Non-Binary
Sono nato per fare l’insegnante. Almeno così mi dico. Forse è l’unico modo che ho per spiegare quel misto di orgoglio e mania di controllo che provo quando la classe fa quello che dico o capisce qualcosa che ho spiegato. E poi c’è quella parte di me che crede fermamente nel ruolo politico (non partitico) dell’ insegnamento. Perché devo cimentarmi in dibattiti politici astrusi con persone politicamente diverse da me, dove si parla di tutto e di niente, quando posso cercare di plasmare i ragazzi e le ragazze, le cosiddette future generazioni?
Forse il termine “plasmare” non è adatto, perché, da quello che ho capito è che, oltre all’insegnare la materia, l’insegnante porta implicitamente un altro compito. Così come i mass‐media ed i nostri tutori, ho capito che gli insegnanti svolgono quel ruolo fondamentale di mostrare cosa c’è nel mondo, le opzioni percorribili. Opzioni che la nostra società solitamente riduce a due o poco più: centrodestra/centrosinistra, fiocco rosa/fiocco blu, civile/incivile, bianco/nero, borghese/straccione. Ma se ci fossero più opzioni? Vogliamo davvero che le nostre ragazze e i nostri ragazzi vivano tale ristrettezza mentale? Vi faccio un esempio.
Compito di inglese: identikit. Scrivi il tuo nome, il tuo genere, la tua età e presentati. Sulla casella del genere ce n’erano solo due opzioni, male e female. E lì che ho rivelato loro l’esistenza dell’espressione non-binary (espressione che, fortunatamente, ricorre sempre più spesso nei paesi anglofoni).
75 sono i compiti che ho corretto quasi tutti con i soliti errori, prima persona lettera minuscola, terza persona singolare coniugata male, costruzioni della frase forzatamente tradotte dall’italiano. Tutto normale per dei quattordicenni che, pur di raccontare, e raccontarsi, scriverebbero di tutto.
Eppure tra quei compiti ce n’era uno che cominciava così:
nome cognome, 14 years old, N-B.
Magari l’avrà scritto per gioco o per distrazione. Ma mi piace pensare che abbia potuto provare un senso di sollievo nel sapere che oltre a male e female, esiste qualcosa in più, non binary. Solo una parola direte voi, ma magari per lui/lei quella parola è l’approssimazione più vicina alla propria identità, qualcosa di rivelatorio e confortante, seppur non abbastanza, in cui potersi definire.
Oltre ad evidenziare l’ovvia questione che i ragazzi sono pronti capaci ed aperti ad acquisire queste nuove forme di realtà di genere, mi sono chiesto come mai questa cosa, che dovrebbe essere normale, che non dovrebbe suscitare niente, mi abbia reso così fiero; perché la libera percezione del proprio genere debba venire con un misto di protesta sociale e ribellione.
Alla correzione del compito ho nascosto l’emozione. Sette meno.