Sei tu il mio equilibrio.
Come quando vai in bicicletta: quell'equilibrio che trovi solo mettendoti in movimento e che ti permette di avanzare. E così ti permette di sognare.
Immagino a quante volte tu abbia potuto legittimamente pensare “ma quanto è noioso questo!”.
C'è chi parla troppo. E forse c'è chi scrive troppo. Ma non ne posso fare a meno.
Volevo ringraziarti, ma le parole non escono.
Forse sono troppo emozionato!
Mi sa che devi usare la sinestesia!
Per dirti però quanto sono importanti le emozioni che fai nascere in me,
sono andato e recuperare questo stralcio della presentazione di Roberto Benigni del V Canto dell'Inferno.
Non ti annoio oltre,
solo grazie!
“Ci sono cose che non riesco ad accettare.
Saprai che è solo il mio pensiero e che questo pensiero è diverso dal tuo.
Ti porterò dolore.
Ti porterò separazione.
Ma io te lo devo dire.
Non ne posso fare a meno.
Scusa se solo ora ho trovato il coraggio di dirtelo.”
Sono questi i pensieri pochi giorni prima dell'incontro con un vecchio amico.
Ho in mente la precisione, la meticolosa pazienza con cui sono stati scritti i diari di Montaigne, di Goethe, di Tolstoj, di Henry James, Virginia Woolf, Musil, Kafka. Il mito della creatività e dell'invenzione è pericoloso per un genere letterario fisiologicamente realistico come il romanzo. Anche Hemingway, scrittore diciamo d'azione, così semplice e veloce, in realtà si esercitava scrivendo sul suo taccuino le descrizioni del vero degli oggetti più diversi.
Anche Flaubert prescriveva al giovane Maupassant, di descrivere minuziosamente ogni cosa che aveva visto nel corso di una passeggiata. E Calvino, in una sua antologia per la scuola media, dedica un'ampia sezione all' "osservare e descrivere", scegliendo brani esemplari di Leonardo, Ruskin, Melville, Gadda, Moravia, Dylan Thomas, Cattaneo, Dickens, Proust ...
L'immaginazione si impoverisce e si inaridisce se non viene nutrita da percezioni attente, analitiche e ricche. Oggi il soggettivismo creativo crede di poter fare a meno dell'attenzione intensificata alla realtà fisica: luoghi, ambienti, oggetti, volti, attività. E' il mondo di ipermediazioni tecniche, di astrazioni, procedure prestabilite, codici di accesso, dispositivi automatici.
La cosa più difficile non è immaginare l'immaginario, ma immaginare la realtà. Senza immaginazione realistica non si riesce neppure a interpretare i fatti, le azioni e gli eventi. Tutto è più veloce della nostra vita fisica e mentale. E i nostri giovani, in fuga dalla realtà ambientale, finiscono per oscillare tra passività e violenza, esaltazioni e panico. Fuori dei loro computer, dei loro social, dei loro gruppi, la loro identità è sempre più sradicata, instabile e vulnerabile. Che cosa fanno gli educatori ? Sanno che cosa fare ?
Io credo che nella vita ci voglia soprattutto coraggio.
Quel coraggio che deriva dalla fede, dall'amore e dalla speranza.
Coraggio di guardare la realtà per quella che è, anche nei suoi limiti;
coraggio di leggere e capire la storia nei suoi segni, anche quelli dolorosi;
coraggio di camminare verso un futuro anche quando questo si mostra nebuloso.
Ci vuole il coraggio che hanno avuto Maria e il gruppetto delle donne, sotto la croce: il coraggio di guardare quel figlio crocifisso, di leggerne e capirne il significato; ma soprattutto il coraggio di camminare verso un futuro nuovo.
La storia di Maria, la tua storia, la mia storia è la storia di ciascuno di noi; è la storia di chi non si assoggetta alla storia ma ne è signore.
È la storia di chi vuole camminare a tutti i costi perché sa che solo camminando si vince la morte.
“Ah, quelli sì che erano giorni,
quando lui tagliava la legna e
Inger restava a guardare. Erano
I giorni più belli”
Knut Hamsun, I frutti della terra
Come molti uomini, anche Isak Sellanrå, protagonista del romanzo di Knut Hamsun I frutti della terra, vive i suoi momenti più felici nella foresta.
A scanso di equivoci maschilisti, se sua moglie Inger resta a guardare non è perché sia pigra o piena di stupore di fronte alla forza di un uomo con un'accetta: semplicemente, Hamsun ci sta dicendo che Isak non riesce a godere del proprio lavoro se non ha qualcuno che lo osserva e lo apprezza.
Poveretto chi spacca legna solo per sé stesso.
Il profumo di legna fresco
è una delle ultime cose che dimenticherai
quando il velo si chiuderà.
Il profumo di legno bianco e fresco
nel tempo della linfa, in primavera:
È come se stesse passando la Vita fatta persona
a piedi nudi, con la rugiada nei capelli.
Il soave e nudo sentore
si genuflette, muliebre e biondo,
nella quiete che hai dentro,
suona le tue ossa
come flauti di salice.
Con una gelata sotto la lingua
cerchi fuoco per farne
una parola.
E sai, mite come
il vento del sud nella mente,
che al mondo esistono ancora
cose su cui contare.
Perché è sintesi perfetta di quello che sono.
Mi sento proprio come quelli che ...
... si trovano accanto persone che procedono nella vita speditamente, come chi ben la conosce e a cui, letteralmente, “non gliela si fa” – persone che han visto d'un colpo cosa fare, il come e il perché – essi invece procedono adagio anche quando si affrettano e sono obbligati ad accertarsi continuamente – come si fa per la metropolitana, gli autobus o le strade – se codesto è proprio il loro giusto itinerario e se potranno lo stesso amare Dio molto. Perché Dio è grande e amarlo poco significa non amarlo affatto.
“O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v’è di nuovo in tutto questo, o me o vita? Risposta. Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.”
Walt Whitman
Alla fine sento il bisogno di amare.
È come il bisogno di respirare.
Se non ami non vivi.
E per amare devo scegliere.
Per amare devo fare delle scelte.
E delle scelte precise.