Scrivere qualcosa di inutile, purché si scriva

Non c'è nessun'altra motivazione per scrivere questo post se non la necessità di scrivere qualcosa, qualsiasi cosa. Voglio ritornare alla libertà e al desiderio di riempire pagine bianche che avevo quasi venti anni fa, ai tempi dei miei primi blog, quando scrivevo pur sapendo che nessuno leggeva. La scrittura è veramente pura e si modella secondo i confini della propria anima quando la mettiamo in atto unicamente per noi stessi, pur lasciando aperta la possibilità che qualcuno legga. È con questo spirito che ho riempito fin da ragazzo pagine e pagine di diari; è con quest'intenzione che nei miei primi blog riuscivo a forgiare le frasi modellandole secondo le mie più intime vibrazioni. Non mancava inoltre una comunicazione profonda con altre persone, anche se pochissime. I social network hanno radicalmente inquinato questo spirito e la nostra intera vita, intossicandoci con un sovraccarico psichico che ha determinato in ultima istanza una paralisi comunicativa. Nella frenesia di trovare un pubblico e di interagire sempre più velocemente abbiamo perso noi stessi: più ampliavamo la nostre cerchia di contatti, più il cerchio della nostra vita interiore si stringeva fino a soffocare la fonte stessa del nostro spirito. Per questo motivo avevo bisogno di uno spazio completamente neutro, come un foglio bianco, privo di distrazioni e iper-stimoli. Si tratta di una forma di metaforico esilio da un mondo oramai malato, una fuga che ogni giorno che passa sento sempre più necessaria, anche se devo combattere per capirne di volta in volta i confini.

Il tempo è scaduto, devo uscire, ma non importa. Ho scritto qualcosa, ho rotto il silenzio, ho cullato il mio bisogno di esserci pur non essendoci. Ho scritto nel poco tempo che mi era concesso stasera un qualcosa di inutile e che nessuno o quasi leggerà, ma che per me ha grande importanza.