La gente e la ciccia

Qualche giorno prima del mio arrivo in Italia avevo letto con un po' di dispiacere il post su Facebook di una carissima amica che si lamentava delle osservazioni sgradevoli dirette a lei da parte di gente che non ha di meglio da fare che impicciarsi negli affari altrui, osservazioni ricevute durante i pochi giorni passati in Italia. “Ce l'hai il ragazzo? E quando vi sposate? E un bambino non lo fate? E perché non vuoi figli? Sei ingrassata, dovresti metterti a dieta.. eccetera eccetera..” La mia amica giustamente reclamava che non è bello vivere in un contesto in cui ogni cosa che fai non solo è osservata da occhi che giudicano, e bisogna quindi render conto delle proprie azioni di fronte a chiunque; inoltre il “giudizio” è condotto secondo parametri nient'affatto sani come, appunto, invitare a fare figli perché “si devono fare”, oppure esprimere giudizi negativi su di una persona in base alla sua forma fisica. Lessi il post e commentai che ero perfettamente d'accordo con lei.

Pochi giorni dopo arrivai in Italia e sentii ripetutamente lo stesso tipo di commenti, ma questa volta provenienti dai miei familiari. In particolare rispetto alla forma fisica. Qualche esempio? Si parla di una persona e una delle primissime cose che si dice è se è ingrassata, dimagrita, se è in sovrappeso, ecc. Insomma come se questa cosa fosse così determinante che urge specificarla fin dalle prime battute, sembra essere necessario dettagliare il più presto possibile se una persona ha accumulato una quantità di lipidi leggermente sopra o leggermente sotto i loro standard. Mi è sembrato un bombardamento costante, un continuo esprimere giudizi che derivano da una perpetua osservazione del corpo delle persone e dal paragone con quello che vediamo in altri media.

I risvolti sono tragicamente molto profondi: crisi di auto-accettazione, bassa autostima, odio verso il proprio corpo, sentirsi brutta/o quando non lo si è, vedere in se stessi difetti che ci appaiono infinitamente più gravi dello zero che sono. La cellulite? ma figurati. Il naso grande? ma dai. Il culo grosso? meraviglia! Il culo piccolo? bello anche quello. La pancetta? sexy. Le striature? decorative. Purtroppo il mondo non parla così: tutti recitano perennemente l'esatto contrario. Ci fanno vivere in un inferno eterno di giudizi sulle apparenze che assimiliamo e a cui arriviamo ad obbedire anche quando pensiamo di essere diventati immuni agli altri bisogni indotti più riconoscibili. In altre parole, anche le persone che, o perché sono “antisistema” o perché sono un po' più mature della media e non cadono nella trappola di essere indotte all'acquisto di indumenti di marca, spesso cadono comunque nella trappola del dover rispondere alle aspettative intorno all'apparenza del proprio corpo.

Questo tema è abbondantemente discusso nei movimenti sociali in America latina, soprattutto nell'area femminista e del “body positive”. Forse da noi queste cose non sono ancora arrivate, e infatti mi sorprende osservare che persone “vicine”, ovvero “più o meno di sinistra”, non riconoscano questi avvenimenti come chiare manifestazioni di una sistema di pensiero oppressivo. E così un'amica dal corpo fantasticamente formoso si mette a dieta e perde peso, modifica le sue forme per aderire agli standard di “bellezza” delle pubblicità. Un'altra amica si mette a dieta ed esercizio per controllare le calorie e dimagrire. Un altro amico ha la fobia dei grassi e corre ad iscriversi in palestra. E nessuno si rende conto che dietro non c'è il desiderio di salute, perché in realtà SONO GIÀ in salute, magari un po' in sovrappeso, ma lontani dall'obesità che può costituire un problema di salute. Nelle loro parole regna la preoccupazione per l'estetica, per la riduzione di quel centimetro di troppo che ti fa sporgere la pancia oltre l'immagine che si richiede della tavola piatta con i quadratini scolpiti.

Ci sono molti movimenti sociali che riconoscono nelle critiche, nella pressione sociale esercitata tanto dai pari (amici, parenti, conoscenti) come dai media, rappresentazioni concrete del modello patriarcale-capitalista che dapprima ci mortifica facendoci sentire insufficienti, brutti, inadatti a ricevere le attenzioni che vorremmo, poi cerca di venderci le soluzioni: creme dimagranti, palestre, diete, integratori, gastrectomie, creme antietà, eccetera. Sia ben chiaro: non voglio promuovere l'obesità, sto solo dicendo che tra il fisico da influencer e quello da patologia c'è un range estremamente ampio di corpi naturali, sani, con le forme, con le curve, con la ciccia, che il nostro sistema tende ad appiattire verso “L'indesiderabile”. Il che è un grande problema per le persone che, soprattutto donne, sono per loro costituzione naturalmente formose. Magari perché hanno i fianchi larghi, magari perché sono alte un metro e 80 e sono grandi per natura, o perché hanno una genetica più rotonda: non ce la faranno mai ad assomigliare alle modelle che collezionano migliaia di likes su Instagram.

Si tratta di un fenomeno abbondantemente studiato: Instagram è falso! Le cose che vedi lì in realtà non esistono. Basta scattare la foto con un certo angolo, in una certa posizione che stira o che accorcia, ed ecco che una ragazza “comune”, cioè con le curve, riesce a creare un autoritratto che esagera alcuni suoi attributi e ne modifica altri, generando una manifesta approvazione sui social. Su TikTok circola un audio meraviglioso che è stato riusato in diversi corti che svelano come in realtà.. è tutto un trucco. L'audio non fa che ripetere “i corpi che appaiono così, in realtà appaiono anche così”; sulla prima frase la ragazza assume una posizione “da copertina”, e in corrispondenza della seconda, ha già compiuto un minimo movimento che porta la stessa persona ad assumere un'estetica giudicata meno piacevole dal “gusto mainstream”. È TUTTO FALSO!

(Purtroppo su questo blog non riesco a postare i video, se volete vederli vi invito a fare un salto sul mio mirror wordpress )

Se ci droghiamo di gnocche.jpg (ma anche fichi.png) finiremo per credere che quello è il mondo reale, quando non lo è, e quindi arriveremo a frustrarci se non siamo così, ci sentiremo brutti noi e vedremo come brutte anche le persone che ci stanno accanto, perché magari non assomigliano alla miriade di corpicini perfetti che vediamo ogni giorno sullo schermo dello smartphone. Questa “cultura” è un ambiente ansiogenico, terreno fertile per le piccole insicurezze e le grandi paranoie.

Il percorso terapeutico serve anche a riconoscere queste storture. A dissolvere le critiche distruttive verso se stessi. A stemperare i giudizi negativi che vengono dall'esterno e che finiamo per assimilare dentro di noi, facendoci molto male.

Potrei continuare così per ore riempiendo un libro intero di esempi presi dal quotidiano. Potrei raccontare di chi fa l'amore con la luce spenta perché non vuole farsi vedere nuda, o di chi magari la luce ce l'ha accesa, ma si copre lo stomaco con le braccia per nascondere i rotolini. L'amore si fa per sentire piacere, per la spensieratezza, per abitare lo spazio animale, e se c'è la vergogna e la testa è affollata dalle preoccupazioni, non c'è più spazio per il piacere, purtroppo.

Potrei raccontare dei disturbi alimentari di chi ha lottato contro il proprio corpo, o della pressione sociale “ad essere esteticamente perfetta” che si genera quando vivi in un ambiente in cui le ragazzine si rifanno le tette a 15 anni. Potrei raccontare di quanto è patriarcale attribuire il valore di una donna alla sua estetica, come se fosse un oggetto in vetrina in vendita al miglior offerente. Potrei raccontare della grassofobia europea e che è molto meno presente in America latina e – dal poco che ne so – anche in Africa. Potrei raccontare di come gli stessi parametri di bellezza intorno alla figura femminile sono cambiati nel tempo dalla preistoria della venere di Willendorf, passando per le forme giunoniche delle bellezze greche, per arrivare all'estetica quasi anoressica degli anni '90 e al recente cambiamento di tendenza datosi con le varie Rihanna e Kardashian. Potrei fare tanti esempi, ma non penso sia necessario estendere ulteriormente il post quando le cose importanti son già state dette.

Quindi perdoniamoci più spesso le nostre imperfezioni: sono le nostre caratteristiche. E prima di esprimere un giudizio sul corpo di un'altra persona, pensiamoci due volte: potrebbe essere solo l'ennesimo commento inutilmente dannoso, riflesso di una mentalità oppressiva che faremmo bene ad abbandonare nel dimenticatoio dei pensieri nocivi.


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