Volare basso
un volare basso
s’invischia nella melassa
d’infantili ricordi
quando la luna era
lo scrigno dei sogni
e un’altalena dondolava
corpi d’aria
a fare la vita leggera
3.4.25
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Giordano Genghini & i suoi amici-Facebook
Ho apprezzato molto questo post (...) con la sua mirabile capacità di dire, o fare intuire, l'essenziale in pochissime parole, la “vita leggera” dell'infanzia è, e concordo, il tema centrale di questa bellissima lirica. In tale “vita leggera”, che qui ritorna negli “infantili ricordi”, tutto è magia (personalmente, però, non definirei, negativamente, “melassa” queste dolci immagini): ineffabilmente stupende sono le due metafore che, usando il minor numero possibile di parole, fanno rivivere tale passato, “quando la luna era / lo scrigno dei sogni” (e che meravigliosa allitterazione sonora, anche!) e quando “un'altalena dondolava / corpi d'aria”. Con due sole espressioni, caro Felice, hai riportato me – e, credo, molti altri tuoi lettori – nel tempo “leggero” della nostra infanzia, benché essa sia stata diversa per ognuno di noi. Altro che “melassa”: questo tuo testo è per me – e, credo, non solo per me – un dono di prezioso valore che, a mio avviso, solo una poesia straordinaria come la tua può offrire a chi ha ricevuto, senza alcun merito, la possibilità di comprenderla e di godere della tua magia di “creatore del linguaggio”. Molte grazie, dunque, per questo tuo post...
L’ora che dall’alto
l'’ora che dall’alto
giungerà come un ladro
ti troverà a mani vuote e
cosa dunque gli offrirai
se non lune lacerate
dai cani della notte
e capestri
di nebbie
nel delirio dei giorni
e vomiti
esiziali
di una vita in perdita.
Giordano Genghini nel gruppo 100 amiche e amici in Facebook:
Ho apprezzato moltissimo, Felice, questo tuo post (consistente in una lirica ampiamente ispirata, nella sua parte principale, a un passo evangelico che allude in sostanza, come anche tu fai, al fatto che la morte giungerà inattesa, “come un ladro”, – e il tuo passo si ricollega a Luca, 2. 35-40.). Oltre ad altri aspetti del post, ho gustato soprattutto le poeticamente sublimi ma angoscianti metafore in cui, dal verso “cosa dunque Gli offrirai”, rivolto a te stesso, al verso conclusivo, esprimi, attraverso la tua alta poesia, quello che tu definisci il bilancio “di una vita in perdita”. (Aggiungo, inoltre, che, però, il fatto che tu parli di te e della tua vita in questo modo dovrebbe in qualche modo confortarti- sempre secondo i testi evangelici, che in vari passi sottolineano come proprio coloro che si ritengono peccatori e considerano la loro vita “in perdita” saranno salvati, non coloro che presumono di essere i migliori, in quanto “chiunque si innalza sarà abbassato, chi invece si abbassa sarà innalzato” come afferma secondo Luca,, nel passo14,11). Ringrazio tutti gli iscritti che hanno espresso o esprimeranno il loro “Mi piace” a questo post e, più ancora, coloro che lo hanno in qualsiasi modo commentato favorevolmente, o che sono intervenuti su di esso nei commenti (o che lo faranno). Grazie soprattutto a te che hai donato il tuo post all’ammirazione di chi apprezza i post condivisi nel gruppo, e, dunque, anche alla mia ammirazione.
In attesa
chi ti vedesse –
ombra di te
per niente in carne
porti le tue quattr’ossa
in questo girare in tondo
negli anfratti del possibile
una voce aspetti
da tanto – in attesa di te
ti chiami
11.6.25
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Flavio Almerighi da WP:
Evochi con autentica delicatezza il senso di smarrimento esistenziale e l’attesa di un riconoscimento profondo: l’identità si dissolve nell’ombra e si ricompone in una voce che chiama, forse da dentro. Un girotondo fragile ma carico di voglia di esistere.
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Giordano Genghini nel gruppo 100 amiche e amici in Facebook:
Ho apprezzato moltissimo, Felice, questa tua toccante e bellissima lirica, il cui filo conduttore è, secondo me, una concezione dell'amore che va oltre la vita e, sorretto dalla fede, attende che in qualche modo vi sia un ricongiungimento, oltre la morte, di coloro che si sono amati nella vita terrena (sublimi sono, a mio avviso, gli ultimi sei versi, che rappresentano ciò che più di tutto mi piace in questo componimento in versi: “porti le tue quattr'ossa / in questo girare in tondo / negli anfratti del possibile / una voce aspetti / da tanto – in attesa di te / ti chiami” Grazie per avere donato al gruppo e all’ammirazione di chi apprezza i post in esso condivisi – e, dunque, anche alla mia ammirazione – questa lirica amorosa straziante, eppure ricca di speranza...
Sconnessione
pensavi guadagnare la chiarezza?
la vita imita sempre più il sogno
nelle sconnessioni avanti con gli anni
ti coniughi ad un presente che s’infrange
dove l’orizzonte incontra il cielo:
e ti sorprendi a chiederti chi sei
oggi da specchi rifranto
e moltiplicato
mentre il tempo a te ti sottrae
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Giordano Genghini in 100 amiche e amici in Facebook:
Ho apprezzato moltissimo questi tuoi versi che, nutrendosi di riferimenti letterari di altissimo livello (in particolare, l’affermazione presente nelle parole di Prospero in un opera shakespeariana secondo cui – traduco in italiano – “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, e il riferimento agli specchi che rifrangono l’io, presente in molti testi di Borges) – riferimenti rielaborati, a mio avviso, con grandissima originalità – intessono una lirica di altissimo valore poetico, fondata sul tuo – che però è anche mio, e di molti altri, credo – “chiederti chi sei”, accompagnando questo interrogativo senza chiara risposta con metafore visive di sublime bellezza (“nelle sconnessioni avanti con gli anni / ti coniughi ad un presente che s’infrange / dove l’orizzonte incontra il cielo”); lirica che si conclude con la drammatica e stupenda espressione: “mentre il tempo a te ti sottrae”. Grazie, Felice, per avere donato questi tuoi versi all’ammirazione mia e del gruppo…
Sprazzi di pace
spiove dal cielo una luce
di stelle gonfie di vento – quasi
provenisse dall’oltre
nel cuore un aprirsi
di sprazzi di pace: vedermi
in tutto con il mio sognare –
il vissuto la vita
sognata
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Su Assonanze (Wordpress)
Silvia De Angelis
… evocazione d’ una luce celeste, carica di mistero, che si riflette nell’anima, aprendo squarci di pace. Il sognare si fa strumento di riconciliazione con la propria esistenza, trasformando il vissuto in vita piena.
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@desire760
Gli sprazzi di pace sono rari perché spesso la serenità non riusciamo a contemplarla o non arriva perché la vita è un circumnavigare un mare mosso e non c’è mai pace.La vita sognata rimane una chimera e ci si accontenta di quello che si ha…Breve , intensa e d’ impatto per il senso profondo…
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Si spalma la luce
“come ti butta?“
i passeri hanno fatto il nido
primavera s’infiora la luce
si spalma sugli alberi le case
quanto a me una distanza
mi separa sempre da me
13.5.25
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Giordano Genghini nel gruppo Amiche e amici in Facebook:
Ho apprezzato moltissimo questa lirica rivestita di polisemia, testimonianza di un tuo stile, e di significati, che, a mio parere, col passare del tempo diventano, se possibile, sempre più belli, intensi, suggestivi. All’iniziale e gergale battuta, indizio di un dialogo fra indeterminati amici o conoscenti che si sono incontrati, fa qui seguito uno sguardo, a mio avviso espresso in modo poeticamente sublime, ad immagini in cui si incarna la primavera: “i passeri hanno fatto il nido / primavera s’infiora la luce / si spalma sugli alberi le case” (importante è notare che, come il titolo della lirica ci fa comprendere, fra “s’infiora” e “la luce” dobbiamo percepire una cesura sottintesa, in quanto “la luce” è il soggetto che regge “si spalma” come predicato verbale, dopo il bellissimo enjambement. Gli ultimi due versi, nella loro ineffabile bellezza e tensione poetica ed emotiva, non posso osare commentarli, ma solo trascriverli, incantato dalla loro impareggiabile meraviglia e dallo stupore che hanno lasciato in me: “quanto a me una distanza / mi separa sempre da me”. Grazie infinite, Felice, per avere donato questi tuoi versi all’ammirazione mia e del gruppo…
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PARVENZA D'AMORE
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pietre ancora calde di sole
con la luce declinante
una virgola di amore ti è rimasta
negli occhi – un sangue rappreso
..
come un olio è passata la luce
sopra il dolore – pseudo-
incarnazione di un sogno
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Giordano Genghini
Apprezzamento n. 21 (in ordine cronologico) del giorno 20. 06. 2025. – Ho apprezzato moltissimo, Felice, questo tuo post (consistente in una lirica stupenda). Oltre ad altri aspetti del post, ho gustato soprattutto il modo in cui hai trasformato in poesia il tuo sogno, che ha per protagonista la donna che da sempre ami. (Aggiungo, inoltre, che, avendo tu il dono della fede, la tua sofferenza per la separazione da lei è addolcita dalla certezza di rivederla oltre questa vita terrena, e che sai esprimere ciò che provi in modo così sublime da fare amare i tuoi testi – come riescono a fare, ad esempio, Dante o Ungaretti e Eliot dopo la loro conversione – anche a chi questa tua fede non ha).
Occhi di paradiso
quel giorno che ci hai lasciati
parlava il tuo sguardo muto
-occhi di paradiso
quel giorno
l'angelo ha colto il tuo dolore
e lo ha appeso ad una stella
ora tra arcobaleni e vento
il tuo aquilone
sparito nell'infinito
è come volesse cercare
lì il tuo cuore
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Giordano Genghini in 100 amiche e amici in Facebook:
(...) ho molto apprezzato i tuoi versi (credo forse di indovinare a chi sono dedicati) che, quasi ricalcando nel titolo il testo religioso “Donna de Paradiso” di Jacopone da Todi, intessono un ricordo, in uno stile che mi fa pensare a un moderno Stilnovismo, in cui la dolcissima persona femminile scomparsa appare come sublime figura, infinitamente superiore a ciò che le brutalità e la materialità dell'odierno mondo ci mettono quotidianamente davanti agli occhi, come colei che è già fra gli angeli, e l' “aquilone” che, come tu scrivi nelle tue sublimi metafore, è “sparito nell'infinito”, come tu concludi, “é come volesse cercare / lì il tuo cuore”. Grazie per avere donato al gruppo e all’ammirazione di chi apprezza i post in esso condivisi – e, dunque, anche alla mia ammirazione – questa stupenda poeticamente, toccante e tenera lirica che, benché essa tratti di una morte, io, per la sua fiducia in ciò che ci attende oltre la fine della nostra esistenza nel mondo materiale, non mi sento di definire triste...
La musica
le mani la voce il linguaggio
del corpo: non sono che atavici mezzi
di espressione
la musica vive nell’aria
che trema di palpiti ed è
da sempre –
convive col canto degli uccelli
e viene da mondi
ultraterreni
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Gina Bonasera in 100 amiche e amici in Facebook:
La musica secondo me nasce con l'uomo e nell'uomo, mentre si trova ancora nel grembo materno. Sicuramente il rumore della pioggia, della grandine, delle onde marine , delle cascate, insomma anche i versi degli animali, oltre che gli eventi più o meno catastrofici e/ o dolcissimi come il fruscio delle fronde hanno influito già fin da tempi remoti alle prime “composizioni” musicali , fino ad arrivare ai ritmi africani e sud americani...etc.
come dice Giordano.
Penso che tra le arti sia la più nobile e l'unica forse che piaccia a tutti gli uomini, perché in essa c'è dolcezza, ritmo, vita e si accompagna meravigliosamente bene sia con la poesia che con la pittura, la danza.
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In un punto dell'eterno
(momento)
spiove luce di stelle
la stanza si riempie di cielo
come quando
in un punto
dell’eterno palpitò la mia essenza
biancore irreale
carne-e-cielo
l’Io
nell’oceanosogno si guarda cadere
a imbuto
fuori del tempo
fino all’attimo prenatale
alla luce del sangue
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Da Assonanze (WP)
Flavio Almerighi
l’Io si dissolve nel sogno oceanico del tempo e dell’origine. La luce delle stelle penetra lo spazio intimo, trasformandolo in una soglia tra il corpo e l’infinito. Un viaggio a ritroso, fino all’attimo in cui esistere era ancora un palpito nel grembo dell’eterno, bravissimo Felice versi che mi hanno molto colpito.
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Paola Stella
Percorso all’indietro ~ Dall’infinito cielo di stelle al magnetismo puntuto del sangue ~ Il percorso e’ solo immaginario ~ Lo spirito non “rientra” mai, si libera ~ Credo che uscire dalla dimensione sanguigna sia come uscire da un carcere pieno di cose influenti.
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Silvia De Angelis
...una lirica intensa e visionaria: in pochi versi, Serino evoca un momento sospeso, tra cielo e carne, in cui l'Io si riconosce come parte dell’eterno...
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