NEL PERDURARE LA LUCE

(a cura di Luca Rossi)

le ore arroventate: erano

estati lunghe a morire

le corse pazze le ginocchia

sbucciate nel perdurare la luce:

ancora un mordere

la sanguigna polpa del giorno – ricordi? –

Poesia del ricordo, forse di una nostalgia che non è mai trascorsa e mai passerà; una luce simbolo di una memoria che ha lasciato un segno doloroso (le lesioni provocate ogni qual volta si cadeva) ma tangibile, reale, sperimentato talvolta nell'incertezza stessa del momento, anche nell'incoscienza di una corsa dal fine rischioso (come la vita del resto).

Tutto è luce (come potrebbe non esserlo la giovinezza che vede con gli occhi trasparenti del giorno verso l'estate che non cessa di esistere?

E quelle ore che sanno di calore estremo che scotta la pelle se non si riescono a dominare le proprie passioni?).

“Ricordi?”, dice il poeta all'amico che gli fu accanto a quel tempo: immagine riflessa in uno specchio della propria persona, del proprio essere, in un soliloquio dove anche i compagni di allora più non esistono, se non nel vago di una mente che cerca solo il ricordo.

Ma tutto è luce, grido di liberazione di presente che si fa passato per volervi rimanere.

E intorno il vuoto dell'esistenza, forte, penetrante, palpabile, di cui ci si accorge solo quando si vede la notte che sta per venire; il mistero delle cose che non abbiamo mai capito, dei momenti che non siamo riusciti a imprigionare, ma che ritroviamo ogni qual volta uno spiraglio generato da uno spettro di luce attraversa il tempo e fa breccia nel cuore, terra dove abbiamo sepolto per sempre i ricordi, sommato il presente al passato.

Marzo 2003