BLACK
Estraggo un brano scritto da Catherine Black e ritrovo l'ottimismo utile, non la stupida speranza nel domani dorato bensì la costruzione attiva che cerca di “cavare” dalle schifezze qualcosa di buono.
“Ma il dolore non ha uno scopo, bambina mia. Succede e basta, e non puoi farci nulla però puoi decidere come usarlo, questo sì. Devi lasciarlo parlare, senza aver paura di ascoltare quello che dice. Di solito urla, sappilo. E poi, dopo che ha urlato e ha bruciato e ha spezzato, quando di lui è rimasta solo una brutta cicatrice che fa male col vento da cui escono fantasmi durante la notte – usalo. È una leva. Può servire per scardinare gabbie, per saltare fossi o anche solo per sbattere via la polvere dalle tue ali come se fossero tappeti. Ti ha mangiato un pezzo di anima , li senti gli spifferi gelidi che entrano? Te ne serve uno nuovo, deve ricrescere e non può ricrescerti un pezzo di anima nuova se continui ad alimentarla di cose vecchie. Il dolore è come il ghiaccio d'inverno e tu sei un seme rannicchiato nel terreno: puoi morirci in quella morsa fredda oppure puoi diventare più forte e sbocciare a primavera. Scegli tu.”
Catherine Black
Ecco: scegliere anche quando sembra non sia possibile.