Una manna complottista.

Credo di aver attraversato o scoperto molte fasi del lutto attraverso un nuovo rapporto con un genitore complottista.

Due animali che combattono, via Unsplash

La prima è stata indubbiamente quella dello scontro, com'è possibile che tu non sia capace di argomentare quello che dici, o di mantenere il filo del discorso su un'unica direzione. Io ti do informazioni importanti ed urgenti, frutto di selezione da fonti molto diverse (da quelle che leggi tu) e compio il mio dovere di genitore nel farti riflettere.

Lo scontro si è caratterizzato da fasi diverse, ma molto simili. La prima è stata quella di muro contro muro: ho ragione io, no ho ragione io. La conclusione di questa fase era quella dell'acuirsi dello scontro, con nuovi argomenti e con nuovi pubblici alla volta successiva. La seconda, ugualmente fallimentare, è stata quella di provare a disinnescare lo scontro, mostrandone le evidenti fallacie logiche. Se le premesse di un argomento non sono valide, così non sarà la conclusione. Allo stesso modo, lo studio dell'oratoria fa capire che ci sono moltissime logiche deduzioni che non si basano su nessun'evidenza (l'estremizzazione, l'assunzione di non detti, ecc. ) Il vantaggio della seconda era quello di far vedere agli altri partecipanti quanto fossi arguto, ma ai fini del dialogo assolutamente inutile. Anche perché il genitore, convintosi che il dialogo fosse di interesse anche per qualcun altro, inondava le chat di gruppo con argomentazioni futili.

L'accettazione del fatto che si stava rovinando il rapporto mi portava a provare a parlare di altro, in particolare c'era ancora qualche argomento il cui discorso era decoroso e sicuro. Ma i conflitti irrisolti, e i rinforzi positivi al parlare di complotti, rovinavano tutto. Accetto quindi che il rapporto si stesse logorando era fortemente logorante. Di qui la ripetuta discussione anche con altri. “ Mah, sì, sai com è fatt*”

La terza fase, quella nuova di ieri, è stata la seguente. Immagino che tu (genitore) stia invecchiando, e abbia quindi paura di essere sempre più irrilevante. Non sono più dipendente da te, siamo interdipendenti (questa frase l'ho presa da una psicologa con cui sto lavorando) e questa interdipendenza è per te una cosa nuova. Tu mi hai detto che ovviamente volevi parlare di cose rilevanti, io ti ho detto che questo non lo è così tanto e si sta mangiando tutto. Perché non solo non è urgente, ma il modo con cui lo porti avanti è anche insultante.

Perché, nel momento in cui mi parli di qualcosa, e hai stima della mia intelligenza, devi poter permettere a me di fare gli stessi passaggi logici necessari a capire quel ragionamento (o le sue basi). Altrimenti o dici una cosa superficiale, o mi prendi per stupido. E il valore di quello che dici è nullo.

Da allora l'ultima conversazione è andata bene. Sull'inflazione, sul fatto che Fusaro non sia Marxista, sull'UE. Molto carina, quasi cute