Il bignami di “Disegnare con la parte destra del cervello”

All'inizio della scorsa settimana ho letto “Il nuovo disegnare con la parte destra del cervello”, un manuale di disegno basato sulla teoria secondo la quale il cervello ha specializzato i suoi due emisferi in differenti funzioni: una che analizza le cose in modo più analitico e sequenziale (parte sinistra) e una che guarda in modo più globale, intuitivo, parallelo (parte destra). Il cervello sinistro è la sede del pensiero astratto e verbale quindi in particolare dei simboli e del linguaggio e, secondo l'autrice, la sua dominanza nei processi mentali finisce col cozzare con la nostra capacità di disegnare e non solo. Al di là delle distinzioni anatomico/fisiologiche, che non ci interessano particolarmente e non interessano nemmeno l'autrice (che pure è costretta a darne brevi cenni) è fondamentale capire bene questa distinzione che, a livello empirico, è effettivamente presente e si sostanzia nell'esistenza di due modalità: la modalità S (sinistra) e la modalità D (destra). Per chi segue questo blog, penso possa essere interessante rileggere questo post in cui si accenna al metodo diretto e a quello indiretto. Non sono esattamente la stessa cosa ma ci avviciniamo al succo del problema pur utilizzando una terminologia fuorviante: difatti il metodo diretto è quello collegato ai processi logici dell'emisfero sinistro mentre quello indiretto ai metodi di quello destro; tuttavia nella sostanza l'emisfero destro osserva le cose più direttamente e senza pregiudizi mentre il sinistro si avvale dei simbolismi acquisiti. Mi rendo conto che è difficile condensare appieno pagine e pagine di libro in un post ma il tentativo che voglio fare è proprio questo e vorrei essere il più possibile pratico ed empirico nell'esposizione.

Disegno: il mio background

Innanzitutto voglio specificare di nuovo che si tratta di un manuale di disegno e che, per quanto venga accennata la possibilità di estendere la teoria ad altri campi, il disegno rimane il campo quasi esclusivo del testo. Questo suppongo che possa essere un limite del libro per molti aspiranti lettori attratti dalla generica teoria dei due cervelli. Non è stato il mio caso poiché io ho sempre disegnato. Per quanto i miei studi siano stati tutti tecnici, ricordo che il mio primo giorno di elementari feci un disegno a cui la maestra affibbiò con la penna rossa un “Bello!” con tanto di punto esclamativo. Finché c'è stata una qualche materia tipo educazione artistica con laboratori pratici, ho sempre amato disegnare. Molto meno colorare. Come avviene per molti (è descritto anche nel libro) verso l'adolescenza si è molto attratti dal realismo e si perde una cosa chiamata armonia della composizione. Cioè: si infilano robe a caso sul foglio, per lo più soggetti ritenuti importanti o interessanti, perdendo completamente di vista il modo in cui sono disposti sulla pagina. Questo è un elemento comune a tutti ed è un dato molto importante nella comprensione della teoria. Tornando a me, terminate le ore di educazione artistica e passato alle scuole superiori, ho continuato a disegnare come un ossesso sul banco di scuola. Disegnavo e cancellavo, senza affezionarmi a nessuna opera, laddove altri compagni addirittura mettevano lo scotch sulla superficie del banco per preservare i propri “capolavori”. Di tanto in tanto qualcuno apprezzava le mie opere e mi diceva “Ma tu dovevi fare il liceo artistico!” e io rispondevo: “Ma tu sei matto! Mi piace troppo disegnare!”. Temevo (e il libro parzialmente mi dà ragione) che una formazione accademica potesse distogliermi dalla passione per il disegno ficcandoci dentro cose “inutili” tipo lo studio degli Impressionisti. Successivamente, all'università, non avendo a disposizione alcun banco scolastico, disegnavo su fogli A4 piegati in 4 parti. Il mio soggetto preferito erano (e sono) i fumetti, in particolare dei miei personaggi preferiti. Il disegno, non so perché, mi ha sempre aiutato a superare lo stress dello studio. Questo manuale mi ha aiutato anche a capire un po' il perché.

Concetti chiave: saper guardare

Il concetto chiave è imparare a guardare. Ma non menate autocompiaciute tipo “lo sguardo dell'artista”. No, proprio guardare come le cose sono effettivamente nella realtà. Ad esempio, se vi dico di disegnare i miei occhi, voi farete probabilmente un paio di lineette convesse con un puntino o una pallina al centro per la pupilla. Se vi dico di disegnare gli occhi di vostra madre invece farete le solite lineette convesse, la solita pallina/puntino ma aggiungerete due o tre lineette brevi che dipartono dalla linea convessa superiore degli occhi a rappresentare le ciglia femminili. E questo anche se foste messi di fronte a due foto realistiche del mio viso e di quello di vostra madre. Eppure vi assicuro che i miei occhi non sono uguali a quelli di vostra madre e non solo per le ciglia femminili. Cosa succede, secondo l'autrice del libro? Semplicemente la modalità S prende il sopravvento e voi attingete ai simboli conosciuti che, nel caso del disegno, tendono spesso a fermarsi a quelli da voi definiti durante l'infanzia. Capite bene che gli occhi sono tutti diversi l'uno dall'altro ma non riuscite a rappresentare la differenza e il talento artistico non c'entra.

Come distattivare la modalità S e attivare la modalità D

Questa trattazione rischia di essere lunga, per cui fornisco subito un paio di consigli pratici da seguire. Questo può essere il riassunto stringatissimo di tutto il libro.

  1. La parte sinistra del cervello è molto pratica e sbrigativa poiché è nata per velocizzare le decisioni. Per disattivarla, una delle chiavi è la lentezza: osservare seguendo i contorni e le forme semplici delle cose come se fossero loro gli elementi di riferimento anziché la cosa in sè aiuta a focalizzarsi di più su ciò che si osserva. Soprattutto evita di richiamare concetti noti a livello visivo e verbale.

  2. La parte sinistra del cervello ha fretta di catalogare e far partire lo script mentale con cui si sono archiviate le varie cose. Voi vedete gli occhi e, riconoscendoli subito come tali, lo script mentale vi ordina di fare le due lineette e il pallino standard. Un modo per bloccarla consiste nel disegnare gli “spazi negativi” e le forme neutre attorno agli oggetti principali d'osservazione. Un trucco per disegnare gli occhi potrebbe essere ad esempio quello di concentrarsi sulle forme bianche adiacente alle pupille da tracciare singolarmente. Oppure, per disegnare una persona, tracciare prima lo spazio intorno. Questo espediente è quello che personalmente ho reputato il più importante in assoluto: come per magia vedrete di aver recuperato l'armonia della composizione nei vostri disegni.

I suggerimenti non si esauriscono certo qui e ho trovato particolarmente illuminanti quelli sul “piano d'immagine”, sulla prospettiva, sulle proporzioni e distanze tra gli elementi del viso (sapevate che gli occhi si trovano esattamente a metà del cranio?).

It's a kind of magic

Un paio di cose vanno dette sulla parte destra del cervello non semplicemente in senso negativo. La modalità D non è solo quella che si attiva quando mettiamo a tacere la prepotente (ma sempre necessaria) modalità S. La parte D è quella che riesce a farci osservare le cose in modo imparziale, senza dare giudizi, precipitandoci piacevolmente in uno stato di trance in cui il tempo sembra scorrere a rilento, se non addirittura fermarsi. A qualcuno non sarà sfuggito che sembra lo stato di chi pratica la meditazione. Personalmente è una pratica, quella meditativa, che non mi è mai riuscita appieno ma mi rendo conto che, in effetti, ho utilizzato spesso il potere calmante del disegno, specie nei momenti in cui la modalità S del mio cervello era particolarmente sollecitata (vedi lo studio universitario accennato sopra). Questo stato di “trance artistica” mette a tacere la parte sinistra un po' logorroica e va preservata, nelle sessioni di disegno, evitando il più possibile interferenze verbali: non solo persone che ci parlano ma anche identificazioni coscienti degli oggetti disegnati. Quindi bisogna evitare di tracciare il naso in mezzo agli occhi, concentrandosi invece su quella roba là che sta in mezzo alle altre due al centro di quell'altro affare più grosso e ovale (la parte destra lavora per distanze, angoli, forme, proporzioni).

Conclusioni

Dovreste leggere “Il nuovo disegnare con la parte sinistra del cervello?”. Ho raccontato nello specifico la mia storia come “disegnatore” per far capire quanto l'argomento fosse tutto sommato importante per il mio specifico vissuto. Per questo motivo ho divorato il libro e utilizzato subito i suggerimenti, senza fare esattamente gli esercizi proposti ma provando in particolar modo la dritta sul disegnare le aree negative. Devo dire che hanno avuto una grandissima efficacia. Devo dire anche tuttavia che è molto tempo che disegno in modo amatoriale e che quindi l'argomento ha fatto molta presa su di me, mentre potrebbe lasciare indifferenti voi.

Ketsui screenshot

A me poi la questione ha ricordato anche una cosa che c'entra con i videogiochi e in particolare con quel genere di nicchia rappresentato degli SHMUPS: gli shooter verticali a base di astronavi che devono abbattere nemici tentando di evitare nugoli di proiettili assortiti in pattern variabili (in special modo nei c.d. “bullet hell”). Ebbene, nelle community di appassionati di questi giochi (che ho frequentato) è opinione condivisa che, per poter procedere nel gioco e acquisire un minimo di abilità, è opportuno raggiungere uno stato mentale che viene generalmente denominato “the zone” o “la zona”: una sensazione di calma e tranquillità in cui si osserva con relativo distacco ma profonda attenzione il susseguirsi dei pattern di proiettili nemici, identificando in modo quasi magico le giuste traiettorie ed evitando di concentrarsi/allarmarsi troppo sulle minacce più evidenti.

Ecco, questa secondo me è un'altra applicazione alla teoria sull'uso deliberato della parte destra del cervello. Comunque lo consiglio a tutti perché leggendolo mi sono convinto che disegnare sia alla portata di tutti.

Gippo for Comitato Yamashita