare nascisista: aspiro a che il giocatore mi accetti per come sono, che apprezzi le mie arguzie, che tolleri che sia io e non lui quello sul piedistallo.
E' un errore. Se ritengo stucchevoli gli attori che si divertono sul set del loro film, perché devo aspettarmi che i giocatori non facciano lo stesso con me? Il giorno in cui riuscirò a creare un Patreon e a comunicare per filo e per segno i miei progressi e ad adottare, nel limite del ragionevole, tutti i suggerimenti... beh, forse quel giorno non lontano potrò creare un bel gioco. O almeno un gioco moderno secondo gli standard attuali. O almeno tirarci su due lire per la pizza.
Gippo for Comitato Yamashita