L’uomo e il trapianto da primato. Nel suo petto il cuore di un maiale

Stati Uniti, era in condizioni disperate: ha accettato un intervento senza precedenti

Corriere della Sera | 12 gennaio 2022 | di Adriana Bazzi (Epa)

Il dialogo fra David Bennet, il primo paziente al mondo a ricevere un cuore di maiale geneticamente modificato, e Bartley Griffith, il chirurgo che poi l’ha operato, è, a tratti, surreale, almeno stando ai comunicati ufficiali dell’University of Maryland Medical Center a Baltimora, Usa. «Non posso trapiantarle un cuore umano perché le sue condizioni sono troppo gravi — dice il medico —. Posso solo offrirle l’organo di un maiale geneticamente modificato». «Voglio vivere — gli risponde il paziente che accetta —. So che è un salto nel buio, ma è la mia ultima scelta. Pensa che poi comincerò a grugnire?». L’intervento, di qualche giorno fa (è stato eseguito il 7 gennaio scorso), ha avuto successo: il nuovo cuore ha cominciato a battere e a pompare il sangue; al momento, il malato di 57 anni, sta bene e respira da solo, anche se è impossibile prevedere come andranno le cose in futuro. I medici hanno ottenuto una speciale autorizzazione da parte delle autorità regolatorie americane (la Food and Drug Administration) per mettere in pratica questa nuova procedura, proprio per il fatto che il paziente, altrimenti, non avrebbe avuto possibilità di sopravvivere: nelle sei settimane precedenti il trapianto, era quasi incosciente ed era collegato a macchinari che lo tenevano in vita , dopo che gli era stata diagnosticata una malattia cardiaca terminale. L’idea di percorrere la strada dello xenotrapianto (cioè dell’utilizzo di organi da animali), soprattutto per ovviare alla cronica scarsità di organi da donatore, non è nuova, ma, finora, è stata costellata da fallimenti: il più clamoroso quello di Baby Fae, una neonata americana, nata con gravi malformazioni, cui era stato trapiantato, nel 1984, un cuore di babbuino; sopravvisse 21 giorni. Adesso, però, le cose sono cambiate, la ricerca sta facendo passi da gigante grazie all’uso delle cellule staminali e delle tecniche di «taglia e cuci del Dna» (in particolare la Crispr-Cas9, la nuova metodica genetica messa a punto dall’americana Jennifer Doudna e dalla francese Emmanuelle Charpentier che, per questa scoperta, hanno avuto il Nobel per la Chimica 2020). Tecniche che permettono, appunto, di modificare geneticamente gli organi di animali (in particolare quelli di maiale che, per le sue caratteristiche immunologiche, è quello che più si avvicina all’uomo e, inoltre, raggiunge facilmente le dimensioni di quello umano) e di renderli meno suscettibili al rigetto. In particolare, l’organo utilizzato nell’esperimento americano (prodotto dalla company americana Revivicor) è stato sottoposto al silenziamento di quattro geni (tre correlati al rigetto in quanto organo «non umano» e un altro alla crescita eccessiva del cuore animale) e all’inserzione di sei nuovi geni che lo rendono meglio tollerato dal sistema immune del ricevente. E in più il paziente è stato trattato con un nuovo farmaco sperimentale anti-rigetto. «Siamo entusiasti — ha commentato il dottor Griffith — ma al momento non sappiamo che cosa succederà nei prossimi giorni». Se è vero che si tratta di un grande passo in avanti nella ricerca di alternative all’utilizzo di organi umani nel trapianto (non dimentichiamoci che l’altra strada, percorsa dalla ricerca, è quella di costruire organi artificiali), occorre, però, andare con i piedi di piombo. Non è una tecnica che può essere accessibile in tempi brevi. E in ogni caso pone una serie di questioni etiche, non ultima quella degli animalisti che non vedono di buon occhio questo tipo di sfruttamento degli animali. Ma è una speranza da coltivare perché oggi, in Italia, ci sono 8.243 persone in lista di attesa per trapianti (i dati del ministero della Salute sono aggiornati all’11 gennaio) e i tempi (di attesa, appunto) vanno da un minimo di 1,7 anni a un massimo di 5,5. (3,7, in media per il cuore).

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