Persuasione
Non c'è nulla che renda tollerabile la vita più della stima degli altri. Gli anni passano, le occhiaie si fanno pesanti, il corpo tutto diventa fragile, i ricordi sempre più lontani: il passato come una nebbia, il futuro una voragine. Ma pure siamo qui, ben piantati, sicuri di noi stessi: perché la stima ci circonda. Siamo qualcuno per gli altri. E' quella cosa che Carlo chiamava rettorica. Quando ero adolescente ero circondato da una disistima così profonda, che nemmeno sentivo di esistere. Ero un essere infinitamente umiliabile. Un nulla sociale, in quanto adolescente, in quanto adolescente proletario, in quanto adolescente proletario con idee strane per la testa. Uno con al collo un cartello che diceva “Sputatemi addosso”. E chi passava ne approfittava generosamente. Ho passato i successivi decenni a riflettere su quelle umiliazioni. Sono diventato comunista, poi anarchico. Ho odiato profondamente una società nella quale è possibile che qualcuno sia infinitamente umiliabile. Poi ho cominciato a sentirmi stimato. La rabbia s'è sfumata. S'è alzata, appunto, la nebbia. Quell'adolescente è un altro. Un me diverso da me, perduto nel suo labirinto degli anni Ottanta. Ma sapeva una cosa, quel mio me distante. Quello che ha saputo, ancora, Carlo. Che per un singolare caso, l'essere infinitamente umiliabile, spinto ai margini, nudo di sguardi apre una porta interiore dietro la quale c'è una infinita pienezza.