RIFLESSIONI SULLA RACCOLTA “FUOCO DIPINTO”

di Felice Serino

[edizione dell'autore, 2002]

Corpo di vetro

Ci sono poeti legati alla terra (e questi forse sono la maggioranza, nonostante la poesia venga dai luoghi più reconditi e inspiegabili) e ci sono poeti propendenti al cielo; sicuramente Felice Serino è di questa seconda fascia.

A volte il cielo parla con il sangue delle tue vene

più che con l'indaco delle tue arterie,

comunque sia vuole sentirsi uomo

forse solo per avvicinarsi a chi lo guarda

perché costui ci si rispecchi perché l'umanità nel mondo

è ciò che prevale e pervade il mondo

finché ci sarà mondo,

allora il cielo non può far altro

che ripiegarsi nel gesto d'amore iniziale

e improntare continuamente la sua somiglianza

col fiato sospeso di chi attende

la perfezione finale del ricongiungersi.

E' pure vero che il cielo può rapirti o che tu contemplandolo favorisca la sua “presa”, e in quel momento d'estasi che non t'appartieni sei finalmente libero. Cosa strana, libero di essere preso, libero di appartenere a qualcos' altro che ti ama e ti sovrasta d'amore.

In questo tipo di situazione puoi sentire il tuo corpo leggero, di vetro, accessorio superfluo, e quindi… “ride la tua immagine d'aria”.

E' la fusione del tuo corpo nell'immenso corpo cosmico.Diventa una fatica sottrarsi alla luce per tornare indietro sui passi che la terra chiama a percorrere.

Quella “carne attraversa un incendio”, un incendio piacevole, pienezza per l'anima la fusione col tutto, difficile accettare che si tratti di un momento, di un solo momento dal quale però ricevi carica per affrontare il quotidiano imperniato di materia. E affrontare il quotidiano significa mettersi a servizio, soffrire per chi fa uso di L S D, del fumo, del bere e delle donne come strumento di piacere, soffrire per chi naviga nel male e non si lascia investire dalla luce, soffrire di chi abusa del potere e che, quindi, è nemico della luce.

Felice Serino denuncia la violenza, la guerra con le armi potenti della poesia, e sa cosa potrebbe aspettargli: “di certo m'imbavaglieranno / non sopportano di guardarmi negli occhi”. Non scorda poeti assassinati (Dalton, Heraud, Urondo) per strada o nei manicomi (Campana) ma non può e non vuole trattenere la forza della parola che gli esce dal di dentro.

Dichiara che la morte è sconfitta dalla luce [vedi: “Frammento (lettera di un malato terminale)”], lui, infiammato da una luce, che va oltre i suoi interessi per l'astrologia.

Puntuali, brevi, atossiche e con lampi intuitivi niente male le poesie di Felice Serino ridanno fiducia all'uomo che vuole incontrare animi trasparenti per procedere incoraggiato e sollevato nel cammino dell'esistenza.

Clessidra in polvere

Il tempo è un'argomentazione che preme al poeta; Serino dice: “nel sangue un tempo tuo – rotondo”. Una continuità di pienezza a cui aspira, tende, come si tende alla perfezione. A me lancia l'immagine del ciclista, quello bravo dalla “pedalata rotonda”, costante, mai scomposto e bello da vedere.

Costui elimina i vuoti e va spedito verso il traguardo. Infiammare il sangue d'amore è benzina che brucia il l'acido lattico alle tue gambe che vorrebbe bloccare la tua corsa. Senza ostacoli nell' immaterialità delle cose avanzi con l'aiuto dell'angelo che “da dietro il velo / del tempo è luce al tuo passo”.

Il tempo frequentemente è l'accusatore e l'accusato delle nostre irrealizzazioni. Perché allora non velarlo d'irreale? Perché non portarlo in un altro contesto dove non sia lui a dirigere le danze bensì noi “cosmonauti di spazi / sovramentali”?! Perché non ipnotizzarlo o sognare di ipnotizzarlo?! Perché non condurlo nel nostro sogno per poterci camminare a braccetto?!

“Nel paese interiore” – aggiunge il poeta – “vivo una stagione rubata al tempo”.

Ma forse, o molto probabilmente, il tempo ideale di Felice Serino non esiste, perché egli ama guardare “all'indietro nell'imbuto fuori del tempo” e avanti “per volare fra le braccia della luce”, proiezione anch'essa d'eternità.

Andrea Crostelli

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