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RECENSIONE DI RENZO MONTAGNOLI A “SOPRA IL SENSO DELLE COSE”

Sopra il senso delle cose

di Felice Serino

Libreria Editrice Urso

Poesia

Pagg. 56

ISBN 9788869543463

Prezzo Euro 10,00

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Esperienza e creatività

Sopra il senso delle cose è un'altra silloge che si aggiunge alla già corposa produzione poetica di Felice Serino a cui di certo non mancano né l'esperienza né la creatività che con il passare degli anni si sono fatte più mature, pur restando la tipicità dell'autore di trasporre la realtà in una visione onirica, che ben si presta a essere espressa in versi, come nel caso di Sopra il senso delle cose, poesia che dà il titolo all'intera raccolta ( chi può conoscere / meglio della terra i morti / l'inverno col suo bianco manto / il silenzio copre e il loro cuore / oltre orizzonti di palpiti / vegliando aleggia / il mistero / sopra il respiro dei vivi / sopra il senso delle cose / come un sole freddo ).

Come sempre Serino tende a sublimare la parola, così che la stessa non è solo parte di un discorso, ma diventa autonomamente mezzo di espressione, frutto di una ricerca per nulla semplice, ma dai risultati di notevole effetto, e ciò nonostante predomini un certo ermetismo, peraltro di non difficile interpretazione ( di sguardi è il sogno o polvere / della nostra creazione noi polvere / del sogno noi sogno di Dio / tra intermittenze / di fòsfeni veleggia / l' “occhio” per inesplorati lidi ).

Ogni tanto il tema ripercorre il passato, sempre più presente mano a mano che aumenta l'età, ma non c'è rimpianto, se non la semplice constatazione che ogni epoca ha le sue caratteristiche e che la vecchiaia è fatta di ricordi che appaiono luminosi nella nebbia del tempo trascorso ( Mare d'erba – con l' avanzare degli anni / riduci sempre più il percorso / delle tue camminate / giungerà il momento / di affacciarti solo sull' uscio / o dalla finestra vedere l' immensa / distesa di verde e nello / stravedere la scambierai per quel mare / che ti vide nascere / -ti brilleranno gli occhi andando / col pensiero alla fanciullezza gaia / ora quella luce è fuggita / lascerai / impregnato quel mare d'erba / di amori e pene ed eterei voli ).

Sarà per la mia non più verde età ma resta il fatto che sono in sintonia con quanto esprime Felice Serino e quindi il mio giudizio ampiamente positivo ne è influenzato; tuttavia, anche leggendo e analizzando asetticamente le poesie che compongono questa raccolta non si può fare a meno di rilevare le felici scelte espressive, lo svolgimento armonico delle tematiche e l'indubbio piacere che si ritrae, tutti elementi altamente qualificanti che se sono una caratteristica comune a tutta la produzione dell'autore non sono però scontate nel caso di altri poeti.

Aggiungo inoltre che la semplicità che caratterizza le composizioni è da sempre una meritoria caratteristica di Serino, il cui ermetismo, mi preme ribadirlo, è tale da non rendere problematica l'interpretazione dei suoi versi, a tutto vantaggio della gradevolezza che si accompagna alla lettura.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino. Autodidatta.

Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Dalle stanze del cuore e della mente” del 2020); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Gestisce vari blog e tre siti.

Renzo Montagnoli

https://www.amazon.it/review/R3PGQC6IH0OHN9/ref=pe_1640261_66412381_cm_rv_eml_rv0_rvhttps://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=22694

https://www.ibs.it/sopra-senso-delle-cose-libro-felice-serino/e/9788869543463

https://kultunderground.org/art/39835/

https://www.poetare.it/recensioni.html

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Trasparenze – Recensione di Giovanni Perri

Poeta prolifico e di lungo corso, Felice Serino compone per accensioni. La sua è una poesia che non dà risposte ma interroga, e chiedendo, sigilla un piccolo mistero musicale. Ecco: per Serino il canto è ciò che di sacro ci accompagna nell'Oltre da cui veniamo, il mezzo per accedere all'inconoscibile che ci sovrasta, il punto azzurro nel cerchio che fa alta la vita.

C'è sempre una luce, un soffio di parole, l'anelito di un angelo guida; e poi c'è un uomo chiuso nella sua carne, e già sollevato oltre sé stesso, nella misericordia del giorno, liberato da ogni gravezza, da ogni impurità.

Per Serino il canto è comunione dei vivi e dei morti, perché questo è il posto dove lui vuole stare, questo il suo interminabile nostos, ed è questo, mi piace aggiungere, il crocevia dell'eterna poesia.

Ma la poesia è guardare con occhi anche l'attimo che accade, anche il male che vi declina, pungerne l'anima oppure tirargli il succo di una più intima verità.

Con un continuo affiorare di lampi onirici egli però intercetta sempre una speranza, rivolta il disincanto in gesto di preghiera, ci proietta in un comune desiderio di salvezza che è anche attraversamento del mistero, un mistero tutto da decifrare per una vita colma di senso.

Nel verso che nasce da una oscura cagione, e per questo si trattiene nella più piccola scaglia di luce, egli ripone il seme più prezioso che ha: la sua parola, il suo terzo occhio.

Con “Trasparenze” 2020/2021 (www.poesieinversi.it), Serino ci accompagna in un cammino di conoscenza, fatto di svelamenti meditati o improvvisi, in cui ognuno è chiamato in causa, perché parte di un tutto. Nel verso quasi imprendibile eppure molto lucido, si tirano le somme di un percorso lirico autentico e degno di ancora molta considerazione per chi lo legge oggi e per chi lo leggerà nel tempo a venire.

Giovanni Perri

Dell'indicibile – Recensione di Raffaele Piazza

Felice Serino, nato a Pozzuoli nel 1941 e residente a Torino, autodidatta, è un poeta che ha ottenuto numerosi consensi critici e che ha vinto molti premi letterari. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia da dio boomerang del 1978 a Quell'onda che ti tiene lieve, 2019.

Dell'indicibile, la raccolta del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, è preceduta da una presentazione di Giuseppe Vetromile esauriente e ricca di acribia.

Già a partire dal titolo del volume ci rendiamo conto che Serino è ben conscio dell'importanza della poesia come fatto in sé salvifico e utile per una vera redenzione del poeta che può essere redenzione anche per il lettore.

Se la poesia è sempre metafisica attraverso l'ipersegno qui il poeta si rende conto che la forza portante del poiein di ogni autore e in primo caso del suo lavoro, il suo fare poesia, consiste nel dire l'indicibile e a questo proposito vengono in mente l'estasi e il sogno stesso, elemento che per molti artisti non solo poeti è fonte d'ispirazione profonda se è vero come affermava Maria Luisa Spaziani che la poesia è il genere letterario più alto.

Indicibile significa grandissimo, eccezionale, indescrivibile, straordinario e insolitamente grave e profondo e sembra che Felice, poeta mistico ed esistenziale, con questa raccolta raggiunga la più alta maturità espressiva senza mutare la forma in modo notevole ma mantenendosi in continuum con le precedenti prove.

Il senso del mistero perdura in questo libro quando sono detti gli angeli e i morti con i quali il poeta dice di avere un rapporto empatico in una bellissima composizione e si percepisce il senso del sacro anche quando Serino non nomina cose religiose ma si mantiene in una dimensione di quotidianità nella quale ritrovare costantemente il vero senso della vita, un filo che tenga per sopravvivere anche nel tempo della pandemia.

E anche il tema sociale – politico è affrontato nell'invettiva contro gli scafisti che speculano sui migranti, tematica attualissima.

Serino è conscio che la poesia sia, per usare una metafora, il negativo fotografico della fotografia che è la vita stessa, il precipitato chimico delle nostre esistenze, quindi la poesia è fondante nella vita per arrivare ad un'eterna adolescenza della parola stessa per un ringiovanimento che non è solo della mente ma anche del corpo.

Versi scabri non definibili neo lirici tout-court anche se ci sono a volte accensioni e spegnimenti che s'inverano nella linearità dell'incanto.

La raccolta non è scandita e può essere considerata vagamente un poemetto e la dizione è luminosa, ben cesellata e raffinata, elementi costanti nelle prove del Nostro che a volte raggiunge toni neo orfici.

Se la vita è questa non è tanto l'uscita religiosa l'ancora di salvezza (pur essendoci una splendida composizione sul Cristo), quanto proprio l'indicibilità stessa che diviene categoria fondante per uscire dalle angustie e dalle frustrazioni del tran – tran quotidiano e da quello di un'esistenza che metterebbe in scacco.

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Recensione di Guglielmo Peralta a ORIZZONTI DI PALPITI

july 8, 2020 by felice serino

Felice Serino

ORIZZONTI DI PALPITI

Questa silloge di Felice Serino si apre con la grande speranza rivolta all'Impossibile, a ciò che sta nel cuore di ogni poeta o artista in genere e che si può solo immaginare e tradurre in parole, in opere, nella piena coscienza, alla fine di ogni creazione, di avere prodotto qualcosa d'incompiuto, infinitamente distante da quell'orizzonte dal quale scaturiscono le idee e che non si concede allo sguardo orfico, sognatore e innamorato del volto inguardabile: non per espresso divieto ma perché ineffabile e perdutamente consegnato alla notte, in un altrove che il nostro poeta s'illude di cogliere e dove spera di “abitare” attraverso la parola, quella poetica, sottratta alla quotidianità, all'“ordito della vita” e “fuori dal coro”, non soggetta al sistema arbitrario e convenzionale dei segni linguistici. In virtù di questa parola egli ha la vaga sensazione di ri-trovarsi in qualcosa di perduto e che sente “palpitare” dentro di sé, nell'intimità, dove gli è data la possibilitàd'intuirsi, di guardarsi dentro e venire fuori, aprendosi a sé stesso e in questa apertura sentirsi prossimo a una verità che gli riveli la sua appartenenza a un altrove, a un mondo distante e diverso da questo in cui siamo gettati e che, al di là dell'«esser-ci» heideggeriano, gli dia la coscienza della vita autentica indipendentemente dall'«essere-per-la-morte». Perché è nell'intimità, dove accade il miracolo della creazione, che sorge la possibilità di agire attivamente contro l'irrazionalità e il vuoto, contro l'insensatezza e la nullità dell'esistenza, di distaccarsi dalle cose materiali e lottare per costruire un mondo migliore sulla Bellezza, su quel qualcosa di sublime che si manifesta restando nascosto e che ha il nome di Poesia. Di fronte al Meraviglioso, che si annuncia nella parola creatrice come orizzonte perduto, “tutto è ancora possibile” per Felice Serino, perché questa parola, a differenza di quella che si spezza contro la quotidianità e la realtà contingente, ha il potere di legare il suo mondo interiore all'oltre, sì che egli si sente rovesciato “come un guanto”; perché essa allontana e disperde ciò che, divenendo, è destinato a perire e mostra la vera natura delle cose, la loro essenza immutabile ed eterna.

“ti senti altrove e il più / delle volte fuori dal coro / ti chiedi se – nell'ordito della vita dove / si spezza la parola – ti sei perso / qualcosa – vorresti allora / rovesciarti come un guanto / riconoscerti come il / fuori del tuo dentro / aprirti a un'alba che / diradi questa / corolla di tenebre/ e sai che tutto / è ancora possibile”

Essere nel mondo, allora, significa per Serino opporre alle difficoltà contingenti della vita, all'angoscia esistenziale per la crisi profonda della società mondiale che sembra segnare il tramonto dell'umanità, il sentimento per ciò che è duraturo e, in quanto tale, portatore di una verità eterna in grado di aprire in interiore e in virtù della poesia quegli «orizzonti di palpiti» che sono espressione del suo stato d'animo particolare nell'atto della creazione, in cui lo sguardo e il cuore si cor-rispondono e si coniuganonella visione sinestetica, che è insieme immaginazione e sentimento, da cui sorge la parola poetica come l'alba, la quale è il pallido riflesso della sorgente, la possibilità e l'illusione di cogliere l'Impossibile negli “orizzonti” che essa apre al nostro poeta, suo sognatore fedele e innamorato. E quest'amore per la Poesia, per la Bellezza, che è ricerca della Verità trascendente e che si traduce nella scrittura, nel bisogno di dare forma a ciò che gli “palpita” dentro, è per Serino, ancora, un modo necessario di essere nel mondo, di dare significato al relativo/immanente, di valorizzare la dimensione umana rapportandola a quell'orizzonte assoluto di senso che è l'Essere divino.

“Tutto è possibile” nel sogno creativo e tutto è illusione, “stato d'incantesimo” e “delirio / che sanguina luce”, “breve estasi-amara / al risveglio”, quando le parole, “sillabe cadute dagli occhi”, lasciano il buio nell'anima e nuda la vista, ingannata dalle belle figure di suono e di significato: gli «allucinogeni» che catturano gli occhi, il cuore e la mente, protèsi e uniti nel vagheggiamento di un “cielo inventato”. La caduta dal sogno nella realtà non scoraggia il nostro poeta, non blocca i suoi tentativi di oltrepassare la “siepe”. In sostanza, la possibilità di giungere “nell'Oltre” non viene mai meno perché essa è il connubio di fedeltà e amore; è l'espressione del legame tra l'immanente e il trascendente, tra l'umano e il divino, tra l'interiorità e l'alterità, tra il «sé» e l'altro da «sé», tra l'«esser-ci» e l'oltreità, tra gli “orizzonti di palpiti” e l'impalpabile «oltre», il quale è principio e fondamento della nostra vita che un giorno ci farà “colmi / di lucente meraviglia noi resi/ impalpabili / essenze e vieppiù reali / tanto che ci parrà un sogno / l'aver attraversato / nella carne la morte”, e tuttavia “nel circolo del sangue / noi in bilico / un piede nel mistero”.

«Si può» in virtù della poesia “trasumanar per verba”. Perché essa ci fa beati essendo grazia divina, per cui basta l'“erba miracolosa” della sua parola a proiettarci oltre la condizione umana e dare significato alla nostra esistenza. Perché essenziale è questa parola “nutrita del sangue degli dei” e perciò vitale, sempre pronta ad aprire gli “orizzonti palpitanti” contro i “chiusi orizzonti” del “progresso / dio-boomerang”, nonché in grado di contrastare, di contenere tutto ciò che deturpa la bellezza, di farci ritrovare “nel bailamme di giorni a perdere”, dove vacilla la certezza di esistere, di essere reali, e col dubbio sorge la domanda se siamo “quasi finzione o sogno”, consegnati e dis-persi nel “virtuale”.

“Tutto è possibile”, “tutto / può ancora accadere”, perfino di scoprire, al di là delle evidenze, delle assodate certezze, “quell'essere consanguineo / con lo spirito delle cose” e comprendere che apparteniamo alla totalitàche non lascia nulla fuori di sé, che siamo tutt'uno in virtù dello Spirito unificatore. Allora “l'impossibile si fa / possibile” se non restiamo inerti e confidiamo nell'energia della parola poetica; possiamo tornare a stupirci di fronte a “ciò che sembra / umanamente assurdo”, perché anche le cose hanno la loro epifania e rivelano la loro vera natura al poeta nel suo stato di grazia. “Tutto è possibile”; solo resta il mistero dell'oltre, della verità ultima, irraggiungibile, preclusa allo sguardo e perfino al linguaggio poetico, perché la Poesia stessa è mistero e Parola ineffabile. La conoscenza dell'origine non è di questa vita; solo nel mondo celeste la verità impenetrabile ci sarà rivelata; l'oscurità sarà dissolta e saremo assorbiti “nel mistero lucente” del Tutto, avvolti nella “bolla / di un tempo non-tempo / come nella prima luce” e, dunque, non vedremo più “per speculum / in aenigmate”. Qui, nel riprendere le parole di S. Paolo1, la fede di Serino e la sua visione religiosa sono ampiamente dichiarate. Religiosità e misticismo sono tutt'uno col suo pensiero poetante, volto alla visio beatifica di Dio, del quale la poesia rivela la presenza nella profondità del mistero. E Dio si fa “presente” nelle parole che il Poeta Gli fa pronunciare e che testimoniano ancora la sua fede, la certezza di riuscire a sopportare, a dimenticare i mali terreni, nonché la speranza nella salvezza dell'uomo, al quale il Signore non farà mancare la sua misericordia e carità.

”(…) e come può non accoglierti la luce / se tu da questa hai origine? (…) dimentica / i bianchi deliri della solitudine / i voltafaccia dei giorni perduti / dimentica / come io ho dimenticato / sulla croce” (“Dimentica”)

”(…) Dio non è stanco / mai dell'uomo” (“La rosa di sangue”)

Le virtù teologali, che troviamo qui implicitamente espresse, assicurano al Nostro di essere accolto nella luce, la quale è la loro emanazione e il frutto della contemplazione mistico-religiosa e poetica al tempo stesso. Perché la Poesia è per Serino conoscenza 'visionaria' superiore a quella empirica. Gli “orizzonti di palpiti” sono mondi spirituali, stati di coscienza, “squarci / di vite trasversali / realtà sfumanti / nel mistero” che si aprono a una più completa conoscenza in virtù del legame tra l'interiorità e la suprema realtà spirituale. Attraverso la poesia il Poeta partecipa della divina visione, distoglie il pensiero dalla morte e lo rivolge dove “c'è del buono che ci salva”, dove è ancora possibile incontrare un sorriso e godere della natura. Ma è nella Verità oltre la morte la vita autentica; nella sparizione, che è il ritorno nella luce, dove siamo già stati, si compie il destino dell'uomo, si dissolve il mistero, e allora «vedremo faccia a faccia», sapremo chi siamo stati, chi veramente siamo. Di ciò è convinto il Nostro, perché la fede, sostenuta, suffragata dalla poesia e dall'amore, quello che “si scrive col cuore”, vince su ogni dubbio. Ed è in forza di questa certezza che egli può asserire ancora con S. Paolo2: “sapremo non per speculum / in aenigmate (…) allora / conoscerò / come sono conosciuto”. Solo allora la domanda sull'«essere» sarà soddisfatta. Oltre lo specchio del sogno la Verità mostrerà il suo volto, e il Nostro, come Raffaello rapito “davanti agli ultimi ritocchi” della “Mater dolorosa et Admirabilis”, contemplerà la sua Vergine: la Poesia che qui, in questo mondo, gli è concesso solo di sognare.

Guglielmo Peralta

1Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem (I Cor. 13, 12),

2(…) nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum (I Cor. 13, 12)

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Recensione di Renzo Montagnoli a DALLE STANZE DEL CUORE E DELLA MENTE

july 22, 2020 by felice serino

Dalle stanze del cuore e della mente

(Poesie 2018)

di Felice Serino

Libreria Editrice Urso

Poesia

Pagg. 56

ISBN 9788869542893

Prezzo Euro 10,00

Sublimare la parola

Felice Serino, più che un poeta, è un artista che vive per la poesia ed è tanto più vero qualora ci si lasci coinvolgere dalla sua consistente produzione che lo vede sulla breccia da molti anni. Con Dalle stanze del cuore e della mente, raccolta di poesie del 2018, l'autore, pur nell'ermetismo che la caratterizza, lascia prorompere una creatività sognante, un'ispirazione profonda che tende a sublimare la parola. In effetti, come nella famosa poesia di Luzi intitolata Vola alta parola, anche in questa raccolta i versi si fanno eteree immagini, spiccano il volo, liberi da qualsiasi legame terreno (da Fonemi – nella bocca della notte / -la luna sopra il petto / il letto è un mare dove sillabe / perdono sangue /…) e, in aggiunta ( Ricordi – confondersi del sangue col colore / dei papaveri nel sole / ampie distese a perdersi / mentre all'orecchio del cuore / a far capolino una / melodia nel tempo andata / ricordi / ci si appiattiva scalzi col fiatone / nell'erba alta / dopo una volata e / in levità d'angeli / quasi non si toccava terra). Quella delicatezza di esposizione, che da sempre lo contraddistingue, trova conferma anche in questa raccolta, è sempre più un segno distintivo del suo stile ed è frutto di come si accosta alla poesia, non con timore, ma con profondo rispetto. Chissà perché credo che questa sua caratteristica sia un che di originario, sia frutto di un sentimento nato in lui le prime volte che scriveva in versi, così che la poesia, la sua creatura, fosse, e probabilmente lo è ancora, avulsa dalla sua volontà, come se lui risultasse solo il semplice braccio di un disegno più ampio da cui inconsapevolmente scaturisce il risultato finale, ed è questo il rispetto per qualcosa di superiore che si compone sotto i suoi occhi. E ancor oggi che l'età non è più quella dei verdi sogni, l'aspetto sognante, l'emotività che si innesta riga dopo riga offre l'impressione di trovarsi di fronte allo stupore e alla serena innocenza di un bambino, come, per esempio, in La passera (memore della bella accoglienza / me la trovo sul davanzale ogni mattina / per “condividere” la colazione / è d'un piumaggio lucido e vellutato / l'ho chiamata “nerina” / …) e probabilmente ancor più con Primavera (capita che il bosco mi parli / ogni volta che abbraccio il “mio” albero / -risale / a un rito atavico / l'abbraccio: patto di luce-amore / mi parla -il bosco / tendendo le mille sue braccia / nell'espandersi in canti che allargano il cielo / ….). La straordinarietà di queste poesie è nella loro semplicità, non disgiunta tuttavia dallo svolgimento di tematiche che inducono più a riflessioni che a interpretazioni perché l'ermetismo dell'autore non esclude mai la facile comprensibilità, circostanza che, in un'epoca in cui spesso mi tocca leggere componimenti che risultano del tutto incomprensibili perché chi li ha scritti non ha idee chiare, conferisce un plus di valore alle stesse. Non credo debba aggiungere altro, se non il mio augurio di buona lettura.

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941 e vive a Torino. Autodidatta.

Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Dalle stanze del cuore e della mente” del 2020); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in nove lingue.

Intensa anche la sua attività redazionale.

Gestisce vari blog e tre siti.

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Il poeta-eroe contemporaneo in “Un dove di trasparenze” di Felice Serino

(a cura di Sabrina Santamaria)

La ricerca spasmodica della luce è una costante di Felice Serino; il panteismo è un afflato che lo rende originale come se la seconda variabile (panteismo) fosse direttamente proporzionale alla variabile indipendente (la luce). L'effabile “volo di Ulisse” tra gli amabili versi di Serino solleticano il desiderio di evasione di ogni comune mortale che percepisce dentro di sé un macigno piuttosto del cuore, infatti affrontando le problematiche quotidiane un uomo o una donna si trasforma in un eroe/eroina della contemporaneità. Il nostro poeta si esprime in modo chiaro, non si avvale di uno stile ricercato, questa credo sia una sua caratteristica poetica infatti questa è una delle motivazioni del titolo di questa raccolta poetica. Un aggeggio trasparente ci dà la possibilità di guardare il mondo esistente al di là della trasparenza, ma ciò costituisce un punto di forza o debolezza? Forse un orpello trasparente non è appunto inutile? Oppure ciò che traspare suggerisce anche una certa idea di limpidezza che un medium troppo artefatto non può fornire in quanto illusorio? I testi poetici del nostro autore mettono insieme l'utopia della chiarezza; i sentimenti e le emozioni pullulano fra le sue riflessioni, a volte tristi, a volte malinconiche o ironiche. Le espressioni racchiuse in “Un dove di trasparenze” si accordano con tonalità pacate che donano ai lettori sensazioni serafiche di estasi mistiche, l'attaccamento di Serino alla vita è a dir poco profondo giacché l'amore per la luce si estrinseca nell'imprescindibile culto divino in nome delle istanze vitali che il nostro autore venera al canto delle sue Muse ispiratrici: “La morte ti cerca? /Uscito dal guscio tu sarai altro”, << mi “nascondo” nel corpo/ da me emergono alfabeti afflati/ enunciate sillabe>> questi versi costituiscono un lodevole canto alla speranza di una rinascita, badi bene il lettore che sperare un'alba non equivale a illudersi come un prigioniero che agogna la sua libertà, in guisa della tempra coraggiosa del nostro autore possiamo sostenere che egli è un Ulisse dei nostri tempi perché sa, nonostante tutto, ben sperare quindi la sua armatura è composta da una spada, uno scudo e un elmo ossia metaforicamente: la speranza, il coraggio e la poesia. Gioviali canti sono accostati a inni malinconici però Felice Serino non si abbandona mai a sproloqui laconici ovviamente chi si appresta a leggere le sue poetiche riflessioni potrà schiettamente valutare che egli non è un letterato spartano dai toni rudi o aspri altresì il suo stile poetico non può definirsi del tutto classico o classicista; i suoi versi hanno un patrimonio lessicale colto, ma, allo stesso tempo, il nostro autore serba nell'animo la lodevole premura di farsi comprendere da un target di lettori ampio e questo impegno che il poeta manifesta dovrebbe essere inteso come un potenziale intrinseco che nel corso delle sue pubblicazioni l'autore ha certamente concretizzato con grandi risultati e apportando un profitto umano e di notevole spessore culturale. Felice Serino è un eroe del nostro periodo storico perché si protende verso sentieri che altri intellettuali, per pigrizia o per inerzia, non attraversano più, forse per timore di essere incompresi dalla massa uniformante che dirige l'uomo verso un'unica dimensione (vedi “L'uomo a una dimensione” di Marcuse) tanto è vero che l'umanità contemporanea è plasmata in un'amorfa intelligenza emotiva che la disorienta fossilizzandola in un'esistenza sempre più reietta; “Un dove di trasparenze” è il topos in versi in cui le insufficienze umane divengono palesi suggerendo l'idea di una libertà di espressione ancora oggi carente cioè la possibilità di poter raccontare i drammi, i dubbi, le angosce e le perplessità che pesano come carichi insormontabili nella mente umana soprattutto se non impariamo a saper comunicare e a saper dialogare condividendo con l'altro le nostre paure e anche in questa nuova chiave interpretativa l'eroe-poeta(in questo caso il nostro Felice Serino) assume connotati di una persona che tenta di elevarsi con l'ausilio della forza del grafema-fonema che rende liberi. L'eroe contemporaneo non rimane scevro dalle problematiche quotidiane, ma è colui che le vive metabolizzandole e affrontando le paure di ogni giorno quindi attraverso la presa di coscienza delle proprie debolezze ogni uomo può fortificarsi rigettando l'idea pietistica che causerebbe il nichilismo dell'Io purtroppo già reso vulnerabile da alcuni contemporanei fattori etico-sociali. L'Ulisse dell'Odissea di “Un dove di trasparenze” vuole tornare a un'Itaca interiore, senza confini, ecco la ragion per cui il “dove” del nostro poeta è utopia e allo stesso tempo ucronia perché il naufrago interiore cerca la regione o il porto (definizione di Kurt Lewin) sicuro nelle sfere più recondite di un Io che troppo spesso si smarrisce e brancola nell'oscurità; per venir fuori da questo tunnel la poetica di Felice Serino verseggia fra i fotoni di una luce ontologica e teleologica che ha un grande impatto in ogni lettore assetato di una via che possa donare le coordinate per un'isola ancora da scoprire, individuare i significati nascosti in “Un dove di trasparenze” ci farà valutare la sua fatica letteraria come un' opera molto attuale e giammai obsoleta.

Sabrina Santamaria

L'ANIMO SOSPESO ALLE VARIE DIMENSIONI DELLA VITA: la “VITA TRASVERSALE” di FELICE SERINO (a cura di Sabrina Santamaria)

april 12, 2020 by felice serino

Guardare oltre per scrutare profondamente il riflesso dell'altro, spingersi al di là di ogni immaginazione possibile; questa profonda sensazione mi ha suscitata la lettura della raccolta poetica di Felice Serino “Vita trasversale e altri versi”, un'eclissi dell'anima che conduce passo dopo passo ad un mosaico ultra mondano che il nostro poeta compone. L'ispirazione alla musa non costituisce solamente un retorico artificio letterario, ma un vero e proprio flatus vocis che accompagna il poeta per tutte le sezioni della raccolta. Il poeta, in questo capolavoro, riflette come uno specchio i sentimenti umani, gli intrinseci bisogni della natura umana, come essere che appartiene all'universo e si sposa con esso, infatti l'uomo è l'ornamento perfetto del cosmo, completamento infinitesimale che unisce

il creato a Dio, solo nell'uomo si manifesta quel punto di incontro cruciale con l'Essere Supremo. Serino conia dei neologismi, dei termini che appartengono alle volte al linguaggio della chimica e della fisica, ma che diventano patrimonio inscindibile del suo corredo linguistico. La sua sensibilità osserva la realtà in modo trasversale attraversando i componenti vitali della vita, come gli antichi greci che studiavano l'archè del mondo e la trovarono negli elementi naturali: acqua, fuoco, terra. Come se il nostro poeta vorrebbe partire all'origine primordiale del mondo per concludere con un'unione armonica e pacifica dell'uomo con il creato e Dio, in “Sogno di Cupido” ci descrive la sua visione: “Vedevo nel tempo di Veneralia in un cielo quasi dipinto splendere carnale fiamma”. Soffermandoci fra i versi di Serino notiamo un forte attaccamento alla vita, ma non solamente alla vita usuale, solita che viviamo, ma ad un atomo di vita che conosciamo quando ci interroghiamo sul significato ultimo del quotidiano, come in “Ondivaghe maceri parole”: “Quando ti rigiri tra le lenzuola ondivaghe maceri parole dove latita il cuore somigli al gabbiano ferito che solo in sogno ritrova il suo mare, la vita altra”. Fuori dal tedio che assilla l'uomo, quel tedio leopardiano che portava il pastore errante dell'Asia a chiedersi il significato del nascere e del morire, quel solipsismo che inquietava il nostro pastore (nel caso leopardiano), in Serino troviamo, invece, la volontà sincera, quasi un'abnegazione, a voler trovare delle assonanze fra l'uomo e l'aria che respira, è presente l'intenzione di creare una sorta di panteismo con il mondo. L'idea del nostro poeta è quella di mettere a soqquadro i modi di osservazione, ecco, perché “Vita trasversale” si tratta di un'appercezione che cerca di unire i vari modi di darsi dell'uomo al mondo, un'unione delle categorie aristoteliche che diventano un'unica sostanza, oltre l'esistenziale heideggeriano. Fenomenologicamente il nostro poeta opera un lavoro coraggioso e accademicamente impegnativo; quello di unire scienza e letteratura. Cerca di agire mettendo in atto un folle volo e compie un salto nel buio. “Vita trasversale” mi ha, anche, suggerito l'idea di un desiderio inconscio verso ciò che è ignoto, come a voler toccare con la punta delle dita l'infinitesimale, l'inquantificabile. Ciò che non può essere quantificato mentalmente può essere soltanto sfiorato solleticando la punta del naso all'infinito, in “Sognarmi” esprime esattamente questa sua esigenza poetica: “Sull'otto orizzontale librarmi etereo piume d'angelo a coperta di cielo”. Un altro aspetto, sicuramente da non trascurare fra le tematiche di Serino è l'onirico, l'incontro appassionato e agognato dell'essere umano col sogno, cosa ci regalano i sogni? Sono sostanza, qualcosa di palpabile? Oppure il loro carattere apparentemente inconsistente li rendono inafferrabili? Il sogno è un altro modo dell'uomo di darsi nell'esistenza, un'unione dell' in sé e il per sé che diventa fenomeno infatti in “Dove palpita il sogno” racconta al lettore questa esperienza del sé nel dispiegarsi delle sue forme: “Da una dimensione parallela il Sé in me rispecchia la sua primaria origine punto dell'eterno dove palpita il mio sogno di carne e cielo” oppure in “Espansione”: “Il sogno è proiezione? o sei tu veste onirica uscito dal corpo?”. La poesia di Serino esprime un modo arroccato, abbarbicato fra la vita usuale e la vita ignota, le sue poesie esprimono l'animo di chi sta appeso ad un filo sospeso facendo l'equilibrista fra i vari strati consci della vita umana, che sia

terrena o celeste questo ancora non lo sappiamo, ma l'esigenza poetica del nostro in questa silloge è quella di cogliere a braccia aperte le dimensioni eterne dell'infinito.

“L'essere si spande si sogna moltiplicato in fiore atomo stella appendice? O espansione è il sogno”

cit. tratta da “Espansione” di Felice Serino

~

Sabrina Santamaria

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Recensione di Donatella Pezzino a “Lo sguardo velato” di Felice Serino

Quando ci si accosta all'opera di Felice Serino, è difficile non notare il dinamismo della dimensione interiore: nonostante sia interamente incentrata sull'anima, infatti, la sua poesia è ben lungi dal ripiegarsi in sé stessa, poiché l'essenza umana è continuo movimento. La parola “ondivago”, presente in diverse composizioni seriniane, esprime in modo pieno e immediato questo anelito al volo, quest'ansia di scrollarsi di dosso un'immobilità che è congeniale solo alla materia inerte. L'anima di Serino è un agglomerato di particelle che, pur restando unite, sciamano in tutte le direzioni, nella brama di riunirsi al loro elemento naturale: il Tutto. Ma, per seguire quell'ordine che appare insito nella stessa struttura del creato, quest'anima tenta di ravvisare nell'esistenza terrena un percorso logico e coerente, in cui il dispiegamento delle forze interiori possa dipanarsi in linea retta: salvo poi rendersi conto, alla fine di questo lungo cammino, di aver sempre cercato il proprio cerchio perfetto. La vita, allora, acquista un senso in qualità di processo dialettico, in cui l'opposizione tra corpo e anima trova un suo superamento nella morte, vista non come la fine di tutto, ma come una vera e propria risurrezione, da cui scaturirà nuova linfa vitale:

dal Tutto

ritrovarsi nell'uno

a vivere il sogno della carne

il sangue che cavalca il vento dove

crescono i passi

lacerato dalle lancette

d'un orologio interiore

un Lazzaro a sollevarsi da cento morti

In questa raccolta di liriche, il poeta giunge ad una nuova tappa del suo viaggio: al termine del percorso, si apre finalmente la porta di comunicazione tra il mondo sensibile e quello trascendente. Ma ciò che appare non è ancora ben visibile: sul ciglio dell'oltre, lo sguardo è ancora velato (da qui il titolo) e non può nitidamente distinguere gli oggetti della trascendenza.

ma a te presente

il Sé -il celeste- l'esistere

specchiato: vita che si guarda

vivere

un mondo in un altro

In tale contesto, risalta la volontà di non voltarsi mai indietro: contrariamente a quanto il senso comune vorrebbe, in Serino la maturità non è tanto il momento del ricordo, delle nostalgie, dei rimpianti, quanto più un'occasione per interrogarsi su cosa lo aspetta. Questa tendenza a proiettarsi in avanti non nasce dal desiderio di negare il proprio passato: ciò che è stato vissuto, tuttavia, è ormai alle spalle e non può tornare. Questa ferma intenzione di vivere nel presente sembra annullare il tempo: e, dove la dimensione temporale non esiste, la stessa età dell'uomo si appiattisce, e il poeta può attingere a piene mani dal bambino che dorme in lui.

scoprire in me il bimbo

accoccolato nella mente

Di quando in quando, il flusso di coscienza è intervallato da riflessioni sui tanti drammi che segnano il nostro vissuto: il corpo di un migrante abbandonato su una spiaggia, le laceranti incomprensioni dei rapporti affettivi, la sofferenza dello scrivere; come a voler ricordare che morendo ci si lascia alle spalle un mondo fatto di sequenze dolorose. Da qui il tema del sogno, visto come momentaneo rifugio dalle tempeste della vita:

c'è un donnone nei miei sogni

mi perdo fra le sue grandi mammelle

piccolo piccolo mi faccio e

come scricciolo

mi c'infilo

nel suo caldo grembo

al riparo degli tsunami del mondo

Il tono dell'intera raccolta accentua quella ricerca di essenzialità già distintiva della produzione precedente: il verso è breve, asciutto, simile ad un legno prosciugato; l'anima, in procinto di distaccarsi, guarda già al corpo come ad un involucro che ha perso la sua sostanza.   

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto

-del mio sangue azzurra ala

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

Tanti i quesiti che si leggono fra le righe. Una volta riassorbito dal Tutto, l'uomo conserverà una scintilla della sua individualità? Il suo bagaglio di ricordi, le sue colpe,    i suoi “scheletri” insomma: lo seguiranno o si dissolveranno?

sì onorarli

i morti che

ci perdonano con un velo di pietà

quelli che sognarono

il loro eldorado

ragazzi degli anta presto

dipartiti

ora di qualcuno

d'essi verrà detto

era un pezzo di pane

-anche se di certo avrà

portato con sé i suoi scheletri

o si saranno nell'altra

dimensione dissolti

Domande probabilmente destinate a restare senza risposta; ma, in mezzo a tanti dubbi, c'è comunque una certezza. Qualsiasi cosa saremo, siamo stati amore, ed è questo ciò che potrebbe sopravviverci. L'amore, eterno e ubiquo, ha una forza pari soltanto a quella della fede.

falesie di pensieri

tesse ragno di luce

vertigine: come

sarà senza il corpo

-serbata la vita

nella Pietà del sangue

solo espanso

pensiero saremo?

ci consoli certezza

di portare in salvo brandelli

d'amore

I due temi, l'amore e la fede, si trovano da sempre strettamente intrecciati nella poetica di Serino:    qui, tuttavia, la fede non sembrerebbe avere il ruolo preponderante che ha rivestito altrove. Ma è solo un'impressione superficiale: ad un certo punto della lettura, infatti, ci si accorge che la presenza di Dio ha in questa opera una valenza molto più forte, tanto da poterla respirare in ogni verso. Ovunque, nel libro, c'è un silenzio pieno di Dio; e questa pienezza, così tacita e così viva, incarna il desiderio quasi tormentoso di anticipare la fusione con il sommo Bene, per trovare finalmente quella felicità che sembra preclusa alla condizione umana.

tocco in sogno la fiorita

riva delle tue braccia:

è una dolce pena questo lieve

sfiorare la tua vaga essenza

a un lunare complice chiarore

Fenomeni psichici come il dormiveglia o il sogno prefigurano in tal modo il trapasso, aiutandoci a distinguere con più chiarezza ciò che i sensi ci impediscono di vedere:

si concentra ed espande

l'amore in quel vivere-morire

delle prensili braccia

sospensione apparente carne e cielo

Un “vivere-morire”, appunto: una vela spiegata verso altri approdi, dove lo spirito può finalmente trovare conforto al suo perenne cercarsi.

dove ti porta il filo

dell'immaginario o del

sognare

dove

questa strana ma feconda

inquietudine

serpeggiante nel sangue

tutti i libri letti i mari

solcati – odisseo tu

nello spirito- dove

questo cuore nomade

d'amore

ti porta

Ma in fondo, la vita del poeta si è sempre svolta in una dimensione dualistica: da un lato, quel “paese interiore” dove l'anima può pienamente espandersi:

nel paese interiore

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

Dall'altro, una realtà sempre più dominata dai falsi idoli, magistralmente descritta in “Un dio cibernetico?”:

vita asettica: grado

zero del divino Onniforme

-ma la notte del sangue

conserva memoria di volo

vita

sovrapposta alla sfera celeste

regno d'immagini

epifaniche

emozioni

elettroniche

eclissi dell'occhio-pensiero

In questa esistenza bifronte, la morte fisica viene vista come un evento che ci strappa il velo dagli occhi, consentendoci di riappropriarci di quella dignità ormai sconosciuta alla società degli uomini. Liberi dalle pastoie del mondo sensibile, ridiventiamo ciò che avevamo dimenticato di essere: mondi di pura luce, completi nella loro unicità e, allo stesso tempo, in quanto parte del Tutto.

dell' indicibile essenza

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia

di luce

*

Donatella Pezzino

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-di-donatella-pezzino-a-lo-sguardo-velato-di-felice-serino/

Recensione a “Le voci remote” di Felice Serino

di Donatella Pezzino

In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l'esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell'amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po' come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull'oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In “Le voci remote”, l'anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell'uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio.

tu sei l'ombra

del Sé: l'alterego o se vuoi

l'angelo che

ti vive a lato nei

paradossi della vita

La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le “voci remote”: appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle “voci remote/ delle anime in sogno” che riassumono in un certo senso la cifra dell'intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono?

nell'oltre

non ci son porte e chiavi

è tutto -in trasparenza-

un fondersi di sguardi

Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione “altra” non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d'amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano.

eccoti un ectoplasma ovvero

un antenato

a sentenziare da un aldilà

-non sapete neppure vestirvi

-bella forza: voi con i vostri

doppiopetti

vi credevate dio in terra o guappi

noi

casual-cibernetici

della libertà siamo bandiera

grida il rosso

del nostro sangue nelle piazze

per le ginocchia aria di primavera

Ma più spesso, in queste entità ultraterrene è l'amore a vincere: una pietas che non è -come si potrebbe pensare- l'atteggiamento compassionevole di chi, già in salvo sulla riva, cerca di portare conforto ai naufraghi ancora in mare; piuttosto, il contrario. A dispetto di tutti i luoghi comuni sul paranormale, Serino ci propone l'idea di un interscambio dove le barriere tra morte e vita si annullano e dove il bisogno di contatto non è univoco:

m'invitano i miei morti

a una uscita fuori porta

amano

farmi partecipe del loro mondo

m'avvedo

dagli occhi lucenti e i sorrisi complici

ch'è molto molto gradita

indispensabile quasi la mia presenza

ché senza orfani sarebbero

e tristi forse

pur essendo estraneo al loro mondo

di luce

Ma voci remote sono anche il frutto della nostra mente: i pensieri, le riflessioni, i sogni e tutte quelle immagini che non sappiamo spiegare e che

tante volte ci sconcertano per la loro potenza, ovvero

visioni aleggianti nelle

stanze del tuo sangue

che spesso restano sepolte per anni prima di riaffiorare dal nostro sottosuolo e che conoscono tutte le nostre debolezze, perché in esse abbiamo creato l'unico specchio in grado di afferrarci quando rischiamo di perderci:

vedi: se

qualcuno è a spiarti

non sei che tu

da un altrove

E poi, ci sono i sogni. In questo labirinto di immagini che si stendono come un ponte tra il visibile e l'ultraterreno, la dimensione onirica si configura come la materia che ci plasma e dalla quale, al tempo stesso, veniamo plasmati. In questo contesto, la poesia è l'unico linguaggio che rende accessibile il mistero, consentendo all'anima di ritrovare la strada:

in questo minuscolo essere

smarritosi

nella sua realtà-sogno

vedi te stesso se lasci che la vita

ti conduca lungo

i labirinti viola della mente

Il sogno è la culla, il rifugio. E' la linea di confine che rende possibile il momentaneo distacco dell'anima dal corpo; è, in ultima analisi, quel punto di contatto tra il nostro sé terreno e “l'altro” che prefigura il passaggio da questa vita a quella che ci attende.

il sogno è proiezione? o

sei tu in veste onirica

uscito dal corpo?

sognare è un po'

essere già morti

Eccola la porta, lo stargate: il valico che, in qualsiasi momento, ci mette in comunicazione con “l'altrove” consentendo alla nostra anima di espandersi e vivere, anche solo per pochi istanti, la vita che le è congeniale.

di notte sto bene con me e l'altro

sono io l'altro che -c'hai mai

pensato?– non proietta ombra

ombra di me è il sogno

come un bambino

avvolto dal regno delle ombre

affido tutto me stesso alla notte

E su tutto, come un velo impalpabile ma sempre presente, domina il pensiero della morte, intesa non come la fine di un ciclo, ma piuttosto come l'ennesima tappa di un viaggio: un nuovo giorno che si schiude e dove il peso delle cose di questo mondo è un fardello che si abbandona volentieri. Perché la vita che abbiamo sempre voluto non è che leggerezza, e la leggerezza viene dalla libertà, e la libertà è possibile solo sciogliendo le corde che ci legano alla materia:

confidare

nelle cose che passano

è appendere la vita

al chiodo che non regge

è diminuirsi la vera ricchezza

-arrivare all'essenza

lo scheletro la trasparenza

L'essenza, lo scheletro, la trasparenza: tutto qui tende allo spoglio, al nocciolo, allo sfrondo. Perché solo togliendo le sovrastrutture con cui spesso la vita ci inganna è possibile strappare il velo che ci copre gli occhi e arrivare alla verità. Un'esigenza, questa, che emerge sempre più forte nella matura poesia di Serino e che si riflette anche nell'impianto strutturale: nei componimenti brevi, nella crudità delle riflessioni, nei versi nudi fino alla scarnificazione. “Invettive”, dedicata a Padre Pio, ne è un esempio eloquente:   

una parola un fendente

minimizzi

l'orgoglio un ordigno

inesploso

carità

ti accompagnerà nella polvere

Parola che scarnifica, dunque; che si fa, come la morte, strumento di scavo, liberazione, palingenesi, dando un nuovo significato agli anni che avanzano. Vincendo, soprattutto, l'atavica paura del nulla, con un fatalismo capace, talvolta, di sconfinare nello humour nero:

ho a volte il pallino

-farneticare dell'età-

che d'improvviso qualcuno mi spari

da un'auto che rallenta e poi via

-come in una scena da gangsters

-è fantasioso ma

freddamente reale

Sorridendo: si, perché uno degli aspetti più tipici della poesia seriniana è il sorriso, declinato in tutte le sue sfumature. Dolce nel rimpianto, feroce nel dolore, sereno nel pensiero di Dio; sornione a volte, mai cinico. Il sorriso del giusto, pronto a consegnarsi nelle mani di Dio con tutta la sua miseria, le sue cicatrici, la propria inesorabile condizione di uomo.

ricorda: sei parte

dell'Indicibile – sua

infinita Essenza

pure

nato per la terra

da uno sputo nella polvere

La religiosità di Felice Serino: cristiana, ma non solo. C'è, nella sua fede, qualcosa di universale, di applicabile a qualsiasi credo: un sentimento che è soprattutto apertura, anelito. Più che limitarsi ad essere credente, l'uomo di Serino guarda oltre, desidera oltre: e nel farlo, il suo sguardo incontra Dio.

una farfalla è una farfalla ma

tutto un mondo nella sua essenza

la natura

riflesso del cielo è preghiera

ogni respiro ogni sangue

vòlto verso l'alto è lode

l'anima nel suo profondo

in segreto s'inginocchia e piange

https://poesiaurbana.altervista.org/recensione-donatella-pezzino-le-voci-remote-felice-serino/

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Felice Serino, Lo sguardo velato – 2016-2017 letto da Angela Greco

La poesia di Felice Serino è un incontro atteso, un momento di conforto, una superficie solida a cui poggiarsi nella inevitabile stanchezza del giorno dopo giorno. Serino tratta la poesia con la quotidianità di chi è a lui familiare e i suoi versi mettono in luce l'affetto per la poesia stessa, la costanza che lo ha condotto fino ad oggi e l'estraneità a quei fenomeni sempre più diffusi dei personaggi in cerca di spazio e lode, che manipolano la poesia in favore del proprio ego o dell'ego del proprio editore.

Felice Serino, scrive come dono di sé all'altro, donando i suoi versi senza attendere nulla in cambio, ma, semmai, ricompensato dal fatto che le sue esperienze possano essere in qualche modo utili ad altri.

Realizzato nel giugno 2018 per il sito poesieinversi.it, “Lo sguardo velato” raccoglie

questo ultimo anno di versi e si apre con un esergo – in seno a cieli di cui non è memoria / dove nessun grido resta / inascoltato / lì è la vita nascosta – che è fin da subito un'immersione nei temi cardini della silloge e della poetica stessa di Serino: il cielo, quindi l'aspetto oltre il visibile degli accadimenti; la ricerca-conoscenza di Sé attraverso la frequentazione-studio del sacro e l'analisi del rapporto tra umano e divino.

Nel paese interiore

nel paese interiore   

eiaculo i miei sogni –

vivo una stagione   

rubata al tempo -mimesi

icariana sul vetro del cielo-

nel paese interiore   

brucia il mio daimon

di febbre e di luce

§

Dell' indicibile essenza

dell' indicibile essenza     

noi sostanza e pienezza

solleva l'angelo un lembo

di cielo:   

in questa vastità soli

non siamo: miriadi

di mondi-entità ognuno

in una goccia   

di luce

C'è nei versi di questa raccolta, la calma di chi osserva tutto quello che ha intorno e di chi ha attraversato tanto delle cose del mondo; una quiete, che giunge al lettore con dolcezza e fermezza nelle convinzioni, come nella costante e decisiva presenza di Dio, una presenza che nello scorrere di queste pagine e delle varie opere dello stesso autore, si fa man mano più viva e vicina e alla quale non è rivolta nessun rimprovero, nessuna parola negativa, quanto piuttosto un sommesso ringraziamento per com'è andata (perché non è andata peggio).

La poesia e l'anima-spirito divino fanno parte per Felice Serino dello stesso comparto, a tratti della stessa dimensione, e la prima sembra l'abito che veste i secondi, la forma grazie alla quale si manifestano e Serino ci presenta così la poesia: dici poesia intendi finestra / affaccio dell'anima bagnata da alfabeti di lune / è finestra su un mare aperto / poesia    /per l'orecchio del cuore-conchiglia (Poesia-finestra), come un tramite tra l'esterno e l'interno che in questo caso è anima e anima è, per questo poeta, il divino che ci abita, come in questi toccanti versi dove la traccia del tempo che trascorre è di una bellezza particolare:

Il tuo volare alto

l'anima spando sulla terra

a ricambiarmi una solitudine

ampia come il cielo

mi appresto a gran passi agli ottanta

e ancor più poesia ti canto   

-del mio sangue azzurra ala   

ai confini della sera in quel

farneticare che richiama la morte

il tuo volare alto

come preghiera

La pluralità di temi e livelli (fisico e metafisico, onirico e reale) emerge in testi come i due che seguono, che al meglio rendono il percorso di Felice Serino, sempre in equilibrio tra umanità e visone alta, attento ai dettagli di quanto lo circonda e consapevole del fattore tempo, utilizzato al meglio nel donare al lettore un vademecum per meglio procedere nei suoi giorni; quasi un consiglio da parte di chi non si è perso in sciocchezze, ma ha perseguito con fiducia e tenacia il dono della Poesia. [Angela Greco]

Stanze   

le notti inzuppate di sogni

quando

nonsense veleggiano

sulle ondivaghe acque dell'inconscio

o ti vedi seguire   

una successione di stanze

e ti perdi e ti ritrovi

in un'altra realtà-sogno o dimensione

§

Epifanie

vita che si guarda

vivere e ci guarda

vita che si pensa ed è

-riflessa vita che   

apre la fronte del mattino

ed è esistere

nel suo ricrearsi

epifanie   

*

Felice Serino è nato a Pozzuoli nel 1941. Autodidatta. Vive a Torino.    Copiosa la sua produzione letteraria (raccolte di poesia: da “Il dio-boomerang” del 1978 a “Dove palpita il mio sogno” del 2018); ha ottenuto importanti riconoscimenti e di lui si sono interessati autorevoli critici. E' stato tradotto in otto lingue.    Intensa anche la sua attività redazionale.    Gestisce vari blog e siti.