Vincenzo Salemme – Il teatro che mima la vita

Era da molto tempo che volevo fare un post su Vincenzo Salemme. Ora voi vi chiederete: perchè mai, nel mare magnum degli argomenti possibili, proprio Vincenzo Salemme? Il punto è che ci sono tanti post e articoli che riguardano, ad esempio, la situazione geopolitica dell'Ucraina o della Palestina ma pochi che riguardano Vincenzo Salemme.

L'accoppiata Boldi-De Sica è diventata proverbiale, quasi un fenomeno di costume. Il cinepanettone è il simbolo di un'epoca. Alcuni attori comici/brillanti assurgono agli onori delle copertine e della celebrità nazionale ed internazionale, ad esempio Roberto Benigni che ha vinto l'Oscar. Altri, più modestamente, hanno avuto il loro momento di gloria, la loro fiammata di celebrità, tipo Pieraccioni. C'è però chi non ha raggiunto particolari vette ma si è dimostrato nel tempo un affidabile professionista, dotato di una sua caratterizzazione senza tuttavia essere un caratterista nè una spalla. Insomma, fare un post su Vincenzo Salemme è d'uopo.

Vincenzo Salemme

Cosa dire di Salemme? Innanzitutto che è napoletano e, come tutti i napoletani, c'è attorno a lui una sorta di mistero, almeno nella sua fase iniziale. Cioè, vi spiego, ad un certo punto si dice: ecco a voi il nuovo film di Tal Ciro Vattelappesca, come se tutti noi dovessimo conoscere Tal Ciro Vattelappesca, e invece lo conoscono solo i napoletani ma lo conoscono bene, difatti non può essere spacciato per un esordiente ma deve essere nominato come uno che bazzica il mondo dello spettacolo già da tempo. Solo che, avendo avuto solo un successo di nicchia, che la nicchia sia il teatro o la stessa Napoli con la sterminata massa di napoletani al seguito, può capitare che noi, non napoletani, non lo conosciamo. Ciò avvenne, nel mio caso relativo a Salemme, negli anni 90 con il film “L'amico del cuore” con Eva Herzigova nel ruolo della bonona di richiamo e Carlo Buccirosso nei panni della vittima designata. Sì, in questo film Buccirosso è vittima, perchè Salemme non è un Fantozzi, Salemme è sempre un po' un guappo, un po' persecutore ma in fondo in fondo col cuore buono. A volte però la sua cifra comica lo porta pure nei panni della vittima, facendo da controcanto alle follie delle varie e buffe spalle artistiche con la voce del suo stupito e comico buonsenso.

Salemme bisserà il successo con “Amore a prima vista”, da lui diretto e interpretato, in cui si narra la storia di un virile boss camorrista napoletano che, a seguito di un intervento agli occhi in cui gli si impiantavano le cornee di una donna, finsce con l'invaghirsi dell'uomo cui la donna era innamorata quando era in vita, il quale, ironia della sorte, appartiene alle forze dell'ordine. Se guardate questo film, trovate un elemento comune a quasi tutte le opere di Salemme, elemento che viene dal suo background teatrale: la presenza di una cricca, di un cast di caratteristi, napoletani anch'essi, che poi hanno saputo farsi valere con alterne fortune (ma tutti discretamente) in successivi film della commedia italiana: il solito Carlo Buccirosso in primis ma anche Maurizio Casagrande e Biagio Izzo (che forse non viene dalla cricca specifica di Salemme, comunque è presente nel film).

Salemme è un comico verboso e logorroico, specie nella scrittura delle sceneggiature, e, se nei primi lungometraggi si trattiene un poco, in quelli successivi dà sfogo a tutta la sua verve teatrale, gigioneggiando ed esagerando. Il risultato paradossalmente non è di farlo risultare antipatico ma di produrre una esperienza soporifera. Esperienza che tocca il culmine in “E fuori nevica”, tratto (appunto) da un'opera teatrale. In questo film si vede chiaramente come cinema e teatro hanno linguaggi diversi e, per certi versi, difficilmente amalgamabili a livello di dinamica narrativa. Perfino commedie di ritmo, pur se tratte da opere teatrali, tipo “Una festa esagerata” risultano troppo verbose, troppo parlate. L'amore per il teatro di Salemme sarà difatti sempre la sua dannazione e la sua benedizione.

Dicevamo della sua cricca e in particolare di Buccirosso. Quest'ultimo si rivelerà, a differenza di Salemme, particolarmente adatto ai ritmi cinematografici, cominciando una lunga e proficua collaborazione con i Vanzina. Lo ricordo in particolare in “In questo mondo di ladri” (ci sarà anche Biagio Izzo) dove saprà esprimere perfettamente la sua comicità di vittima, allo stesso modo saprà destreggiarsi bene nella stessa parte in “Febbre da cavallo 2 – La Mandrakata” mentre in altre commedie vanziniane saprà anche essere “vittima con sussulti di orgoglio e furberia” tipo in “Vip” del 2008 dove broccola addirittura Alena Seredova.

E Salemme? Inizialmente non entrerà subito nell'universo vanziniano. L'occasione verrà con il clamoroso divorzio tra Boldi e De Sica. Mentre quest'ultimo resterà stabile alla corte del regista Neri Parenti, Boldi proverà a ricostituire una coppia di successo con “Olè”, sempre dei fratelli Vanzina, dove il ruolo di “persecutore” di De Sica verrà raccolto proprio da Salemme. Sarà una scelta azzeccata e Salemme funzionerà meglio dello stesso Boldi, pur se resterà ancora un po' troppa verbosità nella sua recitazione ma il nostro farà comunque apprezzabili salti mortali di virtuosismo per far passare indenne una sceneggiatura abbastanza “cringe”: ricordo con raccapriccio una gag con le parole spagnole terminanti in “acho” e con più affetto la battuta “Che macchina è, una Panda? Sì, p'andà a casa!”. Dopo quell'esordio vanziniano Salemme prenderà sempre più piede e stabilità nelle commedie vanziniane, ad esempio “Mai stati uniti”, “Ex – Amici come prima!” e “Che bella giornata”. Ho avuto come l'impressione che lo stesso Salemme, complici i suoi risultati via via più modesti al botteghino in qualità di regista/autore, si sia progressivamente ritirato nella dimensione dei Vanzina dove però è stato protagonista, al punto che avrà l'onore di recitare nell'ultimo film del regista Carlo, “Caccia al tesoro”, che, nonostante la ben nota romanità dei fratelli, è ambientato a Napoli ed è un commosso omaggio alla città e al teatro. Salemme inoltre, pur nella comicità cinematografica romana dei fratelli Vanzina, non rinuncerà mai alla sua cifra teatrale, tanto che, un po' come Pozzetto che aveva fra i suoi tormentoni “Basta violenza negli stadi!” (quando le buscava), allo stesso modo Salemme commenterà ripetutamente, di fronte ad una scena dal sapore melodrammatico della sceneggiata, il suo motto: “Il teatro che mima la vita!”. Sì, perchè Salemme ha innata questa tendenza dell'attore teatrale che, ad un certo punto, esce dal personaggio e si rivolge direttamente al pubblico, chiosando per lui le vicende e ringraziandolo. Ci sarebbe da accennare a qualche altra cosa di Salemme, tipo alcune sue macchiette (“Ettore o non Ettore?”) o alla sua partecipazione televisiva in veste di Giurato a “Tale e quale show”, però tutto sommato credo di aver colto abbastanza, in queste poche righe, del suo personaggio. Non sono un grande frequentatore di teatri ma apprezzo molto la sua carriera, la sua dimensione artistica, la sua coerenza. E in conclusione, con un inchino, ringrazio quanti hanno avuto la pazienza di restare a leggere sinora, questo pubblico di cui sono servitore umilissimo, umilissimo! Ma, lasciatemelo dire, di gran classe!

P. S.: bonus speciale a chi coglie la citazione finale anni 80.

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