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millenovecentosettancinque

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β€œSecondo me la miglior musica Γ¨ sempre quella che suona come se non ci fosse stato nulla di scritto prima di essa. Se possibile, bisogna sempre tornare a ripartire dal silenzio”

Con queste parole Keith Jarrett esprimeva il suo personalissimo concetto di musica fatto da continue scoperte. Settanta minuti d’improvvisazione geniale, un continuo smussare pensieri musicali in evoluzione con impostazioni fluide e un particolare uso percussivo delle tastiera. Jarrett non Γ¨ un caposcuola, non ha discepoli devoti, eppure Γ¨ un maestro unico. Il β€˜concerto di Colonia’ carpisce un momento di grandissima creativitΓ . Il pianista sceglie un suono o una frase e la elabora estemporaneamente, senza premeditazione alcuna, solo con meravigliosa spontaneitΓ  e gusto imprevedibile.

β€œNon possiedo nemmeno un seme quando comincio a suonare. E’ come partire da zero”.

Passaggi veloci, prepotenza generosa di estrema liricitΓ  ed una grande musica senza spartito che poggia le sue basi, oltre che sull’abilitΓ  tecnica, sulla possibilitΓ  di continuare ad inserire nuovi suoni, nuove melodie.

Un artista randagio che cercherΓ  ancora la sua poesia interiore con modalitΓ  inusitate, con avventure roboanti e per certi versi eccessive. Questa resta indubbiamente l’essenza sublime del suo inarrestabile pianismo, un album jazz che a tutt’oggi ha venduto qualcosa come duemilioni e mezzo di copie.

β€œIl jazz Γ¨ lasciare che la luce brilli. Non cercare di accrescerla, lasciarla essere”.

#millenovecentosettancinque

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