Anna e Marco (2)

colonna sonora del secondo episodio: Deep Purple, Perfect Strangers

Insomma, la storia è questa. C’è questo tizio, Marco, grossomodo mio coetaneo, di vista ci conosciamo dai tempi della scuola, ma l’amicizia è saltata fuori molto dopo, forse perché all’epoca bazzicavamo giri diversi. Lui pure ha mantenuto una certa aria di maledettismo d’antan, il che ci rende in qualche modo affini. Anzi: suona la chitarra, e io, accidenti, non ho mai imparato, quindi lo invidio tantissimo. Ha pure una sua band, più o meno dai tempi del liceo, non voglio dire longeva come gli Stones, ma ci provano. D’estate fanno qualche data nei locali della zona, e hanno pure il loro fedele seguito di fan altrettanto stagionati. Anche lui indossa braccialetti di cuoio e perline ai polsi, in più alle dita sfoggia una notevole collezione di grossi, improbabili anelli metallici stile rocker: e non dimentichiamo l’orecchino d’ordinanza, il capello un po’ incolto, e qualche tatuaggio strategico. Secondo copione, fa il personaggio su facebook, e ha il suo nutrito seguito locale. È un affabulatore di razza, lo ammetto. Se, dopotutto, io sono una donna simpatica, lui lo è altrettanto, anzi di più. Avere una band aiuta, ovvio. Ma di mestiere fa il commercialista, figurarsi, ha famiglia, due figlioli, tre gatti (uno più di me!), un cane e una graziosa villetta a schiera a due piani più tavernetta e giardino. Come ci si poteva aspettare, ci si mette di mezzo appunto il dannato facebook, oramai il social degli anziani, e scopriamo di avere un mucchio di roba in comune: a parte la divisa da incrollabili ragazzi anni Settanta, (giovani dentro, ma boomer loro malgrado), musica, film, romanzi, persino le preferenze politiche per quel che valgono oggi, e paccottiglia varia.

Taglio corto: Marco annusa l’occasione e monta la trappola. Mica è uno rozzo. Procede a piccoli passi, lenti e misurati. Ci scambiamo pubblicamente like, cuoricini, sticker, meme. E quando siamo in vena persino qualche commento intelligente. Poi passiamo ai messaggi in privato, ma per il momento sono ispirati ad un sano cameratismo senza sottintesi, niente di compromettente: più che altro prendiamo per il culo i nostri comuni conoscenti. Facciamo un po’ i bulli, i politicamente scorretti, beninteso in segreto. Si parla male di questo o di quello, si fa un po’ di gossip, a volte attuale, a volte storico, per così dire, qualche frecciata salace, qualche aneddoto di quelli maliziosi, quelli che animano di solito la pigra routine sessualmente repressa della provincia. Mi mette al corrente, chi va a letto con chi, chi lascia, chi tiene e chi perdona, chi piange e chi ride, e io ne sono ben contenta: fra gatte e lavoro, avevo un po’ smarrito il polso della situazione, ma la mia antica vocazione al pettegolezzo riemerge in tutto il suo splendore. Ci facciamo insieme sane risate notturne alle spalle degli altri, per quanto online, fino alle ore piccole.

Si va avanti così per qualche settimana. Per me è solo un amico, intendiamoci, un caro amico recuperato da un passato remoto nel quale ci eravamo incrociati abbastanza distrattamente. Vado pure a vedere qualche concerto della sua band, mi bevo uno spritz in compagnia, incontro un po’ di gente, compresa la sua compagna che, a dirla tutta, è molto molto più appetibile della sottoscritta. Per cui non temo, non mi viene nemmeno in mente. Io non sono granché, mi vesto male, mi curo poco: sono una donna simpatica, l’ho detto, ma la seduzione non so nemmeno dove sta. Mai saputo. Non sono stupida, lo so che lui è un piacione, uno sciupafemmine, ma proprio non mi accorgo di essere nel mirino.

«Faccio un gruppo facebook dedicato alla musica, ci stai ad amministrarlo con me?» Dio santo, sì, grazie per la stima, sarò all’altezza? E avanti così. (continua)

https://www.youtube.com/watch?v=gZ_kez7WVUU