Privacy – 01

Questa è la prima parte di una serie di articoli che dedico al tema della privacy online. Non vuole essere una vera e propria guida, ma una sorta di introduzione al tema della privacy. Non sono un esperto, tanto meno un programmatore, ma leggo di questi argomenti da anni e mi rendo conto che per moltissime persone sono questioni totalmente oscure. Eppure sono temi importanti, che possono incidere pesantemente sulla vita di tante persone e sulla democrazia. Il tentativo è quindi quello di introdurre in maniera semplice a concetti che forse possono apparire astrusi, ma sono purtroppo concretissimi. Insomma cerco di divulgare il tema, non di scrivere nulla di nuovo per chi già sa.

Come prima cosa vorrei fare chiarezza sul significato di due parole, in modo da rendere chiara la differenza, giacché è più marcata online rispetto all’uso comune e tornerà utile. Le due parole sono : privacy (riservatezza) e anonimato. I due concetti sono talvolta usati in modo intercambiabile nella vita di tutti i giorni ma, sebbene possano avere elementi in comune (o essere usati congiuntamente online) , non è corretto usarli come sinonimi.

Privacy : è la possibilità di tener per sé (nascosti agli altri) alcuni fatti. Mi perdonerete se l’esempio più banale, ma calzante, che mi viene in mente è che quando vado in bagno chiudo la porta a chiave. Non certo perché voglio organizzare attività criminali nella toilette, ma perché semplicemente ho diritto ad avere, appunto, la mia privacy: che nessuno mi veda.

Anonimato : quando invece voglio che si veda cosa faccio, ma non si veda che sono io a farlo. Si vede chiaramente un’azione compiuta, ma non chi la compie. Ad esempio potrei voler diffondere fra quante più persone possibile un documento che svela pratiche illecite svolte nella megaditta dove lavoro, ma non voglio che si sappia che sono stato io a diffonderlo, per proteggermi da eventuali ritorsioni. E’ il tipico scenario di un whistleblower (informatore, anonimo appunto).

Nel primo caso (privacy) non mi interessa nascondere il fatto che io entro in bagno, voglio nascondere cosa faccio nel bagno. Quel che faccio, e non la mia identità, deve rimanere segreto. Nel secondo caso (anonimato) si vede chiaramente la mia azione , ma non voglio in nessun modo che si sappia che sono io l’autore di tale azione. La mia identità, non quanto faccio, deve rimanere segreta. Entrambi i concetti sono importanti, sia nella nostra vita privata che nella nostra vita pubblica. Senza queste possibilità la vita diventa meno semplice. E, in particolar modo, può diventare più complicata la vita della società civile. Ad esempio in frangenti in cui la società preme per rimuovere un preconcetto diffuso, far cambiare una legge o modificare un comportamento del governo, privacy ed anonimato sono due strumenti che potrebbero esser utili sia a singoli che ad associazioni civili e/o politiche per lavorare al cambiamento desiderato. Naturalmente privacy ed anonimato possono essere usati anche per compiere attività illecite purtroppo. Esattamente come un cacciavite può essere usato per avvitare qualcosa o far del male a qualcuno. Di per sé privacy e anonimato sono due “strumenti”, due possibilità : a mio avviso è l’uso che se ne fa a determinare un giudizio etico, non la loro stessa possibilità. E, sempre a mio avviso, spetta alla legge rendere illegale un uso illecito di tali strumenti, senza per questo demonizzarli e precluderli a priori. Sarebbe come vietare la vendita di cacciavite, perché qualcuno potrebbe usarlo impropriamente come arma. Ad oggi i principali Governi nel mondo, specialmente regimi e dittature, ma purtroppo anche democrazie moderne e compiute , vogliono svuotare di significato questi strumenti per i comuni cittadini / utenti della rete (Netizens, per dirlo in inglese). I regimi in maniera più evidente e totale, le democrazie con più tatto, in gradazioni diverse a seconda del Paese, introducendo leggi che puntano, passo passo, con maggiore o minore gradualità, in quella direzione. Vogliono un controllo sempre più ampio sui propri cittadini, specialmente online. Forse ritenendo che un ampio controllo sia necessario su cittadini che hanno accesso a strumenti di comunicazione sofisticati. E’ pur vero che i Governi hanno sempre esercitato un certo controllo sui media, sull’informazione, anche laddove le libertà di stampa e di espressione sono protette costituzionalmente, ma con internet la vita di chi vuole esercitare un controllo è decisamente meno facile. Da qui i tentativi di limitare sempre più privacy ed anonimato indistintamente per tutti. Vi è poi la questione delle grandi imprese di internet, come Google, Facebook e altri colossi del marketing online, che, forse, non hanno obiettivi politici e di controllo, ma sicuramente sono interessati ai nostri dati per poterne trarre profitto con operazioni di marketing mirato, o addirittura influenzando le nostre intenzioni di consumo. La “minaccia” principale che ho in mente scrivendo è quella dell’esser bersaglio di politiche di marketing mirate. Perchè non soltanto è fastidioso, ma rimane pur sempre un accumulare dati su dati che mi riguardano e sui quali non ho quasi nessun controllo. A chi vada il diritto d’uso di questi dati, anche piuttosto pervasivi, su di me, non mi è dato saperlo. Inoltre come sono custoditi questi dati ? Hacker e malintenzionati ne resteranno sempre lontani ? Saranno ceduti a organizzazioni, anche governative, per usi diversi da quelli commerciali ? In alcuni casi, particolarmente in UE, è possibile richiederne la cancellazione, ma non è detto che sia sempre praticabile e non abbiamo prova che siano realmente cancellati. I dati online sono semplici da conservare, e per chi abbia mezzi ingenti, anche semplici da nascondere.

Fine parte 01 – segue

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