Mio e non mio

L'uomo ha una macchinetta da cui fuoriesce un tubicino che finisce nel suo naso. Così cammina; così, immagino, è sempre. In ogni istante legato a quella macchinetta. Un legame vitale. La sua vita è appesa a un dispositivo esterno al suo corpo, che in qualsiasi momento può incepparsi. La sua vita vita dipende da qualcosa che non è lui. Ma non è lo stesso per me, per chiunque? Quale differenza c'è tra quella macchinetta e qualsiasi organo del mio corpo? Non sono così i polmoni? Non è così il cuore? Non sono dispositivi esterni a me, benché inseriti nel corpo che definisco mio, che in qualsiasi momento possono incepparsi? Non dipendo in ogni istante da macchine biologiche che non sono me? Se il nostro corpo fosse davvero nostro, potremmo comandargli. Potremmo regolare i battiti del cuore. Potremmo ordinare al corpo di debellare il tumore. La malattia non esisterebbe. Di fatto, chiamiamo nostro ciò che nostro non è affatto. E distinguere il mio dal non mio è il primo passo verso la guarigione. {18.07.20}

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