Camarillo Brillo Sessions 4

“E' inutile parlare d'amore” – Paolo Benvegnù

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(CBS 4)

All’alba, qualunque ora sia, restano i brandelli dei sogni. Non riesci a ricollocarli, si sovrappongono, sfumano, cambiano. Poche ore di sonno che ritrovi senza una ragione: perdere questi frammenti è una cosa che avviene senza pensiero, sovrastata dall’imperfezione della quotidianità. Dal nostro correre affannati come tanti piccoli cani senza guinzaglio.

Le canzoni di “E’ inutile parlare d’amore” (titolo che, da solo, vale moltissimo) sono questi frammenti. Vividi, splendenti, ma che sfuggono in un momento. Però lasciamo tanta luce, come quelle città immense e rumorose che accecano in un momento di lucidità, me che sono più belle di notte. Perfino in quelle si possono trovare i sentimenti, le parole, i suoni che ci aiutano.

Paolo Benvegnù costruisce un’opera folgorante nella sua musicalità raffinata e nel contempo comprensibile, emozionante. Eppure nelle pieghe di queste canzoni, arrangiate con una maestria quasi rara, si trova l’onirica visione di un artista che non scorda mai come, nello stesso istante, vi sia una realtà, diversa per ognuno di noi, ma tangibile, reale, anche sofferta.

“Our Love Song”, per dire, è diretta e costruita su una ritmica decisamente rock, senza troppi fronzoli: appare come un disincanto amoroso, eppure codificato in maniera che sia comprensibile (come è) per tutti. Farebbero ridere quelli che dicono il contrario, ma ci devono essere per ribadire come la loro sia una posizione assurda e senza costrutto.

E dopo “Canzoni brutte”, per tutti i mediocri del mondo. Che, poi, mediocri rispetto a chi o cosa? Essere uno che si batte soprattutto contro l’ipocrisia del mondo e della musica, in questo caso, eleva già di per sé. E Benvegnù crea una canzone che appare banale a chi vive nel mondo veloce del sentire, non dell’ascolto. Un piccolo inno che va molto otre alle generazioni.

(PB)

Che, poi, lo stesso cantante ce le spiega per bene, queste narrazioni (qui, una canzone alla volta). Per cui potrei smetterla di fare il fenomeno, che se lo fossi mi pagherebbero anche bene. Che sarebbe già ora di chiudere in semplicità, bonariamente.

Se ascoltate questo disco, il che implica che non facciate altro nel frattempo, non potrete che esserne affascinati. Anche solo gli archi di “Tecnica e simbolica” e “L’oceano” sono gioiellini di armonia. Come se non ci si dovesse quasi più pensare a costruire, pezzo a pezzo, bella musica. Qui si sente il lavoro di un artigiano, ma non di una bottega: di un negozio di lusso.

Ci sono tante cose che “E’ inutile parlare d’amore” vi può dire. Scegliete quelle che vi stanno meglio, quelle che vi fanno sognare per tre minuti, che vi rattristano ma in senso buono, quelle che vi liberano da un po’ di angoscia o vi fanno sorridere. Quelle che vi pare, come se poteste scegliere un sogno e ricordarvelo. Bello, no?

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