RINCHIUSI

Erano rinchiusi da trenta giorni, da quando le sirene avevano suonato l’allarme generale e la desolazione aveva cominciato ad impadronirsi delle strade, delle case, delle anime. Il tempo aveva perso significato: giorno e notte si avvicendavano con lentezza estenuante, anche Deimos e Fobos sembravano immobili. Era proibito affacciarsi alle finestre, ognuno nel proprio silenzio sperava che tutto si concludesse in tempi brevi. Le uniche informazioni, diffuse nel cloud dall’Ufficio Stampa governativo, erano per lo più rassicuranti deliri sui provvedimenti presi per sbloccare la situazione. Quale situazione? Nel verde edificio dove abitavano Ester e Davies gli alloggi muti aprivano gli usci solo all’ora della consegna del cibo, razionato, come succede sempre nelle situazioni di emergenza. La distribuzione veniva effettuata dagli androidi di una azienda specializzata in approvvigionamenti per le truppe di terra, di mare e di cielo. “Davies! – urlò Ester – È tutto marcio”. “Non esagerare, un errore può sempre capitare. Ora controlliamo insieme e scegliamo ciò che è ancora commestibile”. Ester non capiva la calma con cui il marito girava per casa, mangiava, si coricava come se ci fosse un domani. Lei no, lei voleva comprendere, riprendere la sua vita, e, soprattutto, rivedere i suoi amici nel locale dove erano soliti sorseggiare un delicato aperitivo. Si sedette per un attimo sulla poltrona, meditando ed imprecando a voce alta. Non si dava pace. Improvvisamente sentì passi pesanti provenire dal lato ovest del condominio. Forse era l’esercito che pattugliava le strade o forse era la stanchezza che la confondeva e la spingeva ad udire quello che non c’era. “Davies, cosa fai?” “Riposo, che altro potrei fare?” “Non è possibile che tu non abbia la minima percezione di una catastrofe imminente”. “Hai qualche idea per porre termine a questa agonia?” Ovviamente non ne aveva. Un tonfo fece sobbalzare Ester. “Che cosa succede?” Nonostante il divieto, non fu in grado di resistere alla tentazione di avvicinarsi alla portafinestra per guardare all’esterno. Un uomo era volato fuori dal balcone. Due androidi dall’aria indifferente lo presero e lo caricarono su un enorme veicolo militare che conteneva altri cadaveri. Fu un attimo. Poi la quiete coprì nuovamente la città. “Hai visto quello che è successo?” “No”. “Fuori la gente muore”. “Cosa dici, hai le allucinazioni”. Rispose contrariato Davies. “Centinaia di salme erano ammassate su un mezzo corazzato. Ci stanno uccidendo”. “Stai calma, fra poco tutto finirà”. “È questo a preoccuparmi: cosa finirà?” Intanto i giorni passavano finché smisero di contarli. Ester si muoveva da una stanza all’altra in modo frenetico. Era dimagrita, le guance erano quasi scomparse, sotto gli occhi un lieve colorito scuro accentuava ancor di più la sofferenza che la stava travolgendo. I nervi stavano cedendo. Voleva uscire a tutti i costi. “Non puoi, non puoi e non puoi. E adesso basta”. La rimproverò seccato Davies. Un altro tonfo ed un altro carro strapieno di cadaveri. Quella scena pareva costruita di proposito per spaventare e costringere le persone a non tentare la fuga. Del resto quelli erano suicidi o omicidi? “Come mai oggi i rifornimenti sono in ritardo? Muoio di fame”. “Stai calma, il rancio arriverà come al solito”. Il rancio arrivò. Si accorsero che nel portavivande c’era ben poco ed erano avanzi. Ester era inorridita: “Ma da dove viene questa roba?” Davies intanto preparava la tavola come se fosse un pranzo qualunque. “Sei insopportabile quando ti comporti così. Siamo su una china che sta diventando sempre più scivolosa”. “Hai qualcosa da proporre?” Le chiese per l’ennesima volta oltremodo infastidito. “Io comunque oggi non mangio”. “Va bene, mangerai domani”. Il giorno seguente stessa storia: due piccole porzioni smangiucchiate. “Resterai ancora a digiuno?” “Odio il tuo tono ironico”. Lo sguardo si posò sulla finestra e ancora un tonfo e poi un altro. Il rumore di un motore a propulsione più intenso di quelli precedenti ruppe l’aria come un fendente. Il dolore attraversò tutta la via ed entrò nelle tetre dimore. Il vento alzò la polvere che si era depositata sul selciato, oscurando il Sole. Da quel preciso momento di un imprecisato mese nessuno si presentò più alla porta. Non avevano più notizie, seppur vaghe, da quando anche l’emittente ufficiale aveva smesso di trasmettere. Erano soli? I soli sopravvissuti di una guerra a loro sconosciuta? “Dammi la console voglio provare a connettermi attraverso un altro canale”. Per un attimo Davies si collegò. L’unica parola che riuscì a distinguere fu “Rivoluzione”. “Ester dobbiamo abbandonare questo posto”. Mormorò quasi piangendo. “Te lo avevo detto che c’era qualcosa di strano in questa quarantena”. “Ascolta c’è qualcuno, delle persone stanno parlando. Che siano qui per salvarci?” Non erano persone, erano androidi armati che stavano bloccando tutti gli accessi. “Ci stanno murando vivi, non sanno che qui ci siamo noi?”

I cadaveri di Ester e Davies furono ritrovati due secoli dopo, quando il nuovo Governo della colonia stanziata su Marte, guidato da un androide illuminato, decise di rendere pubblico il genocidio commesso contro esseri umani, sacrificati in nome di un ideale superiore.

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