La difficoltà di raccontare questo disco è che ogni cosa possa dire sui Dawes in parte è vera e in parte non lo è. A esempio, si potrebbe affermare con una certa sicumera che i Dawes non hanno fatto altro in tutta la vita che ascoltare i dischi di Jackson Browne (che peraltro ha suonato nel loro secondo disco in studio, Nothing Is Wrong) e che Late For The Sky sia il mantra salvifico che determina l'esistenza in vita della loro musica. Poi, dopo due o tre ascolti, ti rendi conto invece che il citazionismo avviene senza forzature, ma con la naturalezza di chi, da un lato, è riconoscente verso le proprie fonti di ispirazione, e, nel contempo, è anche consapevole di aver creato ormai un proprio, e ben definito, stile... https://artesuono.blogspot.com/2015/06/dawes-all-your-favorite-bands-2015.html
Tigerlily (1995) è il primo disco da solista di Natalie Merchant. Dopo avere passato diversi anni, almeno dodici, come leader e voce solista dei 10.000 Maniacs, andando contro il parere di molti, compresa la sua casa discografica (Elektra), Natalie se ne va da sola, lascia la band proprio all’apice del successo. Tigerlily è un disco complesso che la Merchant incide a sue spese (infatti rifiuta il denaro della casa discografica, vuole essere libera da ogni tipo di pressione) e con dei musicisti giovani, ancora poco conosciuti. Un nucleo di entusiasti, che danno calore e anche colore al suono dell’album che, contro ogni aspettativa, si rivela un bestseller, arrivando a vendere più di cinque milioni di copie. E ancora oggi è uno dei più venduti del suo catalogo, assieme al quasi capolavoro Motherland (2001)... https://artesuono.blogspot.com/2015/11/natalie-merchant-paradise-is-there-2015_23.html
È difficile non pensare al passo evangelico del figliol prodigo nell’ascoltare il terzo disco di Conor O’Brien, per gli ascoltatori Villagers. Che si creda o no, non perché, dopo la bagarre elettronica e sopra le righe di “{Awayland}”, il cantautore irlandese è tornato a una strumentazione quasi del tutto “organica”, ma perché ha ritrovato quel tocco espressivo che sembrava perso, e in così poco tempo – come se Chris Martin avesse scritto “Mylo Xyloto” subito dopo “Parachutes”... https://artesuono.blogspot.com/2015/04/villagers-darling-arithmetic-2015.html
Carne e macchina, fisico e astratto, analogico e digitale: queste le coppie di opposti entro cui si muove questo sesto disco in solo di Daniel Lanois. Per il producer e sound engineer reso celebre per le collaborazioni degli anni Ottanta con Peter Gabriel e U2, la forma canzone non è mai stata una casa, per cui in questo Flesh and Machine ha puntato tutto sull’atmosfera e il suono... https://artesuono.blogspot.com/2014/11/daniel-lanois-flesh-and-machine-2014.html
Ci vuole anche una certa non comune abilità nel rifare sempre la stessa canzone, nel cantarla sempre con lo stesso tono lento e strascicato, nell'adottare sempre lo stesso concetto di arrangiamento minimale (chitarra che arpeggia, batteria che accarezza e non batte mai, un piano che contrappunta, un violino che segue la melodia e pochissime altre variazioni) e nel rimanere uguale a sé stessa nonostante il passaggio di diversi e capaci produttori (Joe Henry, Gurf Morlix). Ci vuole la bravura di Mary Gauthier per non sbagliare mai veramente disco, nemmeno quando magari il concept del progetto un po' sovrastava il songwriting come nel precedente The Foundling. Ma con Trouble & Love non ci sono distrazioni: otto canzoni per 38 minuti di musica, e davvero paiono le solite otto canzoni già sentite in grandi titoli come Mercy Now o Between Daylight and Dark, ma, chissà perché, poi ogni volta ognuna sembra sempre nuova, irrinunciabile, talmente intensa da richiedere un immediato riascolto... https://artesuono.blogspot.com/2014/06/mary-gauthier-trouble-love-2014.html
Non è stata una reunion estemporanea, si vede, se i Clap Your Hands Say Yeah tornano con un nuovo disco dopo l’abbandono di due dei suoi membri, spingendosi inoltre fino a distribuirlo autonomamente, perlomeno nel Nord America.
Il lieve cambio di sound, qui più aereo e sintetico e meno chitarristico che in passato, diventa così inevitabile, facendo assomigliare questo “Only Run” a un misto tra degli Antlers meno a fuoco e dei National senza i fratelli Dessner... https://artesuono.blogspot.com/2014/06/clap-your-hands-say-yeah-only-run-2014.html
Altro doppio disco altra corsa. A Michael Gira, patron assoluto e onorario degli Swans, non bastava “The Seer”, il colosso fatto di colossi che tanto fece parlare di sé due anni or sono. E’ ora la volta di “To Be Kind”, nuovo disco-mostro che prosegue la saga del progetto con i medesimi ingredienti del predecessore. Stavolta la voglia di stupire il ritrovato pubblico di vecchi e nuovi fan sembra però prevalere sull’ispirazione.
L’iniziale “Screen Shot” è anche il brano programmatico: andatura boogie-blues, litania scandita, fiacco saltarello gotico, crescendo verso un “tutti” chitarristico... https://artesuono.blogspot.com/2014/06/swans-to-be-kind-2014.html
Restiamo negli anniversari con questo disco trentenne (che porta bene i suoi anni) Reggatta de Blanc, probabilmente il loro capolavoro uscito nel ’79 dopo “Outlandos d’amour” del ’77.
“La storia è una sola. La più vecchia di tutte”, mormora Rust Cohle nelle scene finali di “True Detective”. “La luce contro le tenebre”. A pensarci bene, è la stessa materia di cui sono fatte le canzoni degli Handsome Family. E forse è proprio per questo che la loro musica si è intrecciata così profondamente all’immaginario della serie ideata da Nic Pizzolatto, dando voce alle tinte spettrali di una sequenza d’apertura già diventata di culto. Ma non è certo per cavalcare qualche forma di hype che Andrew Bird ha deciso di dedicare un intero disco alla rilettura di brani degli Handsome Family (compresa quella “Far From Any Road (Be My Hand)” che ha conquistato la ribalta come sigla di “True Detective”)... https://artesuono.blogspot.com/2014/07/andrew-bird-things-are-really-great.html
Restiamo negli anniversari con questo disco trentenne (che porta bene i suoi anni) Reggatta de Blanc, probabilmente il loro capolavoro uscito nel ’79 dopo “Outlandos d’amour” del ’77.
All’inizio c’è il punk, anche se per sottrazione: ”Il punk mi interessa come fatto di costume, la musica invece mi fa veramente schifo”, osserva Sting mentre sfrutta lo stesso circuito di club utilizzato da Clash, Stranglers e Sex Pistol. E’ il 1977, e il fenomeno Police esplode in Inghilterra. Sting avverte che è giunto il momento per esprimere cose originali, per superare il guado in cui s’è cacciato il movimento punk, cui per altro non appartiene. Sente di avere un mucchio di cose nuove da dire. Ci crede, e con lui Stewart Copeland. Ha anche dato un calcio alla sua carriera di insegnante per dedicarsi alla musica. Scrive di getto una ventina di pezzi in vista prima dell’esordio e di questo “Raggae dei Bianchi” poi... https://www.silvanobottaro.it/archives/3677
È un pezzo che i Faust sono faustiani. Che non ci stupiscono. Probabilmente, dopo You Know Faust – dove c’era il beneficio del dubbio – niente è stato davvero memorabile, con qualche eccezione, evidentemente (Kundalini Tremolos nel peraltro evitabile C’est Com Com Complique, per esempio). In j US t – leggasi Just Us – lo fanno, ossia tornano a stupirci, per almeno due motivi... https://artesuono.blogspot.com/2014/12/faust-j-us-t-2014.html