Diogene Laerzio: testimonianza su Pitagora
Nelle Vite e dottrine dei più celebri filosofi Diogene Laerzio riporta le notizie, spesso leggendarie, sulla figura di Pitagora e sul suo pensiero._
Pitagora si dichiara filosofo
Sosicrate, nelle Successioni dei filosofi,1
informa che, quando gli venne richiesto da Leone, tiranno di Fliunte, chi fosse, rispose: “Un filosofo”. Era solito assimilare la vita a una festa con le gare: come, infatti, alcuni vi partecipano per prendere parte alle competizioni, altri per fare commercio, altri invece, i migliori, come spettatori, così nella vita, a suo avviso, gli uni si rivelano schiavi, quelli che vanno a caccia di fama e di guadagno, gli altri, invece, filosofi, che vanno a caccia della verità. E così stanno le cose.
Le regole della scuola pitagorica
Fu il primo a dire, come riferisce Timeo, che i beni degli amici sono in comune e che l'amicizia è uguaglianza. I suoi discepoli ponevano tutti i loro possessi in comune. Per cinque anni se ne stavano in silenzio, limitandosi ad ascoltare i suoi discorsi, senza mai vedere Pitagora, fino a che non superassero la prova; da allora, diventavano parte della sua casa ed erano ammessi alla sua presenza. Dovevano astenersi anche dall'usare bare di cipresso, poiché lo scettro di Zeus era fatto di questo legno, come attesta Ermippo nel secondo libro su Pitagora.
L’alimentazione
Si dice anche che egli per primo fece esercitare gli atleti imponendo loro una dieta a base di carne, cominciando con Eurimene, come riferisce Favorino nel terzo libro dei suoi Memorabili, mentre prima gli atleti curavano il loro corpo con un'alimentazione a base di fichi secchi e di formaggi umidi, nonché di frumento, come narra lo stesso Favorino nell'ottavo libro della Storia Varia. Altri, invece, affermano che fu un allenatore che si chiamava pure Pitagora a propugnare questa alimentazione, non il Nostro. Questi infatti proibiva di uccidere, e quindi di mangiare gli animali, che hanno in comune con noi il privilegio dell'anima. Questo era il pretesto da lui accampato; ma il motivo vero era di vietare di mangiare le creature animate, cercando di esercitare e di assuefare gli uomini alla semplicità di vita, in maniera che i loro cibi fossero facili a procurarsi e portassero a tavola vivande non cotte, bevendo acqua semplice. Da questa dieta deriverebbero, infatti, sia la salute del corpo sia l'acume dell'anima. È certo che, a Delo, Pitagora si prostrava soltanto di fronte all'altare di Apollo Datore di Vita, situato dietro a quello del Ceratino, poiché vi si ponevano come offerte solo farina, orzo e focacce, senza fuoco; senza alcuna vittima sacrificale, come osserva Aristotele nella Costituzione di Delo.
Carattere divino di Pitagora
Dicono che costui per primo abbia dichiarato che l'anima; percorrendo un ciclo stabilito da necessità, si vincoli ora ad alcuni viventi, ora ad altri. Per primo avrebbe introdotto tra i Greci misure e pesi, secondo quanto afferma il musico Aristosseno. Per primo asserì che Vespero e Lucifero si identificano (secondo Favorino, fu invece Parmenide a sostenerlo). E fu ammirato a tal punto che i suoi discepoli affermavano che i suoi detti fossero in tutto e per tutto parole di un dio. Ma anche egli stesso, in un suo scritto, dice: “Dopo essere tornato tra gli uomini dall'Ade, dopo duecentosedici anni”. Per questo motivo lo frequentavano assiduamente e gli si avvicinavano per udirne i ragionamenti, anche Lucani, Peucezi, Messapi è perfino Romani.
Segretezza delle dottrine pitagoriche
Fino al tempo di Filolao non fu possibile conoscere nessuna dottrina pitagorica; questi soltanto pubblicò quei tre famosi libri che Platone per lettera mandò a dire che venissero acquistati al prezzo di cento mine. E più di seicento persone andavano da Pitagora per ascoltare le sue lezioni serali. E, se alcuni per caso avevano l'onore di poterlo vedere di persona, scrivevano ai conoscenti che era toccata loro una grande fortuna. Gli abitanti di Metaponto, in verità, solevano chiamare la sua casa “tempio di Demetra”, e la sua strada “museo”, come ricorda Favorino nelle sue Storie Varie. Anche gli altri Pitagorici erano soliti dire che non tutte le dottrine andavano rivelate a tutti, come afferma Aristosseno nel decimo libro delle Norme dell'educazione. Qui sta scritto che anche il pitagorico Senofilo, quando gli fu domandato come avrebbe potuto educare il figlio nel migliore dei modi, rispose: “Facendolo diventare cittadino di una città ben governata”.
Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2006, pp. 953-957.
|Note| |1. Sosicrate è stato uno storico del II secolo a.C. autore della Successione di filosofi qui citata, una raccolta di biografie di filosofi antichi che è andata perduta. Aristosseno è stato un filosofo e teorico musicale allievo di Aristotele, nato a Taranto intorno al Taranto, 375 a.C. Favorino è stato un filosofo ed oratore in lingua greca nato ad Arles intorno all’85 d. C.|