La prova ontologica dell'esistenza di Dio

Anselmo d'Aosta / Testi

In questo passo notissimo del Proslogion Anselmo sviluppa la sua prova ontologica dell'esistenza di Dio.

Dunque, o Signore, tu che dai l’intelligenza alla fede, concedimi di comprendere, per quanto sai che mi possa giovare, che tu esisti come crediamo che sei quello che noi crediamo. E davvero noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non si possa pensare nulla di più grande. O forse non vi è una tale natura, perché “disse l’insipiente in cuor suo: Dio non esiste” [1]? Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ascolta ciò che dico, cioè “qualcosa di cui non si può pensare nulla di più grande”, comprende ciò che ode; e ciò che comprende è nel suo intelletto, anche se egli non intende che quella cosa esista. Altro, infatti, è che una cosa sia nell’intelletto, e altro è intendere che quella cosa esista. Quando il pittore infatti, prima pensa a ciò che sta per fare, ha certamente nell'intelletto ciò che ancora non ha fatto, ma non intende ancora che questo esista. Quando invece lo ha già dipinto, non solo ha nell’intelletto ciò che ha già fatto, ma intende anche che esso esista. Anche l’insipiente, dunque, deve convenire che, almeno nell’intelletto, vi sia qualcosa di cui non si può pensare nulla di più grande, perché quando sente questa espressione la intende, e tutto ciò che si intende è nell’intelletto. Ma, certamente, ciò di cui non si può pensare qualcosa di più grande non può essere nel solo intelletto. Se infatti è almeno nel solo intelletto, si può pensare che esista anche nella realtà, il che è maggiore. Se dunque ciò di cui non si può pensare il maggiore è nel solo intelletto, quello stesso di cui non si può pensare il maggiore è ciò di cui si può pensare il maggiore. Ma evidentemente questo non può essere. Dunque ciò di cui non si può pensare il maggiore esiste, senza dubbio, sia nell’intelletto sia nella realtà.

Anselmo d'Aosta, Proslogion, Parte Prima, 2, in Monologio e Proslogio, a cura di Italo Sciuto, Bompiani, Milano 2009, pp. 317-319.

Note

[1] Citazione dai Salmi. L'insipiente è l'ateo, colui che non crede in Dio.

- Distingui, numerandoli, i passaggi logici del ragionamento di Anselmo.
- Prova a criticare la prova di Anselmo, usando lo stesso rigore logico.