La fotografia

artesuono

Le fotografie testimoniano di una scelta umana esercitata in una determinata situazione. Una fotografia è il risultato della decisione presa dal fotografo, per il quale vale la pena registrare che questo particolare evento o questo particolare oggetto è stato visto.

Se tutto quel che esiste fosse di continuo fotografato, nessuna fotografia avrebbe più senso. Una fotografia non celebra né l’evento in sé né la facoltà di vedere in sé. Una fotografia è già un messaggio sull’evento che registra. L’urgenza di tale messaggio non è interamente dipendente dall’urgenza dell’evento, ma non può neppure esserne del tutto indipendente.

Nel più semplice dei casi il messaggio, decodificato, significa: Ho deciso che quel che sto vedendo merita di essere registrato. È altrettanto vero per le foto davvero memorabili e per le istantanee più banali. Quel che distingue le une dalle altre è in che misura la fotografia spiega il messaggio, in che misura la fotografia rende trasparente e comprensibile la decisione del fotografo.

E arriviamo così al paradosso scarsamente compreso della fotografia. La fotografia è la registrazione automatica di un dato evento tramite la mediazione della luce: essa tuttavia usa quel dato evento per spiegare perché lo si registra. La fotografia è il processo attraverso cui l’osservazione diventa consapevole di sé. Dobbiamo sbarazzarci della confusione prodotta dall’insistente confronto tra fotografia e belle arti.

Qualsiasi manuale di fotografia parla di composizione. Una buona fotografia è una fotografia composta bene. Eppure è vero solo se pensiamo che le immagini fotografiche imitino le immagini pittoriche. La pittura è arte del disporre: è dunque sensato pretendere che in ciò che viene disposto vi sia un qualche tipo di ordine. In un dipinto ogni rapporto tra le forme è in una certa misura adattabile alla finalità del pittore.

Ciò non vale per la fotografia. (A meno che non prendiamo in esame quelle assurde opere realizzate in studio nelle quali il fotografo, prima di scattare la foto, organizza nei minimi dettagli il proprio soggetto.) La composizione, nel senso profondo e creativo del termine, non può entrare nella fotografia. L’organizzazione formale di una fotografia non spiega nulla. Gli eventi rappresentati sono di per sé misteriosi o spiegabili in base alla conoscenza che lo spettatore ne ha prima di vedere la fotografia.

Che cosa dunque dà significato alla fotografia in quanto tale? Che cosa fa sì che il suo minuscolo messaggio — Ho deciso che quel che sto vedendo merita di essere registrato — diventi ampio e vibrante? Il vero contenuto di una fotografia è invisibile, poiché deriva da un gioco non con la forma, ma con il tempo. Si potrebbe affermare che la fotografia è prossima alla musica quanto lo è alla pittura.

Ho detto che una fotografia testimonia dell’esercizio di una scelta umana. la scelta non è tra il fotografare x oppure y: bensì tra il fotografare nel momento x oppure nel momento y. Gli oggetti inscritti in una qualsiasi fotografia (dalla più incisiva alla più scontata) hanno all’incirca il medesimo peso, la medesima sicurezza. Quel che varia è l’intensità con cui siamo resi consapevoli dei poli dell’assenza e della presenza. Tra questi due estremi la fotografia trova il suo preciso significato.

John Berger, «Capire una fotografia», ottobre 1968, in Capire una fotografia, Contrasto 2014, pagine 34–36 #Divita

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