Cooperazione Internazionale di Polizia

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Operazione BELENOS. Scoperti movimenti illeciti di 18 milioni di euro di denaro contante, potenzialmente legati al riciclaggio di denaro, alle attività criminali transnazionali e al finanziamento del terrorismo.

L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (#OLAF) ha reso noti i risultati dell'operazione #BELENOS, realizzata in 25 Stati membri dell' #UE (Italia compresa), che ha individuato 400 casi di flussi di cassa illeciti accompagnati e non accompagnati, principalmente nel traffico aereo (77,6 %), nel trasporto stradale (18 %), nel trasporto marittimo (3 %) e nelle spedizioni postali (0,6 %). Le autorità doganali hanno scoperto almeno 64 casi di potenziali legami con il riciclaggio di denaro per circa 3 milioni di EUR e 20 casi di potenziali legami con sanzioni contro la Russia per la sua aggressione nei confronti dell'Ucraina per circa 180,000 EUR. Inoltre, 34 casi di importi inferiori a 10,000 EUR sono sospetti di essere collegati ad attività criminose. In totale, sono state coinvolte quasi 420 persone fisiche.

L'operazione BELENOS mirava a controllare i movimenti di contante accompagnato e di contante non accompagnato (trasmesso a mezzo trasporto, posta o corriere), pari o superiore a 10,000 EUR in entrata o in uscita dall'UE, ai sensi del REGOLAMENTO (UE) 2018/1672 del #PARLAMENTOEUROPEO e del Consiglio del 23 ottobre 2018 (relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell'Unione o in uscita dall'Unione). Inoltre, alcuni Stati membri partecipanti hanno effettuato controlli basati sull'analisi dei rischi sui movimenti di denaro contante all'interno dell'UE, conformemente alle rispettive legislazioni e politiche nazionali.

L'operazione BELENOS è stata guidata dalle autorità doganali francesi, in collaborazione con le autorità doganali spagnole ed #Europol in qualità di co-leader, e con il sostegno dell'OLAF e della Commissione europea (#DGTAXUD). È stato effettuata in 25 Stati membri dell'UE: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia.

Cosa fa l'OLAF?

La missione dell'OLAF consiste nell'individuare, indagare e fermare le frodi con i fondi dell'UE.

L'OLAF : • svolge indagini indipendenti sulle frodi e sulla corruzione che coinvolgono i fondi dell'UE, in modo da garantire che il denaro di tutti i contribuenti dell'UE raggiunga progetti in grado di creare posti di lavoro e crescita in Europa; • contribuisce a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dell'UE indagando sulle gravi violazioni commesse dal personale dell'UE e dai membri delle istituzioni dell'UE; • sviluppa una solida politica antifrode dell'UE.

Nella sua funzione investigativa indipendente, l'OLAF può indagare su questioni relative a frodi, corruzione e altri reati lesivi degli interessi finanziari dell'UE riguardanti: • tutte le spese dell'UE: le principali categorie di spesa sono i fondi strutturali, la politica agricola e i fondi per lo sviluppo rurale, le spese dirette e gli aiuti esterni; • alcuni settori delle entrate dell'UE, principalmente dazi doganali; • sospetti di gravi comportamenti scorretti da parte del personale dell'UE e dei membri delle istituzioni dell'UE.

Una volta completata l'indagine, spetta all'UE e alle autorità nazionali competenti esaminare e decidere in merito al seguito dato alle raccomandazioni dell'OLAF.

Per saperne di più

https://anti-fraud.ec.europa.eu/index_it


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Attualità: il mandato di arresto europeo (MAE), uno strumento operativo per le Autorità Giudiziarie e le Polizie dell’Unione Europea

Recentemente abbiamo parlato della ricerca di latitanti in ambito #UnioneEuropea (vedi qui). Di seguito trattiamo di uno strumento operativo che consente e la ricerca e la cattura da parte delle Forze di Polizia dell' #UE di soggetti inseguiti da un mandato emesso dall'Autorità Giudiziaria.

Il MAE. Che cos’è

Operativo dal 1° gennaio 2004, il #mndatodiarrestoeuropeo ha sostituito i lunghi procedimenti di estradizione tra gli Stati dell'UE. È infatti un procedimento giudiziario semplificato di consegna ai fini: – dell'esercizio dell'azione penale, – dell'esecuzione di una pena, – di una misura di sicurezza privativa della libertà.

Un #MAE emesso dalle autorità giudiziarie di uno Stato membro è valido in tutto il territorio dell'Unione europea. Un'autorità giudiziaria di uno Stato membro dell'UE perché si proceda all'arresto di una persona in un altro Stato membro e la si consegni allo Stato membro richiedente ai fini sopra richiamati. Il meccanismo si basa sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. Opera mediante contatti diretti tra autorità giudiziarie. Nell'applicare il MAE, le autorità devono rispettare i diritti procedurali degli indagati/imputati (diritto ad essere informato, a nominare un avvocato e un interprete, nonché al gratuito patrocinio) come stabilito dalla legge nel paese in cui sono stati arrestati.

Cosa cambia rispetto alle procedure di estradizione tradizionali?

Termini rigorosi: il Paese in cui la persona è arrestata deve adottare la decisione finale sull'esecuzione del mandato d'arresto europeo entro 60 giorni dall'arresto. Se la persona arrestata acconsente alla consegna, la decisione è presa entro 10 giorni. La persona ricercata deve essere consegnata il più rapidamente possibile a una data convenuta tra le autorità incaricate, al massimo entro 10 giorni dalla decisione finale relativa all'esecuzione del mandato d'arresto europeo. Doppia incriminazione: per 32 categorie di reati, non si procede a verificare che l'atto costituisca un reato in entrambi i paesi. L'unico requisito è che sia punibile con una pena edittale massima della reclusione di almeno tre anni nel paese che ha emesso il mandato. Per gli altri reati, l'arresto può essere subordinato alla condizione che l'atto costituisca un reato nel paese d'esecuzione. Assenza di intervento a livello politico: le decisioni vengono prese unicamente dalle autorità giudiziarie, senza alcun tipo di considerazioni politiche, quindi in linea di principio, gli Stati membri dell'UE non possono più rifiutare la consegna dei propri cittadini, a meno che assumano la competenza per l'azione penale o l'esecuzione della pena privativa della libertà nei confronti del ricercato.

Esistono garanzie?

Il paese che esegue il MAE può chiedere le seguenti garanzie: a. dopo un certo periodo la persona avrà diritto a chiedere una revisione, nel caso in cui si sia trattato di una condanna all'ergastolo; b. il ricercato può trascorrere il periodo di detenzione nel paese d'esecuzione, se si tratta di un cittadino o di un residente (abituale) in tale paese. Vi sono motivi tassativi per rifiutare il MAE? Un paese può rifiutare la consegna della persona oggetto del mandato solo nel caso in cui si applichi uno dei seguenti motivi per il rifiuto obbligatorio o facoltativo: Rifiuto obbligatorio: – la persona è stata già giudicata per lo stesso reato (principio del ne bis in idem); – minori (il soggetto non ha compiuto l'età prevista per la responsabilità penale nel paese d'esecuzione); – amnistia (il paese d'esecuzione avrebbe potuto perseguire il soggetto e il reato è stato amnistiato in tale paese). Rifiuto facoltativo: qualche esempio: – mancanza di doppia incriminazione per i reati che non siano compresi tra i 32 reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro sul MAE; – giurisdizione territoriale; – procedimento penale in corso nel paese dell'esecuzione; – prescrizione.

Per saperne di più

https://e-justice.europa.eu/content_european_arrest_warrant-90-it.do


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30 anni dal Trattato di Maastricht: dal Gruppo Trevi alla European Drugs Unit, in vista di Europol.

Oggi sono 30 anni dalla entrata in vigore del Trattato di #Maastricht (7 febbraio 1992 firma del Trattato istitutivo dell'Unione Europea, 1 novembre del 1993 data della effettiva entrata in vigore). lbro delle firme del Trattato Il Trattato di Maastricht ha istituito l'Unione Europea strutturandone le politiche in tre macro-aree: i tre pilastri dell' #UE. Il terzo pilastro era riferito alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI) per la costruzione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, in cui vi fosse collaborazione contro la criminalità a livello sovranazionale. I tre pilastri I primi passi nella cooperazione in materia di sicurezza e giustizia all’interno dell’allora Comunità Europea si erano avviati nel 1975, quando fu creato il Gruppo TREVI, composto dai ministri della giustizia e degli affari interni degli Stati membri. Il #gruppoTrevi era una rete intergovernativa di funzionari nazionali dei ministeri della giustizia e degli interni al di fuori del quadro comunitario. Fu proposto durante il Consiglio europeo di Roma dell'1-2 dicembre 1975. Il lavoro del gruppo si basava sulla cooperazione intergovernativa tra i dodici Stati della Comunità europea per contrastare il terrorismo e coordinare le attività di polizia nella Comunità europea. L'acronimo è stato individuato in “Terrorisme, radicalisme, extremisme et violence internationale”. Le riunioni ministeriali semestrali del gruppo Trevi erano preparate da incontri di alti funzionari, inizialmente due e successivamente cinque gruppi di lavori. Il Gruppo TREVI non era quindi un organo della Comunità, ma un’iniziativa di cooperazione intrapresa di comune accordo dai Governi dei Paesi membri, i cui connotati informali permettevano la salvaguardia degli interessi nazionali. “Trevi” lavorava su tre livelli: Ministeriale (attraverso incontri semestrali dei Ministri dell’Interno), Alti Funzionari (riunioni semestrali) e i Gruppi di lavoro (cui partecipavano funzionari del Ministero dell’Interno/Ministero della Giustizia, alti funzionari di polizia, funzionari dell’immigrazione e delle dogane e rappresentanti dei servizi di sicurezza interna). La cerimonia della firma del Trattato Il Trattato sull’Unione Europea (sopra, la cerimonia della firma) diede una veste ufficiale alla cooperazione interstatale svolta informalmente dal Gruppo TREVI. Il Trattato dedica il Titolo VI alle “Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della Giustizia e degli Affari Interni”, prevedendo all’articolo K.1, punto 9 “la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l'organizzazione a livello dell'Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio europeo di polizia (Europol)”. Inoltre, l’articolo K.3 prevede: “gli Stati membri si informano e si consultano reciprocamente, in seno al Consiglio, per coordinare la loro azione; essi instaurano a tal fine una collaborazione tra i servizi competenti delle loro amministrazioni”. Il Consiglio dell’Unione Europea, nell’ambito delle competenze del Trattato di Maastricht relativamente alle materie del Titolo VI, il 2 giugno 1993 fissava poi le linee guida dell’European Drugs Unit (EDU), ufficio embrionale da cui è sorta l'attuale #Europol.

Per saperne di più: – il podcast Market Mover de Il Sole 24 ore “L’Ue compie 30 anni. A 30 anni dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht quanto è maturo l'esperimento politico ambizioso dell'Unione politica e monetaria?”, ascoltabile qui –> https://www.spreaker.com/user/ilsole24ore/market-mover-puntata-del-31-10-2023 – Trevi, Europol and the European state di Tony Bunyan, reperibile qui –> https://www.statewatch.org/media/documents/news/handbook-trevi.pdf


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