Dov'è la vera intelligenza
Tutti parlano dell'Intelligenza Artificiale, spesso a sproposito, ma a me non riesce a prendere, non mi prende non mi prende non mi prende. Si dice che cambierà il mondo, ma non lo cambierà così radicalmente.
Se ci pensiamo bene l'AI esiste da molto tempo in forme elaborative meno performanti: gli algoritmi, ma chiamamoli pure formule cioè la specificazione di una sequenza finita di operazioni (dette anche istruzioni) che consente di risolvere tutti i quesiti di una stessa classe o di calcolare il risultato di un'espressione matematica (Wikipedia). Treccani definisce algoritmo così: in informatica, insieme di istruzioni che deve essere applicato per eseguire un’elaborazione o risolvere un problema. In logica matematica, qualsiasi procedimento «effettivo» di computo di una funzione o di decisione di un insieme (o predicato), cioè qualsiasi procedimento che consenta, con un numero finito di passi eseguiti secondo un insieme finito di regole esplicite, di ottenere il valore della funzione per un dato argomento, o di decidere se un dato individuo appartiene all’insieme (o soddisfa il predicato).
Ad una determinata istruzione, il prompt (la frase che da indicazioni per l'elaborazione) che si sottopone all'AI (come ChatGPT, per es), fa seguire l'esecuzione di un software che crea testi, immagini, video. App che creano questi contenuti ce ne sono da tempo, ma l'input è dato direttamente da una persona (vedi un software di disegno, per es) mentre ora sono istruzioni (ad una app) che si danno scrivendo un testo o parlando. Ma i risultati dell'AI generativa sono molto spesso discutibili, basta provare: neanche quando si chiede di sintetizzare riesce a farlo compiutamente tant'è che bisogna sempre rivedere il testo e, molte volte, modificarlo in modo importante.
Non sono un esperto, ci tengo a precisarlo, ma guardando un recente studio di Shuming Ma, Hongyu Wang ed altri “The Era of 1-bit LLMs: All Large Language Models are in 1.58 Bits” ho trovato conferma che l'AI è ancora all'inizio della sua era.
Il suo processo di elaborazione è grandemente energivoro perché l'AI dà istruzioni che generano calcoli complicatissimi. Per semplificare: se devo calcolare 3.846.929.047.633,78986365235643216 x 98.564.267.736.457.282,08747864278276234 e così di seguito ci vorrà un grande lavoro da parte del processore. Come afferma lo studio BitNet b1.58 citato sopra, si sta sperimentando un sistema che usa il sistema ternario -1, 0 e +1 e non più binario 1 e 0: questo rivoluziona completamente il processo. Diventerà più rapido e meno energivoro, ma comunque continuerà ad aumentare l'attrattività da parte delle aziende che diminuiranno ulteriormente il personale, creeranno ulteriori disuguaglianze senza sostanziali vantaggi. Ce ne accorgeremo purtroppo più avanti.
Peccato che il prodotto dell'AI sia senza anima cioè ripreso da un enorme database (spesso carpito illegalmente) non utilizzando le risorse intime dell'Uomo: intuizioni, fantasia, sentimenti e scelta. Sono convinto che il contributo umano al lavoro tornerà necessario perché le macchine non intuiscono, ma mettono insieme un elenco di dati: non inventano, ma eseguono.
Avete presente le catene italiane di gelato artigianale? Grom, La Romana, Crema&Cioccolato per citare le più grandi: stessi ingredienti, lavorazione standard, strutture uguali. Il risultato è un buon gelato, ma la passione, la fantasia, la creatività, l'elaborazione che i gelatai “autonomi” applicano nella loro bottega non ha pari nel gusto dei loro prodotti.
E le automobili a guida autonoma? Esaltate come LA soluzione, anche per la sicurezza stradale, per la loro intelligenza: ma qualcuno dovrà pure dire loro se sarà il caso di investire e uccidere un improvviso ostacolo umano oppure deviare la corsa verso il burrone uccidendo tutti i passeggeri. Questa è intelligenza? No, l'intelligenza è decidere di andare piano, di prendere il bus, il treno o la bicicletta. O andare a piedi.
Filippo Catania. Il nome di questo blog è chiaro: ognuno di noi è una unità di un intero, ognuna strettamente connessa all'altra. Inutile pensare di essere diversi in qualsiasi forma e modo. Viviamo tutti in una infinitesima parte dell'Universo.

Da ragazzo avevo sempre una radio con me (quella in figura) a cui ero affezionatissimo: era la fedele compagna a partire dalla mia pre-adolescenza: era stata preceduta da quelle radioline portatili in cui i suoni a malapena si distinguevano. Quella che mi regalò mio padre mi sembrava quindi un'astronave. Ma in effetti tale fu perché mi accompagnava nei voli pindarici tipici dei ragazzi, mi faceva attraversare mondi straordinari in cui mi spingevano trasmissioni come “Per voi giovani” con carlo Massarini tra gli altri, il jazz dell'indimenticabile Adriano Mazzoletti, e poi “Alto Gradimento” di Arbore e Boncompagni e poi Supersonic con Paolo Testa e poi...e poi...e poi...
Da allora la radio mi ha accompagnato sempre anche in automobile perché per 30 anni sono stato un agente di commercio: facile immaginare come la radio per me avesse un valore maggiore della TV.
E la sera a letto il mio auricolare nell'orecchio non me lo ha mai tolto nessuno. No, mi sbaglio, una persona è riuscita a farmelo togliere: mia moglie!
Dopo il jazz delle 23:00, che ascoltavo seduto sul letto perché registravo le puntate più interessanti per me, su Rai 3 c'era lo straordinario racconto di mezzanotte che mi accompagnava nel regno dei sogni. Come un bambino. Nel corso degli anni non sono riuscito più a sentire la musica a letto prima di addormentarmi ed ho avuto bisogno di...sentire chiacchierare.
Da qui i podcast che anni fa andavo cercando con il lumicino e che ora sono diventati la mia fonte informativa insieme ad un paio di quotidiani online a cui sono abbonato, Poi leggo alcuni altri siti di pregevole fattura giornalistica corroborati da canali Telegram ugualmente di livello più che soddisfacente.
Era il 2001 quando decisi di fondare il club dei “Filippo Catania d'Italia”, cioè tutti quelli che in Italia si chiamano come me. Tutto iniziò perché allora ero un piccolo imprenditore e per agevolare la ricerca clienti e contatti comprai un cd-rom (sì, un dischetto) con tutti i numeri telefonici d'Italia. Per pura curiosità cercai tutti quelli con il mio nome e cognome ed uscirono 26 risultati: c'erano 26 persone in Italia, quelle con un numero telefonico naturalmente, che si chiamavano Filippo Catania!
Preparai una una lettera di saluto da spedire a tutti loro con l'idea di ritrovarci magari a Roma per un incontro fondativo del club.
Prima di spedire la missiva andai con la famiglia a Lecce per far visita a mia sorella che si trovava lì e, durante il viaggio di ritorno, mi chiamò mio fratello da casa, in una cittadina abruzzese, avvisandomi che la Polizia mi stava cercando: sì, proprio un Filippo Catania nato lì, cioè io!
Ero attivamente ricercato dalle forze dell'ordine con l'accusa di rapina in un ufficio postale di Lecco per una somma di 800.000 lire!
Il caso volle che stavo tornando da Lecce mentre il fatto avvenne a Lecco.
Ci volle poco per dimostrare che il Filippo Catania che cercavano non ero io, ma intanto questo bastò per far morire il Club dei Filippo Catania d'Italia prima di nascere!