Conoscere è ignorare

Cusano / Testi

All'inizio del primo capitolo di La dotta ignoranza Cusano introduce il concetto che sarà al centro dell'opera riflettendo sulle caratteristiche della conoscenza.

Vediamo che in tutti gli esseri è presente, per dono di Dio, un certo desiderio naturale di esistere nel modo migliore consentito dalla condizione che è propria della natura di ciascuno di essi. E vediamo che tutti gli esseri agiscono a questo fine e hanno i mezzi a ciò adatti. [...] E se le cose vanno per caso in modo diverso, ciò è dovuto senz’altro a cause accidentali, come quando una malattia corrompe il gusto o un’opinione svia la ragione. Per questo motivo, diciamo che un intelletto che sia sano e libero conosce ed abbraccia con amore quelle verità che anela insaziabilmente di raggiungere mediante l’indagine che va conducendo su ogni cosa con il procedimento discorsivo che gli è insito; e non abbiamo alcun dubbio sul fatto che la verità più sicura sia quella da cui ogni mente che sia sana non può dissentire. Tutti coloro che conducono un’indagine, tuttavia, giudicano le cose incerte in modo proporzionale, mediante cioè una comparazione con qualcosa che viene presupposto come certo. Ogni ricerca, pertanto, ha carattere comparativo e impiega come mezzo la proporzione. Ora, quando le cose che vengono ricercate possono essere comparate con un presupposto certo e ricondotte proporzionalmente ad esso per una via breve, allora il giudizio formulato dalla nostra conoscenza è facile. Quando, invece, abbiamo bisogno di molti passaggi intermedi, allora insorgono difficoltà e il procedimento diventa più faticoso. [...] Ogni ricerca, pertanto, consiste nel porre una proporzione comparativa, che può essere facile o difficile. Per questo motivo, l’infinito, in quanto infinito, non può essere conosciuto, dal momento che esso si sottrae ad ogni proporzione [rapporto comparativo]. [...] Se le cose stanno dunque in questo modo, tanto che anche il profondissimo Aristotele afferma, nella sua filosofia prima, che nelle cose che sono per natura più evidenti noi incontriamo una difficoltà simile a quella di una civetta che tenti di guardare il sole, allora, dato che l’aspirazione [al sapere] che è presente in noi non può essere vana, ciò significa che noi desideriamo acquisire un sapere circa il nostro non-sapere. E se riusciremo a conseguire appieno questo scopo, avremo allora conseguito una dotta ignoranza. Non c’è infatti nulla di più perfetto che un uomo, anche il più interessato al sapere, potrà raggiungere nella sua dottrina che l’essere considerato come la persona più dotta in quella ignoranza che gli è propria. Ed egli sarà tanto più dotto, quanto più saprà di essere ignorante. È a questo fine che mi sono assunto il compito di scrivere alcune poche cose sulla dotta ignoranza.

N. Cusano, La dotta ignoranza, cap. I, in Opere filosofiche, teologiche e matematiche, a cura di Enrico Peroli, Bompiani, Milano 2018, pp. 7-9.