È un po' che ci sei sempre tu

È un po' che ci sei sempre tu nelle mie poesie. Ma sei tu? Ti evoco mentre scrivo perché ho bisogno di te quando mi penso, ma sei tu il tu cui qui mi rivolgo? Sono le tue mani che tengo mentre scrivo? E sono, poi, poesie queste cose che faccio? Queste domande ti sembreranno strane. Io non mi fido troppo delle parole. Faccio queste cose come i bambini che con i lego mettono su una torre o un castello e poi li buttano giù per tornare a costruire finché la cosa non viene a noia.

In questo momento provo tedio un fastidio di esserci non meglio definibile e penso alla mia morte che sarà tra un giorno o tra un anno o forse quando le gambe più non reggeranno forse morirò pisciandomi addosso e tu allora chissà dove sarai, tu e le tue mani e io penserò a quando c'eri ed era bello eppure non sapevo essere davvero stabilirmi nell'essere con te senza l'angoscia che sempre mi consuma senza il senso disperante di essere mai abbastanza d'essere mai davvero.

Sulla mia scrivania c'è un coniglio di carta fatto qualche mese fa non so perché non l'ho mai buttato via sta lì e un po' mi fa compagnia non più fragile di me e fuori il pigolare d'un uccello mentre scende la sera sui colli che tanto ti piacciono, e dai quali non sappiamo prendere congedo.

Ricordi quel pozzo con le scale che sembravano infinite ad Orvieto? Mi guardo dentro e mi pare che sia non troppo diverso: una fuga all'infinito senza però nessuna scala per risalire. Dovrei buttarmi giù, penso ma non so, allora, se ancora ti arriverebbe la mia voce. Me ne sto ancora un po' qui a dire tu, a dirmi a te con le parole vuote.

{17.11.2019}

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