LA SCHIZOFRENIA DELLA FABBRICA Antonio Catalfamo
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai [numero monografico n. 730, maggio 2008]
Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Dopo vari impieghi nel settore alberghiero e come benzinaio, ha lavorato per ben trentuno anni alla micidiale catena di montaggio della Fiat Mirafiori, a Torino.
Poeta autodidatta, “mail artista” e studioso di astrologia, vive tuttora nella capitale italiana dell'automobile. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Il dio-boomerang (1978); Frammenti dell'immagine spezzata (1981); Di nuovo l'utopia (1984); Delta & grido (1988); Idolatria di un'assenza (1994); Fuoco dipinto (2002); La difficile luce (2005); Il sentire celeste (in e-book, 2006); Dentro una sospensione (2007).
I versi di Serino sono costruiti, non a caso, attraverso la tecnica del monologo interiore, che, spinto all'estremo, sconfina nel flusso di coscienza: i pensieri vengono riprodotti su carta così come affluiscono alla mente, saltando i nessi grammaticali, logici e cronologici.
Il poeta vuole rappresentarli in presa diretta, senza mediazione alcuna, per rendere palpabile al lettore la condizione psicologica alienata dell'operaio.
Così salta anche la punteggiatura, i piani narrativi si intrecciano, il “prima” si fonde col “poi”.
Non esiste un “tempo di fabbrica” e un “tempo di libertà”, separati l'uno dall'altro. Anche quando l'operaio è a casa con la famiglia, a letto con la moglie, nell'intimità dell'amplesso, nella dimensione ludica del rapporto affettivo con la figlioletta, la fabbrica è sempre presente, nel pensiero, con i suoi rumori, i suoi ritmi, le sue ansie ed i suoi pericoli.
Pure il verso prende un ritmo incessante, come quello della catena di montaggio. Solo qualche enjambement consente una pausa, poi il macchinario continua a girare, costringendo l'operaio ad inseguirlo, ad adeguare i propri tempi a quelli del mostro tecnologico.
E' questa la “qualità totale” di cui tanto si parla. L'impresa impone la propria centralità, precludendo ogni spazio esistenziale privato all'operaio, assumendo una funzione totalizzante.
Si noti, inoltre, il clima di angoscia incessante, che domina i versi di Serino.
Le immagini degli omicidi bianchi, le morti violente, che si susseguono in fabbrica, come lampi al magnesio, esplodono nella sua mente, impedendogli una vita “normale”; rimangono impigliati nei meccanismi della macchina e ossessionano il poeta in ogni momento del suo ciclo vitale, che ne risulta irrimediabilmente alterato.
Su tutto (sentimenti, valori) domina il plusvalore, che Taylor diceva furbescamente di voler ridurre in un cantuccio. La produzione, secondo lui, avrebbe raggiunto vette così alte che il problema della distribuzione del plusvalore sarebbe diventato marginale.
Ma nei decenni il Pil (Prodotto interno lordo) è aumentato progressivamente, senza che ciò contribuisse ad eliminare l'alienazione del lavoratore.
Come osserva giustamente Serino, l'operaio, anzi, resta impigliato in un nuovo ciclo alienante, “produci-consuma-produci”, diventa vittima sacrificale per un nuovo “dio-mammona”, “pedina in massacri calcolati”.
Traspare dalle poesie del Nostro (sin dai titolo delle raccolte: Il dio-boomerang; e poi nelle immagini bibliche ricorrenti: l'operaio come Cristo crocifisso, le presenze diaboliche che affiorano qua e là) una religiosità violata, tradita da un ordine sociale cinico, che calpesta persino le leggi di natura, i principi evangelici.
Antonio Catalfamo
Da: IL CALENDARIO DEL POPOLO – Poeti operai
[numero monografico n. 730, maggio 2008]
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PROLETARI
1
distinzioni di classi
niente di nuovo la storia si ripete
noi pendolari voi vampiri
dell'industria che evadete il fisco
(imboscando capitali sindona insegna)
ed esponete le chiappe al solleone
sulla costa azzurra o smeralda
(lontani dal nostro morire –
in città-vortice sangue solare
innalziamo piramidi umane
per l'alba di mammona)
dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo
(burattinai per vocazione
di questa babele tecnocratica)
averci diseredati crocifissi
con bulloni a catene di montaggio
2
cieche corse cronometriche
cottimi barattati con la salute
pensieri accartocciati desideri
condannati a morte
uccidi la tua anima per otto ore
sventola la tua bandiera-di-carne
produci-consuma-produci
per il dio-mammona per il benessere (di chi?!)
sei bestia per il giogo del potere
pedina in massacri calcolati
SPIRALE
metti la caffettiera sul gas
il tempo di fare l'amore
la casa un'isola nella nebbia
di ieri nella testa il grido dell'officina
non ti avanza tempo per buttare su carta
quattro versi che ti frullano nel cervello
la bimba vuol passare nel lettone sorridi
per il polistirolo ritrovatosi in bocca
con la torta ieri il suo compleanno
trepiderai ancora una volta al ritorno
davanti alla cassetta delle lettere
e la moglie a dire qui facciamo i salti
mortali per quadrare il bilancio
il borbottìo del caffè ti alzi
esci e penetri il muro di nebbia
nella testa il grido stridulo d'officina
a cui impigliati restano brandelli
d'anima e carne
d'un'altra settimana di passione
stasera deporrai la croce
LINEA DI MONTAGGIO
lo hanno visto inginocchiarsi
davanti alla centoventesima vettura: come se
volesse specchiarvisi o adorare
il dio-macchina:
46 anni: infarto – parole
di circostanza chi deve informare la
famiglia – l'attimo
di sconcerto poi li risucchia il ritmo
vorticante: come se nulla
sia accaduto: la produzione
innanzitutto
MORTE BIANCA
al paese (le donne avvolte
in scialli si segnano ai lampi)
hanno saputo di stefano volato
dall'impalcatura come angelo senz'ali
– non venire a mettere radici – scriveva al fratello
minore – qui anche tu nella
città di ciminiere e acciaio: qui dove
mangio pane e rabbia: dove si vive
in mano a volontà cieche
UOMO TECNOLOGICO
parabole di carne convertite in
plusvalore – l'anima canta nell'acciaio – pensieri
decapitati al dileguarsi di essenze: vuota
occhiaia del giorno dilatato:
coscienza che si lacera all'infinito
L'ANIMA TESA SUL GRIDO
l'anima tesa sul grido
dopo otto ore alla catena
neanche la voglia di parlare
davanti alla tivù-caminetto
e morfeo ti apre le braccia
(impigliàti nello stridìo
della macchina
brandelli di coscienza)
domani ancora una pena
l'anima tesa sul grido
del giorno
in spirali di alienazione
OLOCAUSTO
immolato al moloch del consumo
deponi la croce delle otto ore lasciando
brandelli di anima lungo la catena
biascichi parole di fumo prima del sonno e sogni
strappare alla vita il sorriso ammanettato
dal giorno tieni in vita la tua morte tra vortici
dell'essere e trucioli d'acciaio rovente ti farà
fuori una overdose di nevrosi-solitudine
cuore-senza-paese immolato al moloch
dei consumi il sangue vorticante nella babele di
pacifici massacri offerta quotidiana
[Le poesie di quegli anni 80, sono servite se non altro alla mia crescita.]
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