Anna e Marco (5)

(colonna sonora del quinto episodio: La Rappresentante di Lista, Religiosamente)

Un giorno, due, tre… Che si deve fare in questi casi? Lo interpreto come un ultimatum. «Lo sai cosa voglio, sono settimane che te lo ripeto, o ci stai o no. Basta pregare» Ecco cosa vuol dire, quel silenzio. La prossima mossa deve essere la mia. O sì, o no.

E che cosa si fa in questi casi? Nelle mie notti nuovamente solitarie, senza nemmeno il diversivo di quell’insistenza un po’ scollacciata, fisso perplessa lo sguardo enigmatico delle mie gatte e so già che cosa farò io: niente, assolutamente niente. La faccenda è evaporata prima di cominciare, si è esaurita nei miei «ni», si è spenta, è andata, finita, morta. E spero bene che Marco abbia cancellato la nostra chat, Dio non voglia che certi scambi maliziosi capitino sotto gli occhi della sua compagna. Sono troppo pigra, distratta e sì, vigliacca, per ficcarmi nei gossip locali non più come pubblico curioso ma direttamente sul palco, come riottosa protagonista. Mi dico che va bene così, avverto giusto una lievissima fitta di rimpianto per la botta di vita al limite della terza età che mi sono negata, ma poi mi ripeto che, insomma, la dignità non ha prezzo e va bene così. Potevamo essere buoni amici, Marco ha preteso di più (ma perché?), io quel di più non lo potevo concedere per un mucchio di buone ragioni (sì, ma quali?) e allora ciao, ognuno nella sua bolla e va bene così. Almeno credo.

In realtà mi do persino la colpa. Forse lui era innamorato, almeno un po’, e io, con tutte le mie esitazioni da verginella attempata, l’ho allontanato…Quella stessa nostalgia per qualcosa che poteva essere e non è stato, forse, forse, la prova anche lui. Forse, forse, sono stata stronza. Avrei potuto concedere un’occasione a questa smania che sento, e magari il tempo si sarebbe fermato, per il tempo di un amplesso sudato, dove per poco il mio corpo così difettoso, così imperfetto, in definitiva così umano, avrebbe lasciato il posto ad una giovinezza ritrovata, al godimento di un attimo, all’orgasmo di una vita che, per quanto invecchiata, ancora fa sentire la sua ansia, le sue pulsioni, le ragioni invincibili della passione, della voglia di essere riconosciuta, desiderata, amata.

Che male ci sarebbe stato, in fondo? Me lo ripeto ancora, e ancora, e ancora.

E mi ripeto anche: «Cretina cretina cretina, te lo sei lasciato scappare». O magari no, sarei sempre in tempo. Ma non ce la faccio a prendere il cellulare in mano, a riallacciare il filo, a dire «Eccomi, ci sono, ci sto, dammi quello che puoi, di quello che non puoi farò a meno, tutto il resto non conta, sono stufa di sentirmi come un moccolo di candela che si spenge, va bene il rock, ve bene la droga, va bene soprattutto il sesso, scopami fino a farmi piangere, poi cancella il mio contatto, bloccami, dimenticami, comunque non ti scoccerò, ma saremo stati vivi insieme per una notte, questa fiamma avrà brillato e sarà sufficiente per scaldare gli inverni che arriveranno…».

E mentre sono in piena tempesta elegiaca, arriva la telefonata.

La Rappresentante di Lista, Religiosamente.

Anna e Marco (6)

(Colonna sonora del sesto episodio: Python Lee Jackson ft. Rod Stewart, In a Broken Dream)

Non quella che aspettavo, quella che mi avrebbe dovuto riscattare per un breve momento dalla minaccia truce del tempo che passa, non la redenzione provvisoria dalla tetra vecchiaia, la chiamata alla quale, alla fine, avrei risposto di sì: ma un lungo, lamentoso, sconclusionato sfogo di una comune amica. Si chiama Amelia, anche lei è una ragazza non più ragazza, uno sguardo ansioso di animaletto in cerca di casa. Ha un compagno, mi pare, ma si sa che in queste storielle di provincia dettagli del genere contano poco. Ha bisogno di parlare con qualcuno, posso ascoltarla? Ma certo, ci mancherebbe. Mi racconta allora, e piuttosto confusamente, un’intricata vicenda di messaggi, telefonate, e poi incontri più o meno bollenti, iniziata non capisco bene come. Di «buongiorno» con il bacio e «buonanotte» con il cuore, di conversazioni notturne sempre più frequenti e intime, di richieste insistenti, di esitazioni via via sempre meno ferme, e poi… «E poi, che ti devo dire, gliel’ho data…in poche parole è andata così».

Allibisco, ma non faccio una piega. Mi limito a chiedere conferma. «Scusa, ma di chi stiamo parlando? Di Marco?» Ecco sì, appunto. Faccio un conto veloce, la relazione fra Amelia e Marco più o meno è stata contemporanea all’appassionato corteggiamento verso la sottoscritta. E lo schema è stato lo stesso. Solo che io ci ho filosofeggiato sopra, Amelia non ha atteso. C’è stata, come si dice, e dopo due o tre amplessi furiosi, lui si è eclissato. La mia amica, insomma, ha avuto il coraggio, o l’incoscienza, di buttarsi. Atterrando, pare, in uno spinosissimo ginepraio di chiacchiere paesane e miserabili vanterie («Non mi lascia stare, mi rompe i coglioni, si è messa in testa di essere innamorata e invece è stata una scopata e via…»), costretta ad allontanarsi, a giustificarsi preventivamente con il compagno, beatamente ignaro, casomai qualcosa gli fosse giunto all’orecchio, e poi a rompere i rapporti anche sui social e poi e poi e poi… E ora mi chiede consiglio, in qualche modo si è rifatto vivo (più o meno quando ha interrotto gli scambi con me, ma su questo, ovviamente, sorvolo) con qualche insulso pretesto, capisco che è stata nuovamente tentata, però lui è ambiguo, c’è appena stato uno scambio strano, lei gli ha mandato il buongiorno come accade già da un po’, lui gli ha risposto con la faccina che ride, lei si è arrabbiata, ha letto tutto un sottotesto strano, indifferenza, fastidio etc etc in quella emoji del cazzo, che deve fare, lo chiede a me, che sono così saggia, così buona, visto che conosco tutti e due…

Mi scappa da ridere, lo confesso, ma la mia voce non ha tremiti. Le consiglio di lasciarlo perdere, ma so già che non mi darà retta. È troppo occupata dall’esegesi delle faccine, quando, Dio santo, non c’è proprio nulla da capire… ma lei capirà comunque quel che vuole capire. Con lei taccio ovviamente su quel che mi riguarda, ma, mentre fornisco la mia rassicurante, consolatoria consulenza, le rotelline del mio cervello girano veloci. Io, Amelia… e quante altre? Si butta la rete, qualche pesce abboccherà. Ecco come funziona, e santo cielo, dovrei pure saperlo, non ho mica dodici anni. Essere stata considerata un pesce pronto ad essere preso all’amo non è che mi lusinghi, ma che devo pensare? benedetta la mia irresolutezza, qualche santo mi ha tenuto lontana dal disastro. Perché sarebbe stato un disastro, come quello nel quale Amelia è ancora pateticamente invischiata, lo so bene.

Cazzo, è tardi per queste stronzate. Avrei dovuto saperlo.

Rod Stewart with David Gilmour, In a Broken Dream