norise 2

SOTTO UNA “CATTIVA STELLA”

“Quanti ebbero occasione di conoscerne la personalità sono concordi,nel dire di lui, che fu un essere umano con un “cuore alto come il cielo”, ma il destino sottile come carta. Di solito, quando una persona non rintraccia una propria luce ad oriente, finisce per possederla in una balsamica strada di ponente.

Ma per l'autore di questo “diario” nessuna luce risultò recuperabile: né a oriente né a ponente.

Così ha inizio l'autobiografia di Pietro Valassina, autore di un pamplet dal titolo Solo i cani hanno un cuore (supplemento al periodico Logos n. 35, nov.-dic. 1988).

Il i° ottobre del 1915 in una clinica di Milano una sconosciuta diede alla luce un bimbo, e poi subito si eclissò. Il piccolo, a cui venne dato il nome di Pietro, venne accolto nel brefotrofio provinciale e sottoposto a cure perché risultava colpito da paralisi infantile. Dall'età di 4 anni iniziò il suo calvario, sballottato tra istituti e famiglie sempre diverse, cosa che gli fece rimpiangere sempre una struttura familiare tradizionale. A 8 anni gli morì il padre adottivo e la prima “madre” si risposò. Fu per lui una ferita che sarebbe rimasta sempre aperta.

Un giorno Pietro si sentì chiamare “bastardo” e fu per lui un marchio impresso a fuoco. A 10 anni era già scappato di casa più d'una volta, Durante una di queste fughe ebbe l'incontro più tenero e”umano” della sua vita: un cane molto grosso e molto mansueto, con cui fece amicizia. In compagnia di Bill – così lo battezzò il ragazzo – trascorse 18 giorni. Grande fu il suo dispiacere quando dovette separarsene, poiché lo rintracciarono e ricondussero in seno alla famiglia, per essere destinato (fino a successiva fuga) a lavoro durissimo e a maltrattamenti, che sovente giungevano fino alle sevizie gratuite.

Verso i 15 anni fu rinchiuso in un istituto di Arese, dove si trovò subito a disagio per la disciplina ferrea. Era sempre triste, piangeva e il suo chiodo fisso era la mamma.

Il suo animo s'inaspriva sempre di più. Ma finalmente parve che il direttore dimostrasse verso di lui un volto un po' più umano: s'interessò a far rintracciare la madre di Pietro e gliela fece incontrare. La donna però subito si mostrò fredda e distaccata. Pietro restò all'Istituto fino a 21 anni. Fece il “premilitare”, poi fu accolto in casa della mamma. Ma la sua infelicità non lo abbandonò! In casa risultava di troppo; la madre aveva un amante e per lui era peggio di un'estranea. Un giorno Pietro fu ricoverato d'urgenza per appendicite acuta. Una volta dimesso, tornò a casa, ma nel frattempo la mamma aveva cambiato residenza. Si recò alla nuova abitazione ma si vide respingere con la motivazione che non c'era posto per ospitarlo! Non trovava pace da nessuna parte.

Fu in seguito rinchiuso presso la Sacra Famiglia, perché risultava “deficiente e bisognoso di cure”. Ma vi restò poco perché si fece cacciare via.

Trascorse un periodo nero: faceva la fame e desiderava morire. Infine, riuscì a trovare lavoro come fattorino; lavorò fino all'età di 25 anni, quando avvenne la chiamata alle armi: il ritardo al servizio militare era dipeso da riforma per bassa statura. Dato lo stato di guerra fu fatto idoneo e assegnato al 3° Genio di Pavia. Dopo sette mesi fu destinato al fronte di Grecia.

Tempo dopo, in seguito a un attacco aereo in cui fece da scudo a dei bambini, veniva rimpatriato con una nave-ospedale. Aveva subito lesioni al cervello.

Si succedevano continui attacchi epilettici; fu ricoverato all'ospedale di Arezzo. Gli riconobbero le infermità per causa di servizio. Richiamato, fu aggregato all'8° Fanteria di Monza. Nel raggiungere il Corpo, fu assalito da un attacco epilettico fortissimo. Si riprese, ma per strada lo sorprese un attacco aereo e proprio davanti all'entrata del rifugio cadde una grossa bomba che procurò danni e feriti. Malgrado ferito, Pietro si caricò in spalla una G. di F. ferita gravemente e si trascinò fino a Porta Venezia, dove trovò militi che li soccorsero. Fu ricoverato in gravi condizioni.

Qualche tempo dopo, essendosi ripetuti gli attacchi epilettici, Pietro fu ricoverato all'ospedale di Baggio. Qui da una ispezione di un generale tedesco fu deciso che i militari guariti dovevano essere trasportati in campi di concentramento. Avvenne che un giuda, suo “compagno”, per un compenso di 70 mila lire, lo fece catturare. Fu caricato su un carro bestiame e avviato al Campo di concentramento di Walsrode. Da qui, fu trasferito al Campo di Sant'Antonin a Bitterfeld (Sassonia), dove fu costretto a lavorare duramente. Non resistendo alle sofferenze, tentò di fuggire, senza riuscirvi; dopo essere stato ferocemente torturato, fu inviato al campo di sterminio di Buchenwald, e dopo una ventina di giorni trasferito a Osendorf, dove rimase per otto mesi, condannato ai lavori forzati; dopo di che (pesava soltanto 38 chili!) tornò a Sant'Antonin.

Pietro fu liberato dagli americani. Rimpatriò nel '46 e venne ricoverato in pietose condizioni, all'ospedale Bristol di Merano. Fu sottoposto a visita psichiatrica e internato nel Manicomio di Pergine.

Infine fu dimesso. La guerra era finita. Terminata la prigionia, ma i guai continuavano. Pietro si sentiva solo e abbandonato; l'unico amico restava Bill, un bastardo, come lui. Riuscì a trovare lavori saltuari, ma invariabilmente veniva licenziato o per mancanza di lavoro o a causa della sua malattia. Si trovò una complice-amante, e rubava oggetti d'oro che lei riusciva a piazzare bene.

Poi tutto finì, quando lei gli scrisse che s'era fidanzata. Dimesso dal carcere dov'era intanto finito, la trovò che s'era sposata. Dopo essersi ingrassati a sue spese, i due invitarono Pietro a sparire.

Conobbe un'altra donna, Celestina. Godeva allora di una pensione di invalidità di guerra. Ma presto tutto finì con il trasferimento di lei in Francia, e fu meglio così perché aveva un carattere impossibile. Dopo qualche mese, Pietro si legò a un'altra donna, Gaetana Palermo, che pensò di legare al suo assetato affetto con un regolare matrimonio. Non l'avesse mai fatto! Era cattiva, bugiarda, dedita all'alcool; sovente veniva arrestata dalla Squadra del Buon Costume. Dopo cinque mesi dal matrimonio, Pietro un giorno si ammalò e fu lasciato solo in casa. Lei ritornò il giorno dopo, per cui egli non poté trattenersi dallo schiaffeggiarla. Lei, ubriaca, sporse denuncia per maltrattamenti, sfruttamento e altro. Pietro venne arrestato immediatamente.

La moglie si premurava di fargli delle visite, ma al solo scopo di strappargli una delega per la riscossione della pensione. Mentre a lui assicurava aiuto in occasione del processo, fuori complottava con Celestina, ritornata intanto dalla Francia, sua amica di marciapiede, che, anche perché gelosa, approfittò dell'occasione per contribuire alla sua totale rovina.

Il complotto gli valse una condanna di 5 anni, 9 mesi e 5 giorni di reclusione, più sei mesi di Casa di cura, lire 80 mila di spese processuali, interdetto dai Pubblici Uffici per sei anni, decaduto dalla patria potestà, dall'autorità maritale, risarcimento danni alla parte lesa, eccetera. Dopo oltre un anno di detenzione, si aggiunse la sorpresa che la moglie dava alla luce un “figlio”, frutto delle sue scorribande. Pietro presentò denuncia di adulterio e misconoscimento di paternità, ma poco più tardi ritirò le denunce, non volendo per il piccino la sua stessa sorte disastrosa. La moglie cominciò a inviargli una fitta corrispondenza, fatta di strane dimostrazioni di affetto, però non dimenticando di far richiesta in ogni scritto dei libretti delle sue due pensioni di invalidità (quella di guerra e quella di lavoro). Nel contempo anche il padre della moglie entrò in scena per strappargli la delega della riscossione delle pensioni, poiché, asseriva, era lui che provvedeva ai bisogni del bambino. Quest'ultima precisazione veniva però smentita dalla figlia della moglie, che assicurava che le spese erano sostenute dall'Opera Maternità e Infanzia, e diffidava dall'inviare deleghe o denaro.

Pietro si limitò a farsi soffiare 15 mila lire. Da allora non si hanno più notizie di entrambi. Per il fatto che la condanna superava i 5 anni di reclusione, anche le pensioni gli vennero sospese.

Per le tragiche situazioni morali, giuridiche e materiali, le condizioni psichiche di Pietro tendono ad aggravarsi. A causa della semi-infermità mentale fattagli beneficiare nella sentenza di condanna, l'espiazione avviene presso una sezione per minorati psichici, presso il Manicomio Giudiziario. “Dalla cella che occupo qui in Napoli, guardo ora mestamente volare i passeri e i colombi. E invidio la loro libertà. I miei pensieri si accavallano e fra questi penso sovente al mio presente e al mio domani. L'avvenire è buio. Avvilentemente buio. Buio. Buio. Anche qui ho la compagnia delle bestie. E' quando scendo in cortile. Sono due cagne”.

“Conto di farmi ancora vivo per dire se la mia sorte è cambiata; o se essa si è accanita con la consueta ferocia contro di me”.

SULL'ESSENZA DEL REALE Amo ciò che non si vede. Soltanto nell'Idea, risiede il Reale; il tangibile e ciò che si percepisce coi sensi, è apparire, riflesso, velo esterno di una realtà invisibile.Sussulti di gioia mi dà il contemplare qualcosa di bello, di artistico, che aspira alla perfezione – si tratti di opera di Dio o dell'uomo –; mi emoziona non la cosa in sé (corruttibile), ma ciò che sta dietro, che vive dietro la cosa. Il cuore della “cosa”. Dove l'anima trova in se stessa la propria luce.

Il visibile, il contingente, non è che manifestazione, rappresentazione. Riflesso. (L'emanato = il relativo, lo speculare). La vera essenza è nel non-manifesto. Nell'Idea, nell'Indicibile.

Afferma Ida Magli (La Madonna, Rizzoli '87): “Il nome è l'essenza. Le cose che esistono sulla terra sono copie dell'Idea che esiste in cielo”.

Sono cosciente che esiste un universo sottile, non manifesto, appunto, pur vivendo calato in un mondo più denso, dotato di una struttura concreta e di aspetti materiali. Pur sentendomi parte di questa realtà superiore, che mi unifica col Tutto, nella mia dimensione attuale non posso percepirla se non confusamente, come se leggessi una “visione” di Swedenborg. Di questa “realtà” posso possedere soltanto le apparenze, mai la sostanza.

Sentiamo, in proposito come si esprime Elémire Zolla nel suo volume Uscite dal mondo (Adelphi, '92), citando il pensatore Arturo Reghini: “Reghini delinea l'esperienza centrale, l'estasi filosofica,cui più volte si dedicò, in alcuni articoli, specie uno a firma di Pietro Negri, sulla rivista “Ur” nel 1928: rievoca l'esperienza dell'immaterialità per cui ci si accorge che non si corporei,o meglio che il corpo è in noi, con tutte le altre cose, e tutto fa capo a un nostro centro profondo, abissale e oscuro […]. In questo stato la coscienza appare come una variabile e il corpo come una funzione. Si coglie spingendosi come in alto mare, anagogizzando, giungendola punto che in sanscrito ridirebbe di sandhya, contatto o interfaccia tra sonno profondo e morte: si diventa come pianta o pietra; come angeli si vede l'essenza del reale”.

ONEIROS

Il mondo apparente potremmo paragonarlo a una serie innumerevole di macchie o incrostazioni che,sovrapposte al Disegno originario della Bellezza infinita, rendono quest'ultimo invisibile a occhi di carne.

Tuttavia, il numinoso si lascia a volte “visitare” con lampi fugaci in veste onirica, tramite “presenze” costituite da archetipi.

Il sogno in se stesso possiede un evidente carattere numinoso. Esso è una seconda vita.

Più d'uno ha scritto che il sonno è il fratello minore della morte, e che il sogno sarebbe il cordone ombelicale con l'aldilà.

Il sogno, via regia per l'inconscio e sua autorappresentazione, si esprime col linguaggio dei simboli.Un sogno può essere concepito come un dramma in cui noi recitiamo tutti i ruoli, quello di attore, regista, autore, suggeritore, e anche quello di spettatore.

I sogni sono la voce della nostra natura istintiva e animale; la voce della sostanza cosmica che c'è in noi. Per Roger Callois i sogni hanno lo stesso senso della forma delle nuvole e dei disegni delle ali di farfalla. Filosofi come Platone, Aristotele, Pitagora, espressero la loro credenza nel carattere profetico dei sogni. Famoso fu il sogno del presidente Lincoln il quale “vide” la propria morte; impressionanti furono i sogni profetici di Edgar Cayce, uno tra i maggiori sensitivi del suo tempo.

Secondo gli antichi oniromanti, i sogni veritieri uscivano da una porta d'avorio, quelli falsi da una porta di corno.

Poiché tutto soggiace a errore, sostenne Cartesio, le immagini che vediamo a occhi aperti varranno quanto quelle che scorgiamo in sogno. Dice Guglielmo Marra: “Il sogno è lo specchio dove la veglia si riflette e si incontra con la sua immagine negativa”; e ancora: “Il sogno avrebbe la funzione di valvola, attraverso la quale si scaricano le tensioni accumulate durante la veglia” (Il mistero dei sogni, Meb Editrice).

Il doppio dell'io che vediamo in sogno è come l'immagine di Narciso riflesso nello stagno. Nei sogni sul “doppio”, nella letteratura cinese, si avrebbe un io che sogna un altro io che incontra un altro io.

Possiamo dire che il sognare presenta una qualche somiglianza con la creazione artistica; esso “è matrice dell'arte” (Proust).

Dice Schopenhauer che il sogno è una breve pazzia e che la pazzia è un lungo sogno. Abercrombie afferma che vi è una notevole analogia tra i fenomeni mentali nella follia e nel sogno.

Potremmo paradossalmente paragonare questa esistenza materiale a un sogno rispetto alla vita eterna o Realtà del Sé (totalità interiore dell'anima), allo stesso modo in cui il sogno stesso è tale rispetto alla vita mortale (un sogno nel “sogno”).

In definitiva, siamo noi il sogno del Sé, o è il Sé il nostro sogno?

SIMBOLOGIA DELLE VOCALI

In una sua poesia Rimbaud assegna un colore diverso a ogni vocale. Secondo il poeta, il senso delle vocali si può riassumere così: A, nero; E, bianco; I, rosso; U, verde; O, azzurro. Egli usa poi questa tabella con paralleli basati sull'esperienza sensoriale. A tale proposito, Ernst Junger nel suo saggio L'elogio delle vocali * fa questa considerazione: “Poiché Rimbaud possiede uno sguardo che sa spingersi anche al di là della pura sfera artistica abbiamo qui un sintomo della profonda diversità fra le lingue. In ogni caso, ci sentiamo piuttosto inclini ad associare la A e la O al rosso e al giallo, colori di luce, mentre la I e la U sono più vicini ai colori della terra”. E ancora: “Nella sua Filosofia della composizione Poe definisce la O la più sonora delle vocali. La A è l'aquila, la O è il falco dell'universo sonoro”. “Noi usiamo per la O un ideogramma che riproduce la forma dell'occhio”. Secondo Junger, infine, la A significa verticalità e ampiezza, la O altezza e profondità, la E il vuoto e il sublime, la I la vita e la putrefazione, la U la generazione e la morte. Nella A invochiamo la potenza, nella O la luce, nella E l'intelletto, nella I la carne e nella U la terra materna, i sepolcri, l'età remota di Saturno.

Concludiamo questo breve excursus con la bella frase di Jacob Grimm, secondo cui “alle vocali nel loro insieme va attribuito un carattere femminile, alle consonanti un carattere maschile”.

  • Ernst Junger, Foglie e pietre, Adelphi 1997

LILITH E IL SUO SIGNIFICATO MITOLOGICO

Moses de Leòn nel Sèpher ha-Zohàr (XIII secolo), definisce Lilith come seduttrice di uomini e strangolatrice di neonati. Lo scrittore riporta una credenza che identifica Lilith con la regina di Saba. Nella tradizione kabbalistica Lilith è rappresentata come una donna nuda il cui corpo termina con una coda di serpente. Presso gli ebrei esiste l'usanza di appendere amuleti sopra il letto delle partorienti. In La kabbalah e il suo simbolismo (1960), Scholem riporta una credenza narrata nel 1717: “Credono [gli ebrei] che quando un uomo perde il seme con l'aiuto di Mahlat e di Lilith, ne nascano spiriti cattivi”. In letteratura si ricorda che Victor Hugo dedica a Lilith una lunga poesia, in La leggenda dei secoli (1883). In La figlia di Lilith (1889), A. France la presenta quasi come una femminista. Un'altra poesia dedicata a Lilith la troviamo nell'opera di A. Crowley Lo scarabeo alato (1910). Citiamo ancora Primo Levi col suo Lilith e altri racconti (1981) e Anais Nin con Venus erotica. Infine, uno sguardo al mondo della celluloide: il regista R. Rossen gira nel 1964 il film terrore Lilith, mentre si fa notare in modo particolarmente incisivo nel 1970 il film di K. Anger Lucifer rising.

Si ricorda che Lilith in astrologia è considerata la Luna Nera; dallo studio dei transiti nei vari segni, e Case, si possono verificare gli aspetti più nascosti della sessualità. Nella Luna Nera è racchiusa una sensualità priva però del potere creativo proprio di Plutone. Essa sembra essere un punto focale legato al nostro passato, alla nostra “matrice karmica”. Secondo lo studioso Max Duval, essa è “il secondo fuoco dell'orbita lunare”. Pare che questo presunto secondo satellite terrestre fosse noto al tempo della civiltà egizia col nome di Nephtys. Si narra che il diluvio di Atlantide sarebbe stato provocato da un satellite di materia oscura avvicinatosi troppo alla Terra; questo corpo diventerà appunto Lilith.La Luna Nera e Lilith hanno gli stessi significati simbolici: esse simbolizzano il potere inconscio femminile in veste moderna, la forza della sua emancipazione; il che ci porta a considerare giustamente i rapporti tra uomo e donna sostanzialmente modificati. (E' chiaro che Lilith spaventi il maschio tradizionale, che subito vede sorgere “complessi” di castrazione). Secondo la tradizione ebraica Lilith sarebbe stata la prima sposa di Adamo, la quale non volle sottomettersi al suo padrone, perché ella esprimeva l'uguaglianza dei sessi. La leggenda c'informa che Lilith, in seguito al rifiuto nei confronti di Adamo, fu allontanata da potenze superiori e sostituita da Eva.

Fonte: notizie liberamente tratte da I mondi ultraterreni, G. Berti, Mondadori 1998, e da Luna Nera-Lilith, F. Capone, Edizioni Capone 1978.

SIMBOLOGIA DELLE VOCALI

In una sua poesia Rimbaud assegna un colore diverso a ogni vocale. Secondo il poeta, il senso delle vocali si può riassumere così: A, nero; E, bianco; I, rosso; U, verde; O, azzurro. Egli usa poi questa tabella con paralleli basati sull'esperienza sensoriale. A tale proposito, Ernst Junger nel suo saggio L'elogio delle vocali * fa questa considerazione: “Poiché Rimbaud possiede uno sguardo che sa spingersi anche al di là della pura sfera artistica abbiamo qui un sintomo della profonda diversità fra le lingue. In ogni caso, ci sentiamo piuttosto inclini ad associare la A e la O al rosso e al giallo, colori di luce, mentre la I e la U sono più vicini ai colori della terra”. E ancora: “Nella sua Filosofia della composizione Poe definisce la O la più sonora delle vocali. La A è l'aquila, la O è il falco dell'universo sonoro”. “Noi usiamo per la O un ideogramma che riproduce la forma dell'occhio”. Secondo Junger, infine, la A significa verticalità e ampiezza, la O altezza e profondità, la E il vuoto e il sublime, la I la vita e la putrefazione, la U la generazione e la morte. Nella A invochiamo la potenza, nella O la luce, nella E l'intelletto, nella I la carne e nella U la terra materna, i sepolcri, l'età remota di Saturno.

Concludiamo questo breve excursus con la bella frase di Jacob Grimm, secondo cui “alle vocali nel loro insieme va attribuito un carattere femminile, alle consonanti un carattere maschile”.

  • Ernst Junger, Foglie e pietre, Adelphi 1997

ONEIROS Il mondo apparente potremmo paragonarlo a una serie innumerevole di macchie o incrostazioni che,sovrapposte al Disegno originario della Bellezza infinita, rendono quest'ultimo invisibile a occhi di carne.

Tuttavia, il numinoso si lascia a volte “visitare” con lampi fugaci in veste onirica, tramite “presenze” costituite da archetipi.

Il sogno in se stesso possiede un evidente carattere numinoso. Esso è una seconda vita.

Più d'uno ha scritto che il sonno è il fratello minore della morte, e che il sogno sarebbe il cordone ombelicale con l'aldilà.

Il sogno, via regia per l'inconscio e sua autorappresentazione, si esprime col linguaggio dei simboli.Un sogno può essere concepito come un dramma in cui noi recitiamo tutti i ruoli, quello di attore, regista, autore, suggeritore, e anche quello di spettatore.

I sogni sono la voce della nostra natura istintiva e animale; la voce della sostanza cosmica che c'è in noi. Per Roger Callois i sogni hanno lo stesso senso della forma delle nuvole e dei disegni delle ali di farfalla. Filosofi come Platone, Aristotele, Pitagora, espressero la loro credenza nel carattere profetico dei sogni. Famoso fu il sogno del presidente Lincoln il quale “vide” la propria morte; impressionanti furono i sogni profetici di Edgar Cayce, uno tra i maggiori sensitivi del suo tempo.

Secondo gli antichi oniromanti, i sogni veritieri uscivano da una porta d'avorio, quelli falsi da una porta di corno.

Poiché tutto soggiace a errore, sostenne Cartesio, le immagini che vediamo a occhi aperti varranno quanto quelle che scorgiamo in sogno. Dice Guglielmo Marra: “Il sogno è lo specchio dove la veglia si riflette e si incontra con la sua immagine negativa”; e ancora: “Il sogno avrebbe la funzione di valvola, attraverso la quale si scaricano le tensioni accumulate durante la veglia” (Il mistero dei sogni, Meb Editrice).

Il doppio dell'io che vediamo in sogno è come l'immagine di Narciso riflesso nello stagno. Nei sogni sul “doppio”, nella letteratura cinese, si avrebbe un io che sogna un altro io che incontra un altro io.

Possiamo dire che il sognare presenta una qualche somiglianza con la creazione artistica; esso “è matrice dell'arte” (Proust).

Dice Schopenhauer che il sogno è una breve pazzia e che la pazzia è un lungo sogno. Abercrombie afferma che vi è una notevole analogia tra i fenomeni mentali nella follia e nel sogno.

Potremmo paradossalmente paragonare questa esistenza materiale a un sogno rispetto alla vita eterna o Realtà del Sé (totalità interiore dell'anima), allo stesso modo in cui il sogno stesso è tale rispetto alla vita mortale (un sogno nel “sogno”).

In definitiva, siamo noi il sogno del Sé, o è il Sé il nostro sogno?

LILITH E IL SUO SIGNIFICATO MITOLOGICO

Moses de Leòn nel Sèpher ha-Zohàr (XIII secolo), definisce Lilith come seduttrice di uomini e strangolatrice di neonati. Lo scrittore riporta una credenza che identifica Lilith con la regina di Saba. Nella tradizione kabbalistica Lilith è rappresentata come una donna nuda il cui corpo termina con una coda di serpente. Presso gli ebrei esiste l'usanza di appendere amuleti sopra il letto delle partorienti. In La kabbalah e il suo simbolismo (1960), Scholem riporta una credenza narrata nel 1717: “Credono [gli ebrei] che quando un uomo perde il seme con l'aiuto di Mahlat e di Lilith, ne nascano spiriti cattivi”. In letteratura si ricorda che Victor Hugo dedica a Lilith una lunga poesia, in La leggenda dei secoli (1883). In La figlia di Lilith (1889), A. France la presenta quasi come una femminista. Un'altra poesia dedicata a Lilith la troviamo nell'opera di A. Crowley Lo scarabeo alato (1910). Citiamo ancora Primo Levi col suo Lilith e altri racconti (1981) e Anais Nin con Venus erotica. Infine, uno sguardo al mondo della celluloide: il regista R. Rossen gira nel 1964 il film terrore Lilith, mentre si fa notare in modo particolarmente incisivo nel 1970 il film di K. Anger Lucifer rising.

Si ricorda che Lilith in astrologia è considerata la Luna Nera; dallo studio dei transiti nei vari segni, e Case, si possono verificare gli aspetti più nascosti della sessualità. Nella Luna Nera è racchiusa una sensualità priva però del potere creativo proprio di Plutone. Essa sembra essere un punto focale legato al nostro passato, alla nostra “matrice karmica”. Secondo lo studioso Max Duval, essa è “il secondo fuoco dell'orbita lunare”. Pare che questo presunto secondo satellite terrestre fosse noto al tempo della civiltà egizia col nome di Nephtys. Si narra che il diluvio di Atlantide sarebbe stato provocato da un satellite di materia oscura avvicinatosi troppo alla Terra; questo corpo diventerà appunto Lilith.La Luna Nera e Lilith hanno gli stessi significati simbolici: esse simbolizzano il potere inconscio femminile in veste moderna, la forza della sua emancipazione; il che ci porta a considerare giustamente i rapporti tra uomo e donna sostanzialmente modificati. (E' chiaro che Lilith spaventi il maschio tradizionale, che subito vede sorgere “complessi” di castrazione). Secondo la tradizione ebraica Lilith sarebbe stata la prima sposa di Adamo, la quale non volle sottomettersi al suo padrone, perché ella esprimeva l'uguaglianza dei sessi. La leggenda c'informa che Lilith, in seguito al rifiuto nei confronti di Adamo, fu allontanata da potenze superiori e sostituita da Eva.

Fonte: notizie liberamente tratte da I mondi ultraterreni, G. Berti, Mondadori 1998, e da Luna Nera-Lilith, F. Capone, Edizioni Capone 1978.

LA PIU' STRAORDINARIA AVVENTURA

Paracelo scrisse: “Il Cielo è l'Uomo e l'Uomo il Cielo e tutti gli uomini sono un Cielo e tutti i Cieli non sono che un Uomo”.

La più straordinaria avventura è quella dello spirito; l'incontro col Sé, con l'indicibile, nel momento in cui, scaduti i giorni terreni (il tempo osceno), egli consegnerà alla terra la sua veste di carne corruttibile. Per lui così intimamente naturale e congenito (e che ha gestito quale strumento concessogli per una vita in prestito), ora il “suo” corpo non è che una “cosa” da abbandonare. La vita fisica (la vita “offesa”, come qualcuno l'ha definita, o la morte-vita, come dicono in molti letterati e poeti), non è che una parentesi, un lampo. Un destino ben più alto che non l'umano transeunte, col suo carico di sofferenze, desideri ed esperienze lo attende, nel riunificarsi al cosmo con la sua controparte dalla quale egli si staccò nel momento in cui scelse di incarnarsi in un grembo, scendendo sulla Terra.Creatura di Cielo, ha vissuto una breve parentesi fuori dal cielo come creatura di terra (trovandosi lacerato dai due poli tra un intrinseco sentirsi appartenente all'infinito e un vivere una realtà contingente, tra ombra e luce, corpi e cose caduche); per poi tornare alle origini angelo tra gli angeli.

Cosa c'è di più straordinario e meraviglioso? Mistero indicibile, l'uomo, “piccolo sgorbio disegnato fra certe grandezze a noi ignote” (Sinjavskij), ma destinato a grandi cose nei disegni di Dio – questo frammento dell'Universo eppure infinito, compreso nella Mente infinita del Tutto.

“La vera alchimia interiore”, afferma Silvia Pedri nel suo articolo Indicatori del destino, “comprende anche la sfera del nostro io spirituale”; e aggiunge: “L'opera alchemica di esternazione del proprio destino ha il contenuto della forza angelica del corpo mentale, la modalità e l'azione di quella del corpo astrale e il luogo di esecuzione indicato dall'angelo del corpo fisico”.

SULL' “EFFETTO PLACEBO” E LO STATO DI “CRISALIDE” Quando il discepolo è pronto, il Maestro appare.

Buddismo Zen

Non voltarti a guardare il passato: non serve a nulla. Pensa che non appena il tuo presente e il tuo futuro diventeranno gioiosi, anch'esso cambierà significato, come una strada sassosa a chi è giunto attraverso essa ad uno stupendo luogo di villeggiatura. Noi vediamo la bottiglia “mezza piena” o “mezza vuota”: ma se la chiameremo nel primo modo, contribuiremo a renderla tale; se la chiameremo “mezza vuota”, contribuiremo a svuotarla sempre di più. E' un discorso in realtà semplice ma apparentemente complesso (è complesso perché ci siamo messi in mente un sacco di idee strane e ci crediamo perché “lo dicono gli altri”).

Come si può trovare spiegato nel libro Visualizzazione (Edizioni Xenia), ognuno ha due emisferi cerebrali attraverso cui operano la mente e l'anima: il sinistro che è logico-razionale-matematico-cosciente (su di esso è modellato il computer), il destro visivo-musicale-inconscio-immaginativo (è il “cervello dell'artista”, che opera durante l'attività creativa, la fantasia, il sogno). Quest'ultimo – sul quale si fonda in realtà la pratica dell'ipnosi e dell'autoipnosi – ha poteri straordinari, nel bene e nel male, nel predisporre corpo e psiche. Una prova? L' “effetto placebo”, che consiste nell'efficacia di farmaci in realtà inefficaci per malati convinti dell'efficacia del farmaco e che si “immaginano”(cioè si “vedono nella mente”) guariti.

Tale “effetto placebo” e il suo opposto, che chiamiamo “effetto delebo”, “funzionano” in realtà in ogni ambito della vita: in altre parole, “immaginarci” negativamente facilita l'autoprovocarci malattie psichiche e somatiche; “immaginarci” positivamente aiuta l'autoguarigione e lo star sempre meglio. Il segreto dei poteri “miracolosi” del “pensiero positivo” è tutto qui.

E' possibile proprio come per un “listato” di computer riprogrammarci a piacere (vedi Visualizzazione).

Volendo sfiorare il discorso sulla fede, si può dire che chi ha perduto una persona cara può riacquistare “pensiero positivo” se riesce a credere che tale perdita corrisponde a una “nuova nascita in un'altra vita: la persona cara “trapassata” ad altra vita ci è vicina anche se non la vediamo con occhi di carne e, se ciò è avvenuto prematuramente, la “fiducia” (fede) in Dio ci fa capire che tale mistero ha un significato positivo e che un giorno esso ci verrà reso manifesto.

Apriamo qui una parentesi per affermare che un riferimento alla “crisalide” è quanto mai opportuno: per motivi religiosi (stato di “crisalide” è quello del Cristo fra la crocifissione e la Resurrezione; stato di “crisalide” sarà il nostro nel passaggio da questa all'altra vita); per motivi personali (“chi non è morto e rinato almeno una volta nella vita non sa cosa significa veramente vivere”, scrive Bassani); per motivi storici (sono convinto che alla soglia del terzo millennio dell'era cristiana l'umanità abbia intrapreso – ancora spesso inconsapevolmente – una svolta epocale preparata da uno stadio di crisalide: “ma non sapete voi che noi siamo vermi / nati a formar l'angelica farfalla?”, scrive Dante.

[Notizie raccolte dallo scambio epistolare avuto con l'amico prof. Giordano Genghini negli anni 1994-95.]