Il Problema del Tram
Stai camminando spensierato per la strada, quando, ad un certo punto, vedi un tram che viaggia ad alta velocità. Guardando lungo i binari ti accorgi che ci sono 5 persone stese una accanto all’altra sopra i binari ed immediatamente realizzi che il tram sta per investirle. Ti prende il panico, ma ti calmi e cerchi di analizzare la situazione. Ecco che la scorgi, proprio vicino a te, una leva che, se spinta, dirotterebbe il treno lungo dei binari secondari. Ti avvicini alla leva, ti prepari a spingerla ma prima di farlo dai uno sguardo al binario secondario: anche su quest’ultimo c’è una persona sdraiata. è una tragedia, sei l’unica persona vicino alla leva e ti accorgi che davanti a te hai solo due opzioni:
Non spingi la leva, vedi correre il tram sui binari principali e lasci che muoiano 5 persone; spingi la leva, dirotti il treno sul binario secondario e lasci che muoia 1 persona.
Cosa fai? Perché?
Il “problema del tram” è un classico dilemma etico spesso utilizzato per esplorare le diverse prospettive etiche nelle decisioni morali. La situazione ipotetica coinvolge un tram fuori controllo che si dirige verso cinque persone legate sui binari. Se non fai nulla, il tram ucciderà sicuramente queste cinque persone. Tuttavia, hai la possibilità di cambiare il percorso del tram verso un altro binario dove c'è una sola persona legata.
Il dilemma solleva la questione etica di dover scegliere tra il fare qualcosa per salvare cinque persone a costo di sacrificare una persona. Le risposte possono variare a seconda dei principi etici, come l'utilitarismo che potrebbe suggerire di sacrificare una persona per massimizzare il benessere complessivo, o la deontologia che potrebbe sostenere che uccidere intenzionalmente una persona è moralmente sbagliato indipendentemente dalle conseguenze.
In sostanza, il “problema del tram” evidenzia le sfide etiche nel prendere decisioni che coinvolgono il confronto tra il numero di vite coinvolte e le azioni che si possono intraprendere.
Da una parte troviamo l'utilitarismo, associato a filosofi come Jeremy Bentham e John Stuart Mill, il quale sostiene che l'azione eticamente corretta è quella che massimizza il benessere complessivo o la felicità. In breve, l'etica utilitaristica si concentra sul risultato o la conseguenza dell'azione.
D'altra parte, la deontologia, avanzata da Immanuel Kant, enfatizza il dovere e la moralità intrinseca delle azioni, indipendentemente dalle loro conseguenze. Secondo la deontologia, ci sono principi morali universali che devono essere seguiti, indipendentemente dal risultato.
In sintesi, l'utilitarismo si basa sul conseguimento del massimo bene possibile, mentre la deontologia si concentra sull'obbligo morale e sull'aderenza a principi etici senza considerare necessariamente le conseguenze.
Una prospettiva utilitaria possiamo enunciarla con la frase di Machiavelli il fine giustifica i mezzi. Ogni azione (mezzo) che compiamo (come spingere il vostro professore da una mongolfiera in pasto agli squali) è giustificata dai risultati (il fine) delle vostre azioni (tu e i tuoi 5 amici sopravvivete). Di conseguenza possiamo affermare che le regole generali che ci imponiamo (per esempio la regola “non uccidere nessuno”) non contano molto se poi possono essere infrante quando le conseguenze lo giustificano. Ipotizziamo che tu viva seguendo la regola di non uccidere nessuna persona innocente. Secondo la prospettiva utilitaristica, potresti decidere di infrangerla per salvare dieci dei tuoi compagni perché il fine (salvare i miei 10 amici) giustifica i mezzi (uccidere una persona innocente).
Allora, se le regole possono essere infrante in certe situazioni, possiamo dire che non contano molto. Giusto?
Qual è l'altra opzione? Cosa succederebbe se decidessimo di seguire una regola sempre, senza mai infrangerla? (e quindi affermare che il fine non giustifica mai i mezzi)
Dire che il fine non giustifica mai i mezzi equivale ad introiettare la prospettiva deontologica di Immanuel Kant. Egli aspirava a trovare una singola “regola” che tutti avremmo potuto seguire per poter agire eticamente. Una regola che non si possa infrangere in nessun caso, senza eccezione alcuna. Chiamò questa regola l'imperativo categorico. L'imperativo categorico, proposto da Immanuel Kant, è un principio etico che suggerisce di agire secondo massime che potrebbero essere universalmente accettate senza contraddizione. In parole semplici, comportati in modo che la tua azione potrebbe diventare una regola per tutti, senza creare conflitti logici.
Per esempio, se hai intenzione di rubare, seguendo l’imperativo categorico dovresti porti questa domanda: “cosa succederebbe se ogni persona nel mondo rubasse sempre qualcosa agli altri? Avrebbe conseguenze positive o negative?” I risultati sarebbero certamente disastrosi, “perciò non dovrei rubare”.
Se invece la tua azione fosse “studiare tanto”, dovresti pensare: “ cosa succederebbe se tutte le persone nel mondo studiassero tanto? Quali conseguenze avrebbe?” Il risultato sarebbe positivo. “Di conseguenza dovrei studiare tanto”.
Riusciresti a sviluppare una legge o una regola etica che può funzionare in ogni situazione come ha fatto Kant?
Benjamin Constant, un filosofo contemporaneo di Kant, criticò l'imperativo categorico di quest’ultimo, sostenendo che, nella vita pratica, l'applicazione rigida di principi universali potrebbe portare a situazioni etiche difficilmente gestibili. Preferiva un approccio più flessibile che considerasse il contesto e le circostanze. Per sostenere la sua tesi propose sfidò l’imperativo categorico di Kant sulla questione del “dire bugie”.
Seguendo la deontologia dell’imperativo categorico, dovremmo affermare che dire bugie è sempre sbagliato perché se tutti nel mondo mentissero, allora il mondo andrebbe in rovina. Per tale motivo è un Imperativo Categorico dire sempre la verità.
Benjamin, propose a Kant il seguente scenario:
“Un tuo amico si nasconde a casa tua ed un assassino bussa alla tua porta cercando proprio il tuo amico con l’intenzione di ammazzarlo”.
Sarebbe accettabile mentire in questa situazione? Come giustificheresti la tua risposta?
Kant si difese affermando che, anche in questo caso estremo, mentire (e quindi vìolare l’imperativo categorico) sarebbe stato sbagliato:
“Se io dicessi la verità e rivelassi dove si trova il mio amico, non sarei affatto responsabile della sua uccisione perché avrei seguito l’imperativo categorico. Sarei responsabile della vita del mio amico se Mentissi (e quindi romperei la mia regola per lui e mi lascerei coinvolgere) e il mio amico morisse comunque. A quel punto sarei responsabile della sua morte proprio perché non ho agito eticamente”.
Credi che dovremmo seguire alcune regole etiche indiscriminatamente come l’imperativo categorico? Credi che dovremmo avere le possibilità di infrangerle in situazioni estreme?