Commento alla poesia Sospensione, di Felice Serino
Sospensione
un camminare nella morte dicevi
come su vetri non conti le ferite
aspettare di nascere uscire
da una vita-a-rovescio
riconoscersi enigma dicevi
di un Eterno nel suo pensarsi
*
In Sospensione vedo un saltimbanco che cammina ad occhi chiusi su un filo.
Cammina senza sapere quando il filo terminerà all'altro capo, al capo opposto da cui è partito. Sa che l'attende il vuoto, ma non ha paura. D'altronde camminare sulla terra ha provocato in lui tante ferite, ferite che lo tagliuzzano fino a spezzargli la vita.
Prima il saltimbanco faceva sul suo filo (per lo spettacolo) un breve tragitto e poi tornava all'ovile iniziale. Aveva provato ad aumentare le distanze di un pochino, mantenendosi però a misure di sicurezza, con occhi aperti che potevano inquadrare la scala che lo aveva fatto salire e l'avrebbe fatto scendere. Ora, invece, non cerca più gli applausi ma la libertà, e viaggia ad occhi chiusi senza più fermarsi affidandosi, affidandosi a uno sguardo eterno che non si distoglie da lui e lo rassicura.
Più va avanti e più in quello sguardo sente di riconoscersi e di confondersi fino a che non farà alcuna differenza tra i due e quell'unisono sarà l'eterno.
Secondo l'occhio dell'uomo la vita non materiale è una vita-a-rovescio, solo così può chiamarsi per lui una vita che inquadra come piena di privazioni; tutt'altro è per l'uomo spirituale: il rovescio è spendere la vita nelle cose che finiscono.
Riconoscersi enigma, mistero, eleva la nostra natura. L'indecifrabile, il non ancora decifrabile pienamente, in noi e in quello sguardo, è la vera attrattiva.
Il vero scopo di questa traversata è la caduta nel vuoto per affondare tra le mani del Pensiero eterno nel pensarsi in noi (così a Lui piace, anche).